20/06/2007, 00.00
VATICANO
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Papa: garantire ai rifugiati asilo e riconoscere i loro diritti

All’udienza generale Benedetto XVI illustrando la figura di S. Atanasio di Alessandria, fiero oppositore dell’eresia ariana, ne evoca “l'intransigenza decisa e tenace, a volte anche dura” usata in difesa della fede.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Le nazioni offrano ai rifugiati solidarietà, diano aiuto e riconoscano i loro diritti. E l’appello per i 10 milioni di rifugiati del mondo che Benedetto XVI ha lanciato oggi, in occasione della Giornata mondiale loro dedicata. Il Papa ha ricordato in particolare ai cristiani il dovere di portare soccorso a quanti sono in situazioni particolarmente difficili ed ha auspicato che “non venga meno nella pubblica opinione l’attenzione verso quanti sono stati costretti a fuggire dal loro Paese.
 
“Accogliere i rifugiati e dar loro ospitalità – ha detto - è per tutti un doveroso gesto di umana solidarietà, affinché essi non si sentano isolati a causa dell'intolleranza e del disinteresse”. “Auspico di cuore – è la parte fondamentale dell’appello - che a questi nostri fratelli e sorelle duramente provati dalla sofferenza siano garantiti l'asilo e il riconoscimento dei loro diritti, e invito i responsabili delle Nazioni ad offrire protezione a quanti si trovano in così delicate situazioni di bisogno”.
L’appello di Benedetto XVI è giunto al termine di una udienza generale nella quale il Papa ha evocato la figura di Sant’Atanasio di Alessandria e della sua opposizione all’eresia ariana per ricordarne “l'intransigenza decisa e tenace, a volte anche dura”, usata in difesa della fede contro chi voleva “politicizzarla per renderla più accessibile”.
 
Udienza svoltasi al chiuso, per il caldo, con le circa 11mila persone che vi hanno preso parte divise tra l’aula Paolo VI e la basilica di San Pietro.
Proseguendo nella illustrazione delle figure principali dei primi secoli del cristianesimo, Benedetto XVI ha parlato infatti oggi del vescovo egiziano che ha definito “protagonista della tradizione cristiano”, celebrato già pochi anni dopo la morte come “colonna della Chiesa”, dottore della Chiesa orientale e occidentale, grande difensore della divinità di Cristo contro l’eresia ariana ed anche autore di una biografia spirituale di Sant’Antonio abate che ha fatto conoscere ed amare, divenendo un promotore della spiritualità monacale.
 
Grande santo e “appassionato teologo dell’incarnazione del Logos”, Atanasio, nato ad Alessandria intorno al 300, prese parte al concilio di Nicea del 325 convocato da Costantino, preoccupato per l’unità della Chiesa. Essa infatti era minacciata dalla teoria di Ario, per il quale il Logos, incarnato, “non sarebbe un vero Dio, ma un dio creato, un essere medio tra Dio e l’uomo”, che restava “inaccessibile per noi”. Tale affermazione minacciava l’autentica fede in Cristo. E’, nelle parole del Papa, “una tendenza che vediamo in atto in diversi modi anche oggi”. Ed è contro tale affermazione che fu elaborato, a Nicea, il “simbolo” della fede, il “Credo” poi completato nel concilio di Costantinopoli, “testo fondamentale della Chiesa indivisa che recitiamo ancora oggi”. In tale “simbolo” si elabora la parola “consustanziale”, il Figlio è della stessa sostanza del Padre, che ne mette in luce la piena divinità.
 
Divenuto nel 328 vescovo di Alessandria, Atanasio era deciso a respingere ogni compromesso nei confronti delle teorie ariane. Fu il più importante e tenace avversario dell’eresia che minacciava la divinità di Cristo, contro la quale a volte usò una “intransigenza necessaria”, che lo fece duramente osteggiare dagli oppositori del simbolo di Nicea. “Le idee sbagliate tornarono a circolare” e furono persino accolte da un imperatore. “La crisi ariana continuò per decenni difficili”, nei quali Atanasio fu costretto ad abbandonare la sua città ed a vivere 17 anni in esilio, durante il quale ebbe anche occasione di conoscere Sant’Antonio e la sua scelta di vita spirituale, vivendo con i monaci nel deserto egiziano. Alla morte di Antonio, Atanasio ricevette una delle due pelli di pecore lasciate dall’eremita come sua eredità.
Nel 366 ritornato nella sua sede poté dedicarsi alla pacificazione religiosa e alla riorganizzazione delle comunità cristiane.
 
Di Atanasio, il papa-teologo ha ricordato il Trattato sull’incarnazione del Verbo, nel quale ci sono affermazioni divenute celebri, come quella che “il Verbo divino si è fatto uomo perché noi diventassimo Dio”, che promuove l’idea che “Dio è accessibile, attraverso Cristo, Dio con noi”.
 
Atanasio inoltre “mostrò di avere piena coscienza dell’influsso che poteva avere sul popolo cristiano la figura di Antonio”. “Fu un best-seller - ha sostenuto - tanto che Agostino racconta che proprio una sua lettura pubblica fu occasione della conversione di due funzionari imperiali che è all'origine remota della sua stessa conversione”.
 
In conclusione, “abbiamo tanti motivi di gratitudine” verso Attanasio, che, come Sant’Antonio, con la sua vita ci mostra che “chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi realmente vicino”.
FOTO: Credit CPP
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