30/06/2016, 10.59
VATICANO
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Papa: i miei viaggi in Caucaso per “incoraggiare speranze e sentieri di pace”

All’udienza giubilare Francesco parla del viaggio appena compiuto in Armenia e di quelli in programma a settembre in Georgia e Azerbaigian. “Una cosa è parlare di misericordia, un’altra è vivere la misericordia”, perché “le opere di misericordia non sono temi teorici, ma testimonianze concrete. Obbligano a rimboccarsi le maniche per alleviare la sofferenza”.

 

Città del Vaticano (AsiaNews) – E’ per “incoraggiare speranze e sentieri di pace” che dopo l’appena terminata visita in Armenia, Francesco a settembre si recherà in Georgia e Azerbaigian. Perché “la storia ci insegna che il cammino della pace richiede una grande tenacia e dei continui passi, cominciando da quelli piccoli e man mano facendoli crescere, andando l’uno incontro all’altro. Proprio per questo il mio auspicio è che tutti e ciascuno diano il proprio contributo per la riconciliazione.”. I viaggi in Caucaso e la necessaria concretezza della misericordia sono stati gli argomenti dei quali il Papa ha parlato nell’udienza giubilare di oggi, l’ultima prima della pausa estiva delle udienza pubbliche.

“Ho accolto l’invito a visitare questi Paesi – ha detto - per un duplice motivo: da una parte valorizzare le antiche radici cristiane presenti in quelle terre – sempre in spirito di dialogo e con le altre religioni e culture – e dall’altra incoraggiare speranze e sentieri di pace”.

“Come cristiani – ha detto ancora - siamo chiamati a rafforzare tra noi la comunione fraterna, per rendere testimonianza al Vangelo di Cristo e per essere lievito di una società più giusta e solidale. Per questo tutta la visita è stata condivisa con il Supremo Patriarca della Chiesa Apostolica Armena, il quale mi ha fraternamente ospitato per tre giorni nella sua casa. Rinnovo il mio abbraccio ai Vescovi, ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi e a tutti i fedeli in Armenia. La Vergine Maria, nostra Madre, li aiuti a rimanere saldi nella fede, aperti all’incontro e generosi nelle opere di misericordia”.

Opere che sono state l’altro tema del quale Francesco ha parlato alle 30mila persone presenti in piazza san Pietro, per sottolinear che “una cosa è parlare di misericordia, un’altra è vivere la misericordia”, perché “le opere di misericordia non sono temi teorici, ma testimonianze concrete. Obbligano a rimboccarsi le maniche per alleviare la sofferenza”.

“Quante volte – ha detto - durante questi primi mesi del Giubileoabbiamo sentito parlare delle opere di misericordia! Oggi il Signore ci invita a fare un serio esame di coscienza. E’ bene, infatti, non dimenticare mai che la misericordia non è una parola astratta, ma è uno stile di vita. Una persona può essere misericordiosa o può essere non misericordiosa; è uno stile di vita. Io scelgo vivere come misericordioso o scelgo di vivere come non misericordioso.  Una cosa è parlare di misericordia, un’altra è vivere la misericordia. Parafrasando le parole di san Giacomo apostolo (cfr 2,14-17) potremmo dire: la misericordia senza le opere è morta in sé stessa. E’ proprio così! Ciò che rende viva la misericordia è il suo costante dinamismo per andare incontro ai bisogni e alle necessità di quanti sono nel disagio spirituale e materiale. La misericordia ha occhi per vedere, orecchi per ascoltare, mani per risollevare”.

"La vita quotidiana ci permette di toccare con mano tante esigenze che riguardano le persone più povere e più provate. A noi viene richiesta quell’attenzione particolare che ci porta ad accorgerci dello stato di sofferenza e bisogno in cui versano tanti fratelli e sorelle. A volte passiamo davanti a situazioni di drammatica povertà e sembra che non ci tocchino; tutto continua come se nulla fosse, in una indifferenza che alla fine rende ipocriti e, senza che ce ne rendiamo conto, sfocia in una forma di letargo spirituale che rende insensibile l’animo e sterile la vita. La gente che passa, che va nella vita senza accorgersi delle necessità degli altri, senza vedere tanti bisogni spirituali e materiali, è gente che passa senza vivere, è gente che non serve agli altri. Ricordatevi bene, eh? Chi non vive per servire, non serve per vivere".

"Quanti sono gli aspetti della misericordia di Dio verso di noi! Alla stessa maniera, quanti volti si rivolgono a noi per ottenere misericordia. Chi ha sperimentato nella propria vita la misericordia del Padre non può rimanere insensibile dinanzi alle necessità dei fratelli. L’insegnamento di Gesù che abbiamo ascoltato non consente vie di fuga: Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere; ero nudo, profugo, malato, in carcere e mi avete assistito (cfr Mt 25,35-36). Non si può tergiversare davanti a una persona che ha fame: occorre darle da mangiare. Gesù ci dice questo! Le opere di misericordia non sono temi teorici, ma sono testimonianze concrete. Obbligano a rimboccarsi le maniche per alleviare la sofferenza".

"A causa dei mutamenti del nostro mondo globalizzato, alcune povertà materiali e spirituali si sono moltiplicate: diamo quindi spazio alla fantasia della carità per individuare nuove modalità operative. In questo modo la via della misericordia diventerà sempre più concreta. A noi, dunque, è richiesto di rimanere vigili come sentinelle, perché non accada che, davanti alle povertà prodotte dalla cultura del benessere, lo sguardo dei cristiani si indebolisca e diventi incapace di mirare all’essenziale. Mirare all’essenziale: cosa significa? Mirare Gesù, guardare Gesù nell’affamato, nel carcerato, nel malato, nel nudo, in quello che non ha lavoro e deve portare avanti una famiglia. Guardare Gesù in questi fratelli e sorelle nostre; guardare Gesù in quello che è solo, triste, in quello che sbaglia ed ha bisogno di consiglio, in quello che ha bisogno di fare strada con Lui in silenzio perchè si senta in compagnia. Queste sono le opere che Gesù chiede a noi: guardare Gesù in loro, in questa gente, perché? Perchè Gesù a me, a tutti noi, guarda così".

 

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