29/06/2010, 00.00
VATICANO
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Papa: la comunione con Pietro garanzia di libertà per i vescovi e per tutti i fedeli

Essa serve a difendere le Chiese da intromissioni di poteri locali, nazionali e internazionali e ad assicurare a tutti piena adesione alla verità, all’autentica tradizione. Il “danno maggiore” per la Chiesa non sono le persecuzioni, ma “ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità”.
Città del Vaticano (AsiaNews) - La comunione col Papa garantisce la libertà delle Chiese e dei vescovi verso “poteri locali, nazionali e internazionali” e di tutti i fedeli “nel senso della piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il Popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale”. Nel giorno dedicato ai santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI ha riaffermato così il principio e il vero significato del “primato” del vescovo di Roma. Ad ascoltarlo, 38 arcivescovi venuti da tutti i continenti per ricevere il pallio -  che, ha spieato all’Angelus lo stesso Papa, “simboleggia sia la comunione con il Vescovo di Roma, sia la missione di pascere con amore l’unico gregge di Cristo” - e la delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che ormai da anni prende parte alla celebrazione dei due apostoli, così come una delegazione cattolica va a Istanbul per la festa di sant’Andrea, fondatore di quella Chiesa.
 
La “libertà della Chiesa”, garantita da Cristo a Pietro, è legata alla comunione col successore di Pietro. Nei due millenni della storia del cristianesimo ai fedeli “non sono mancate le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni. Queste, però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto”.
 
“Questa realtà - ha proseguito il Papa - è attestata già dall’epistolario paolino. La Prima Lettera ai Corinzi, ad esempio, risponde proprio ad alcuni problemi di divisioni, di incoerenze, di infedeltà al Vangelo che minacciano seriamente la Chiesa. Ma anche la Seconda Lettera a Timoteo parla dei pericoli degli ‘ultimi tempi’, identificandoli con atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e che possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro, eccetera (cfr 3,1-5)”.
 
Il tema della libertà della Chiesa, ha sottolineato poi Benedetto XVI, “ha anche una specifica attinenza con il rito dell’imposizione del Pallio”. “La comunione con Pietro e i suoi successori, infatti, è garanzia di libertà per i Pastori della Chiesa e per le stesse Comunità loro affidate”. Lo è “sul piano storico, l’unione con la Sede Apostolica assicura alle Chiese particolari e alle Conferenze Episcopali la libertà rispetto a poteri locali, nazionali o sovranazionali, che possono in certi casi ostacolare la missione ecclesiale. Inoltre, e più essenzialmente, il ministero petrino è garanzia di libertà nel senso della piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il Popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale. Il fatto dunque che, ogni anno, i nuovi Metropoliti vengano a Roma a ricevere il Pallio dalle mani del Papa va compreso nel suo significato proprio, come gesto di comunione, e il tema della libertà della Chiesa ce ne offre una chiave di lettura particolarmente importante. Questo appare evidente nel caso di Chiese segnate da persecuzioni, oppure sottoposte a ingerenze politiche o ad altre dure prove. Ma ciò non è meno rilevante nel caso di Comunità che patiscono l’influenza di dottrine fuorvianti, o di tendenze ideologiche e pratiche contrarie al Vangelo”.
 
Un’ultima indicazione il Papa ha tratto dalle letture di oggi e “in particolare dalla promessa di Cristo che le potenze degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa. Queste parole possono avere anche una significativa valenza ecumenica, dal momento che uno degli effetti tipici dell’azione del Maligno è proprio la divisione all’interno della Comunità ecclesiale. Le divisioni, infatti, sono sintomi della forza del peccato, che continua ad agire nei membri della Chiesa anche dopo la redenzione. Ma la parola di Cristo è chiara: "Non praevalebunt – non prevarranno" (Mt 16,18). L’unità della Chiesa è radicata nella sua unione con Cristo, e la causa della piena unità dei cristiani – sempre da ricercare e da rinnovare, di generazione in generazione – è pure sostenuta dalla sua preghiera e dalla sua promessa”. “Con questi sentimenti di fiduciosa speranza – ha concluso il Papa - sono lieto di salutare la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, secondo la bella consuetudine delle visite reciproche, partecipa alle celebrazioni dei Santi Patroni di Roma. Insieme rendiamo grazie a Dio per i progressi nelle relazioni ecumeniche tra cattolici ed ortodossi, e rinnoviamo l’impegno di corrispondere generosamente alla grazia di Dio, che ci conduce alla piena comunione”.
 
Nel corso del rito, Benedetto XVI ha “imposto” il pallio – una striscia di lana bianca con sei croci di seta nera, che ricordano le ferite di Gesù - a 38 arcivescovi, tra i quali mons. Socrates B. Villegas, di Lingayen-Dagupan (Filippine), mons. Francis Kallarakal, di Verapoly (India), mons. Hyginus Kim Hee-Joong, di Kwangju (Corea) e mons. Pierre Nguyên Van Nhon, di Hanoi (Vietnam)
 
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