21/06/2017, 11.52
VATICANO
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Papa: per essere santi basta fare il proprio dovere “con il cuore aperto verso Dio”

“L’ultima parola sulla storia dell’uomo non è l’odio, non è la morte, non è la guerra. In ogni momento della vita ci assiste la mano di Dio, e anche la discreta presenza di tutti i credenti che ci hanno preceduto con il segno della fede”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Per essere santi non è necessario passare tutto il tempo in preghiera. Ma “tu devi fare il tuo dovere tutta la giornata: pregare, andare al lavoro, custodire i figli. Ma occorre fare tutto con il cuore aperto verso Dio, in modo che il lavoro, anche nella malattia e nella sofferenza, anche nelle difficoltà, sia aperto a Dio. E così si può diventare santi”. La santità è stata l’argomento del quale papa Francesco ha parlato alle 15mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale, che ha anche dato occasione al Papa di tornare a sostenere la causa dei migranti.

Al termine dell’incontro, infatti, Francesco ha detto: "In occasione che la comunità internazionale ha celebrato ieri la Giornata Mondiale del Rifugiato, lunedì scorso ho voluto incontrare una rappresentanza di rifugiati che sono ospitati dalle parrocchie e dagli istituti religiosi romani. Vorrei cogliere questa occasione della Giornata di ieri per esprimere il mio sincero apprezzamento per la campagna per la nuova legge migratoria: 'Ero straniero - L’umanità che fa bene', la quale gode del sostegno ufficiale di Caritas italiana, Fondazione Migrantes e altre organizzazioni cattoliche".

In precedenza, argomentando sul tema “I Santi, testimoni e compagni di speranza” (cfr Eb, 11,40-12,2a), il Papa aveva affermato che i santi, fratelli e sorelle “maggiori”, che ci hanno preceduto con il segno della fede,  sono “accanto a noi” e la santità è l’aspirazione di ogni cristiano. “Nel giorno del nostro Battesimo – ha detto-è risuonata per noi l’invocazione dei santi. Molti di noi in quel momento erano bambini, portati in braccio dai genitori. Poco prima di compiere l’unzione con l’Olio dei catecumeni, simbolo della forza di Dio nella lotta contro il male, il sacerdote ha invitato l’intera assemblea a pregare per coloro che stavano per ricevere il Battesimo, invocando l’intercessione dei santi. Quella era la prima volta in cui, nel corso della nostra vita, ci veniva regalata questa compagnia di fratelli e sorelle ‘maggiori’, che sono passati per la nostra stessa strada, che hanno conosciuto le nostre stesse fatiche e vivono per sempre nell’abbraccio di Dio. La Lettera agli Ebrei definisce questa compagnia che ci circonda con l’espressione «moltitudine dei testimoni» (12,1). I cristiani, nel combattimento contro il male, non disperano. Il cristianesimo coltiva una inguaribile fiducia: non crede che le forze negative e disgreganti possano prevalere. L’ultima parola sulla storia dell’uomo non è l’odio, non è la morte, non è la guerra. In ogni momento della vita ci assiste la mano di Dio, e anche la discreta presenza di tutti i credenti che «ci hanno preceduto con il segno della fede» (Canone Romano). La loro esistenza ci dice anzitutto che la vita cristiana non è un ideale irraggiungibile. E insieme ci conforta: non siamo soli, la Chiesa è fatta di innumerevoli fratelli, spesso anonimi, che ci hanno preceduto e che per l’azione dello Spirito Santo sono coinvolti nelle vicende di chi ancora vive quaggiù".

"Quella del Battesimo non è l’unica invocazione dei santi che segna il cammino della vita cristiana. Quando due fidanzati consacrano il loro amore nel sacr"amento del matrimonio, viene invocata di nuovo per loro – questa volta come coppia – l’intercessione dei santi. E questa invocazione è fonte di fiducia per i due giovani che partono per il ‘viaggio’ della vita coniugale. Chi ama veramente ha il desiderio e il coraggio di dire ‘per sempre’, ma sa di avere bisogno della grazia di Cristo e dell’aiuto dei santi. Per questo nella liturgia nuziale si invoca la loro presenza. E nei momenti difficili bisogna avere il coraggio di alzare gli occhi al cielo, pensando a tanti cristiani che sono passati attraverso la tribolazione e hanno custodito bianche le loro vesti battesimali, lavandole nel sangue dell’Agnello (cfr Ap 7,14). Dio non ci abbandona mai: ogni volta che ne avremo bisogno verrà un suo angelo a risollevarci e a infonderci consolazione. ‘Angeli’ qualche volta con un volto e un cuore umano, perché i santi di Dio sono sempre qui, nascosti in mezzo a noi. Anche i sacerdoti custodiscono il ricordo di una invocazione dei santi pronunciata su di loro. È uno dei momenti più toccanti della liturgia di ordinazione. I candidati si mettono distesi per terra, con la faccia verso il pavimento. E tutta l’assemblea, guidata dal vescovo, invoca l’intercessione dei santi. Un uomo rimarrebbe schiacciato sotto il peso della missione che gli viene affidata, ma sentendo che tutto il paradiso è alle sue spalle, che la grazia di Dio non mancherà perché Gesù rimane sempre fedele, allora si può partire sereni e rinfrancati. Non siamo soli".

"Siamo polvere che aspira al cielo. Deboli le nostre forze, ma potente il mistero della grazia che è presente nella vita dei cristiani. Siamo fedeli a questa terra, che Gesù ha amato in ogni istante della sua vita, ma sappiamo e vogliamo sperare nella trasfigurazione del mondo, nel suo compimento definitivo dove finalmente non ci saranno più le lacrime, la cattiveria e la sofferenza. Che il Signore ci doni la speranza di essere santi. È il grande regalo che ciascuno di noi può rendere al mondo. Che il Signore ci dia la grazia di credere così profondamente in Lui da diventare immagine di Cristo per questo mondo. La nostra storia ha bisogno di ‘mistici’: di persone che rifiutano ogni dominio, che aspirano alla carità e alla fraternità. Uomini e donne che vivono accettando anche una porzione di sofferenza, perché si fanno carico della fatica degli altri. Ma senza questi uomini e donne il mondo non avrebbe speranza".

Prima di recarsi in piazza san Pietro, Francesco ha ricevuto nell’auletta dell’Aula Paolo VI la delegazione della National Football League (NFI). In un breve saluto il Papa ha affermato che “il mondo in cui viviamo, e specialmente i giovani, hanno bisogno di modelli, di persone che ci mostrino come far emergere il meglio di noi stessi, per mettere a frutto i doni e i talenti donatici da Dio e, nel fare questo, indicare la via per un futuro migliore per le nostre società. Il lavoro di squadra, il gioco leale e il tendere al meglio sono valori – nel senso anche religioso del termine – che guidano il vostro impegno sul campo di gioco. Tuttavia, di questi valori c’è urgente bisogno anche fuori dal campo, in tutte le dimensioni della vita comunitaria. Sono i valori che aiutano a costruire una cultura dell’incontro, nella quale preveniamo e soccorriamo le necessità dei nostri fratelli e sorelle, e combattiamo l’esagerato individualismo, l’indifferenza e l’ingiustizia che ci impediscono di vivere come una sola famiglia umana. Quanto ha bisogno il mondo di questa cultura dell’incontro!”.

 

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