22/12/2006, 00.00
vaticano
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Papa: rimetter in gioco il Dio che si vuole bandire dalla storia

di Franco Pisano
Nel discorso alla Curia, Benedetto XVI facendo un bilancio dei suoi viaggi evidenzia la centralità del “problema di Dio” ed affronta temi come matrimonio, unioni di fatto, Pacs, Olocausto, celibato ecclesiastico, dialogo interreligioso, ecumenismo.

Città del Vaticano (AsiaNews) - “Rimettere in gioco Dio come realtà”: è la strada per trovare la pace in Terra Santa, per restituire all’Europa il coraggio di avere figli, per dare uno sbocco all’ecumenismo e al dialogo tra le religioni, per comprendere la vera motivazione del celibato ecclesiastico. Questo spingere il mondo a “poggiare su Dio nel modo più concreto e radicale possibile” è il filo che ha unito i singoli passi di Benedetto XVI nell’anno che volge al termine, nel “bilancio”, con particolare riguardo ai viaggi internazionali, che egli stesso ha fatto nel discorso rivolto ai cardinali ed ai membri della Famiglia pontificia e della Curia romana incontrati oggi per la presentazione degli auguri natalizi.

Nel lungo e articolato discorso, il Papa ha affrontato anche temi come le coppie di fatto e i Pacs – rivendicando il diritto della Chiesa di condannare le legislazioni che li consentono – ed il rapporto tra fede e ragione, centrale nella “lectio” di Regensburg. Per essa, “la fede in quel Dio che è in persona la Ragione creatrice dell'universo deve essere accolta dalla scienza in modo nuovo come sfida e chance. Reciprocamente, questa fede deve riconoscere nuovamente la sua intrinseca vastità e la sua propria ragionevolezza”.

 

“L'anno che volge al termine - nelle parole del Papa - rimane nella nostra memoria con la profonda impronta degli orrori della guerra svoltasi nei pressi della Terra Santa come anche in generale del pericolo di uno scontro tra culture e religioni – un pericolo che incombe tuttora minaccioso su questo nostro momento storico. Il problema delle vie verso la pace è così diventato una sfida di primaria importanza per tutti coloro che si preoccupano dell'uomo. Ciò vale in modo particolare per la Chiesa, per la quale la promessa che ne ha accompagnato gli inizi significa insieme una responsabilità e un compito: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra per gli uomini che egli ama’ (Lc 2,14).

Questo saluto dell'angelo ai pastori nella notte della nascita di Gesù a Betlemme rivela una connessione inscindibile tra il rapporto degli uomini con Dio e il loro rapporto vicendevole. La pace sulla terra non può trovarsi senza la riconciliazione con Dio, senza l'armonia tra cielo e terra. Questa correlazione del tema ‘Dio’ col tema ‘pace’ è stato l'aspetto determinante dei quattro Viaggi Apostolici di quest'anno:

ad essi vorrei riandare con la memoria in questo momento”.

 

Il viaggio in Polonia (25-28 maggio) è stato definito “un intimo dovere di gratitudine” verso Giovanni Paolo II “per tutto ciò che egli, durante il quarto di secolo del suo servizio, ha donato a me personalmente e soprattutto alla Chiesa e al mondo. Il suo dono più grande per tutti noi è stata la sua fede incrollabile e il radicalismo della sua dedizione. ‘Totus tuus’ era il suo motto: in esso si rispecchiava tutto il suo essere”.

“Nei miei spostamenti in Polonia – ha ricordato il Papa - non poteva mancare la visita ad Auschwitz-Birkenau nel luogo della barbarie più crudele – del tentativo di cancellare il popolo di Israele, di vanificare così anche l’elezione da parte di Dio, di bandire Dio stesso dalla storia. Fu per me motivo di grande conforto veder comparire nel cielo l’arcobaleno, mentre io, davanti all’orrore di quel luogo, nell'atteggiamento di Giobbe gridavo verso Dio, scosso dallo spavento della sua apparente  assenza e, al contempo, sorretto dalla certezza che Egli anche nel suo silenzio non cessa di essere e di rimanere con noi. L’arcobaleno era come una risposta: Sì, Io ci sono, e le parole della promessa, dell’Alleanza, che ho pronunciato dopo il diluvio, sono valide anche oggi (cfr Gn 9,12-17)”.

 

Il viaggio in Spagna, a Valencia (8 e 9 luglio),è stato tutto all'insegna del tema del matrimonio e della

Famiglia”. Benedetto XVI ha ricordato le testimonianze ascoltate all’Incontro mondiale delle famiglie, che “non hanno nascosto il fatto di aver avuto anche giorni difficili, di aver dovuto attraversare tempi di crisi. Ma proprio nella fatica del sopportarsi a vicenda giorno per giorno, proprio nell'accettarsi sempre di nuovo nel crogiolo degli affanni quotidiani, vivendo e soffrendo fino in fondo il sì iniziale – proprio in questo cammino del ‘perdersi’ evangelico erano maturati, avevano trovato se stessi ed erano diventati felici”.

 

“Davanti a queste famiglie con i loro figli, davanti a queste famiglie in cui le generazioni si stringono la mano e il futuro è presente, il problema dell’Europa, che apparentemente quasi non vuol più avere figli, mi è penetrato nell’anima. Per l’estraneo, quest’Europa sembra essere stanca, anzi sembra volersi congedare dalla storia. Perché le cose stanno così? Questa è la grande domanda. Le risposte sono sicuramente molto complesse”.

 

Tra queste, accanto al timore di legami “per sempre”, centrale appare a Benedetto XVI il fatto che i genitori non sanno “quali norme” trasmettere al figlio, per insegnargli a seguire “la via giusta”. “Il problema è diventato così difficile anche perché non siamo più sicuri delle norme da trasmettere; perché non sappiamo più quale sia l’uso giusto della libertà, quale il modo giusto di vivere, che cosa sia moralmente doveroso e che cosa invece inammissibile. Lo spirito moderno ha perso l’orientamento, e questa mancanza di orientamento ci impedisce di essere per altri indicatori della retta via. Anzi, la problematica va ancora più nel profondo. L’uomo di oggi è insicuro circa il futuro”. “Questa profonda insicurezza sull’uomo stesso – accanto alla volontà di avere la vita tutta per se stessi – è forse la ragione più profonda, per cui il rischio di avere figli appare a molti una cosa quasi non più sostenibile. Di fatto, possiamo trasmettere la vita in modo responsabile solo se siamo in grado di trasmettere qualcosa di più della semplice vita biologica e cioè un senso che regga anche nelle crisi della storia ventura e una certezza nella speranza che sia più forte delle nuvole che oscurano il futuro. Se non impariamo nuovamente i fondamenti della vita – se non scopriamo in modo nuovo la certezza della fede – ci sarà anche sempre meno possibile affidare agli altri il dono della vita e il compito di un futuro sconosciuto”.

 

Il discorso sul matrimonio ha portato il Papa ad esprimere la sua “preoccupazione per le leggi sulle coppie di fatto”. “Quando – ha rilevato in proposito - vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio, la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico. In tal caso il decidersi per chi già fa fatica diventa ancora più difficile. Si aggiunge poi, per l'altra forma di coppie, la relativizzazione della differenza dei sessi. Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie funeste che tolgono ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità della persona umana, come se si trattasse di un fatto puramente biologico; teorie secondo cui l’uomo – cioè il suo intelletto e la sua volontà – deciderebbe autonomamente che cosa egli sia o non sia. C'è in questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo, volendo emanciparsi dal suo corpo – dalla “sfera biologica” – finisce per distruggere se stesso. Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa?”.

Il viaggio in Baviera del 9-14 settembre aveva il “grande tema” di Dio, perché “il grande problema dell’Occidente è la dimenticanza di Dio: è un oblio che si diffonde. In definitiva, tutti i singoli problemi possono essere riportati a questa domanda, ne sono convinto. Perciò, in quel viaggio la mia intenzione principale era di mettere ben in luce il tema ‘Dio’”.

 

Con il tema di Dio, ha ricordato il Papa, “erano e sono collegati due temi che hanno dato un’impronta alle giornate della visita in Baviera: il tema del sacerdozio e quello del dialogo”.

Dell’esistenza sacerdotale, Benedetto XVI ha oggi particolarmente evidenziato la sua “teocentricità”, definendola “necessaria proprio nel nostro mondo totalmente funzionalistico, nel quale tutto è fondato su prestazioni calcolabili e verificabili. Il sacerdote deve veramente conoscere Dio dal di dentro e portarlo così agli uomini: è questo il servizio prioritario di cui l'umanità di oggi ha bisogno”.

L’impostazione di fondo “geocentrica” permette anche, nelle parole del Papa, di comprendere il celibato. “Il vero fondamento del celibato può essere racchiuso solo nella frase: Dominus pars – Tu sei la mia terra. Può essere solo geocentrico”. “Il nostro mondo diventato totalmente positivistico, in cui Dio entra in gioco tutt’al più come ipotesi, ma non come realtà concreta, ha bisogno di questo poggiare su Dio nel modo più concreto e radicale possibile. Ha bisogno della testimonianza per Dio che sta nella decisione di accogliere Dio come terra su cui si fonda la propria esistenza. Per questo il celibato è così importante proprio oggi, nel nostro mondo attuale, anche se il suo adempimento in questa nostra epoca è continuamente minacciato e messo in questione”.

 

Il viaggio in Germania resterà comunque legato alla “lectio magistralis” di Regensburg. “L'incontro con l'Università – ha ricordato oggi il Papa - era dedicato – come si addice a quel luogo – al dialogo tra fede e ragione”. In effetti, se da un lato “la capacità cognitiva dell'uomo, il suo dominio sulla materia mediante la forza del pensiero”, ha fatto progressi un tempo inimmaginabili. “Ma il potere dell'uomo, che gli è cresciuto nelle mani grazie alla scienza, diventa sempre più un pericolo che minaccia l'uomo stesso e il mondo. La ragione orientata totalmente ad impadronirsi del mondo non accetta più limiti. Essa è sul punto di trattare ormai l'uomo stesso come semplice materia del suo produrre e del suo potere. La nostra conoscenza aumenta, ma al contempo si registra un progressivo accecamento della ragione circa i propri fondamenti; circa i criteri che le danno orientamento e senso. La fede in quel Dio che è in persona la Ragione creatrice dell'universo deve essere accolta dalla scienza in modo nuovo come sfida e chance. Reciprocamente, questa fede deve riconoscere nuovamente la sua intrinseca vastità e la sua propria ragionevolezza. La ragione ha bisogno del Logos che sta all'inizio ed è la nostra luce; la fede, per parte sua, ha bisogno del colloquio con la ragione moderna, per rendersi conto della propria grandezza e corrispondere alle proprie responsabilità”.

 

In quel discorso, nel quale una citazione sull’islam ha scatenato reazioni irate nel mondo musulmano, in realtà “il dialogo tra le religioni venne toccato solo marginalmente”.

Ma la visita in Turchia (28 novembre – 1 dicembre) “mi ha offerto l'occasione di illustrare anche pubblicamente il mio rispetto per la Religione islamica…. In un dialogo da intensificare con l'Islam dovremo tener presente il fatto che il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell'illuminismo e che il Concilio Vaticano II, come frutto di una lunga ricerca faticosa, ha portato a soluzioni concrete per la Chiesa cattolica. Si tratta dell'atteggiamento che la comunità dei fedeli deve assumere di fronte alle convinzioni e alle esigenze affermatesi nell'illuminismo. Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l'uomo di suoi specifici criteri di misura. D'altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell'illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l'autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c'è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente – così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte. Il contenuto del dialogo tra cristiani e musulmani sarà in questo momento soprattutto quello di incontrarsi in questo impegno per trovare le soluzioni giuste”.

 

Un ultimo pensiero, legato a quei giorni, gli incontri col patriarca ecumenico Bartolomeo, col quale, ha detto il Papa, “abbiamo sperimentato di essere fratelli non soltanto sulla base di parole e di eventi storici, ma dal profondo dell'animo; di essere uniti dalla fede comune degli Apostoli fin dentro il nostro pensiero e sentimento personale. Abbiamo fatto l'esperienza di un'unità profonda nella fede e pregheremo il Signore ancora più insistentemente affinché ci doni presto anche la piena unità nella comune frazione del Pane”.

 

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