15/12/2015, 00.00
VATICANO
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Papa: solidarietà e misericordia per vincere l’indifferenza e conquistare la pace

Il messaggio di Francesco per la prossima Giornata mondiale della pace. “La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato”. L’indifferenza alimenta il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale. Gli Stati cancellino il debito dei Paesi poveri, tutelino la vita e rispondano alla richiesta di terra, casa e lavoro.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Promuovere una cultura della solidarietà e della misericordia - come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale - per vincere l’indifferenza che, a livello individuale, alimenta il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale e, a livello istituzionale, favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace.

E’ l’idea guida del messaggio di papa Francesco per la 49ma Giornata mondiale della pace, che si celebra il 1° gennaio 2016, e ha per tema “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”, reso pubblico oggi.

Il documento, nella prospettiva del Giubileo della Misericordia, esorta alla conversione personale e, a livello internazionale, lancia un “triplice appello ad astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche – e per lungo tempo – l’integrità morale e spirituale; alla cancellazione o alla gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; all’adozione di politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale ed inalienabile dei nascituri alla vita”.

Il messaggio del Papa inizia esprimendo il “profondo convincimento” che “Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona!” per invitare a non perdere la speranza che “il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest’ultima è dono di Dio e opera degli uomini”.

Anche se, infatti, “le guerre e le azioni terroristiche, con le loro tragiche conseguenze, i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni, hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una ‘terza guerra mondiale a pezzi’”, ci sono stati fatti che spingono a “non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza”. Tali sono, “lo sforzo fatto per favorire l’incontro dei leader mondiali, nell’ambito della COP 21, al fine di cercare nuove vie per affrontare i cambiamenti climatici e salvaguardare il benessere della Terra, la nostra casa comune”, “il Summit di Addis Abeba per raccogliere fondi per lo sviluppo sostenibile del mondo; e l’adozione, da parte delle Nazioni Unite, dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, finalizzata ad assicurare un’esistenza più dignitosa a tutti, soprattutto alle popolazioni povere del pianeta, entro quell’anno”.

L’indifferenza è una minaccia per la famiglia umana

In quanto uomini, dotati di inalienabile dignità, scrive Francesco, “noi esistiamo in relazione con i nostri fratelli e sorelle, nei confronti dei quali abbiamo una responsabilità e con i quali agiamo in solidarietà. Al di fuori di questa relazione, ci si troverebbe ad essere meno umani. E’ proprio per questo che l’indifferenza costituisce una minaccia per la famiglia umana. Mentre ci incamminiamo verso un nuovo anno, vorrei invitare tutti a riconoscere questo fatto, per vincere l’indifferenza e conquistare la pace. Certo è che l’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui, caratterizza una tipologia umana piuttosto diffusa e presente in ogni epoca della storia. Tuttavia, ai nostri giorni esso ha superato decisamente l’ambito individuale per assumere una dimensione globale e produrre il fenomeno della ‘globalizzazione dell’indifferenza’”.

“La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato. È questo uno dei gravi effetti di un umanesimo falso e del materialismo pratico, combinati con un pensiero relativistico e nichilistico. L’uomo pensa di essere l’autore di sé stesso, della propria vita e della società; egli si sente autosufficiente e mira non solo a sostituirsi a Dio, ma a farne completamente a meno; di conseguenza, pensa di non dovere niente a nessuno, eccetto che a sé stesso, e pretende di avere solo diritti”.

Di qui discendono le diverse forme di indifferenza, da quella delle persone che, di fronte ai drammi dell’umanità, “non si sentono coinvolte, non vivono la compassione”, a quella di coloro che “vivono il loro benessere e la loro comodità sorde al grido di dolore dell’umanità sofferente”. “Quando poi investe il livello istituzionale, l’indifferenza nei confronti dell’altro, della sua dignità, dei suoi diritti fondamentali e della sua libertà, unita a una cultura improntata al profitto e all’edonismo, favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace. Tale atteggiamento di indifferenza può anche giungere a giustificare alcune politiche economiche deplorevoli, foriere di ingiustizie, divisioni e violenze, in vista del conseguimento del proprio benessere o di quello della nazione”. E “quando le popolazioni vedono negati i propri diritti elementari, quali il cibo, l’acqua, l’assistenza sanitaria o il lavoro, esse sono tentate di procurarseli con la forza”. “Inoltre, l’indifferenza nei confronti dell’ambiente naturale, favorendo la deforestazione, l’inquinamento e le catastrofi naturali che sradicano intere comunità dal loro ambiente di vita, costringendole alla precarietà e all’insicurezza, crea nuove povertà, nuove situazioni di ingiustizia dalle conseguenze spesso nefaste in termini di sicurezza e di pace sociale. Quante guerre sono state condotte e quante ancora saranno combattute a causa della mancanza di risorse o per rispondere all’insaziabile richiesta di risorse naturali”.

Ma fin dall’inizio della storia, da Adamo ed Eva, Caino e Abele, “Dio interviene per chiamare l’uomo alla responsabilità nei confronti del suo simile”. “Allo stesso modo, nel suo Figlio Gesù, Dio è sceso fra gli uomini, si è incarnato e si è mostrato solidale con l’umanità, in ogni cosa, eccetto il peccato. Gesù si identificava con l’umanità: «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). Egli non si accontentava di insegnare alle folle, ma si preoccupava di loro, specialmente quando le vedeva affamate (cfr Mc 6,34-44) o disoccupate (cfr Mt 20,3). Il suo sguardo non era rivolto soltanto agli uomini, ma anche ai pesci del mare, agli uccelli del cielo, alle piante e agli alberi, piccoli e grandi; abbracciava l’intero creato. Egli vede, certamente, ma non si limita a questo, perché tocca le persone, parla con loro, agisce in loro favore e fa del bene a chi è nel bisogno. Non solo, ma si lascia commuovere e piange (cfr Gv 11,33-44). E agisce per porre fine alla sofferenza, alla tristezza, alla miseria e alla morte. Gesù ci insegna ad essere misericordiosi come il Padre (cfr Lc 6,36)”.

La Chiesa testimoni in prima persona la misericordia

“La misericordia è il cuore di Dio. Perciò dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli; un cuore che batte forte dovunque la dignità umana – riflesso del volto di Dio nelle sue creature – sia in gioco. Gesù ci avverte: l’amore per gli altri – gli stranieri, i malati, i prigionieri, i senza fissa dimora, perfino i nemici – è l’unità di misura di Dio per giudicare le nostre azioni. Da ciò dipende il nostro destino eterno”. Ecco perché “è determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre”.

“Così, anche noi siamo chiamati a fare dell’amore, della compassione, della misericordia e della solidarietà un vero programma di vita, uno stile di comportamento nelle nostre relazioni gli uni con gli altri. Ciò richiede la conversione del cuore: che cioè la grazia di Dio trasformi il nostro cuore di pietra in un cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di aprirsi agli altri con autentica solidarietà”, che è “la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti”.

“La solidarietà come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale, esige un impegno da parte di una molteplicità di soggetti, che hanno responsabilità di carattere educativo e formativo”: le famiglie, “chiamate ad una missione educativa primaria ed imprescindibile”; gli educatori, chiamati a rendere i giovani consapevoli delle proprie responsabilità; gli operatori culturali e dell’informazione chiamati a “porsi al servizio della verità e non di interessi particolari”.

Il Papa torna a evidenziare motivi di speranza quando scrive che “consapevoli della minaccia di una globalizzazione dell’indifferenza, non possiamo non riconoscere che, nello scenario sopra descritto, si inseriscono anche numerose iniziative ed azioni positive che testimoniano la compassione, la misericordia e la solidarietà di cui l’uomo è capace”. Egli ricorda, in proposito, “organizzazioni non governative e gruppi caritativi, all’interno della Chiesa e fuori di essa, i cui membri, in occasione di epidemie, calamità o conflitti armati, affrontano fatiche e pericoli per curare i feriti e gli ammalati e per seppellire i defunti. Accanto ad essi, vorrei menzionare le persone e le associazioni che portano soccorso ai migranti che attraversano deserti e solcano mari alla ricerca di migliori condizioni di vita. Queste azioni sono opere di misericordia corporale e spirituale, sulle quali saremo giudicati al termine della nostra vita”.

“Il mio pensiero va anche ai giornalisti e fotografi che informano l’opinione pubblica sulle situazioni difficili che interpellano le coscienze, e a coloro che si impegnano per la difesa dei diritti umani, in particolare quelli delle minoranze etniche e religiose, dei popoli indigeni, delle donne e dei bambini, e di tutti coloro che vivono in condizioni di maggiore vulnerabilità. Tra loro ci sono anche tanti sacerdoti e missionari che, come buoni pastori, restano accanto ai loro fedeli e li sostengono nonostante i pericoli e i disagi, in particolare durante i conflitti armati”. E le famiglie che, “in mezzo a tante difficoltà lavorative e sociali, si impegnano concretamente per educare i loro figli ‘controcorrente’, a prezzo di tanti sacrifici, ai valori della solidarietà, della compassione e della fraternità!”. E, infine, “i giovani che si uniscono per realizzare progetti di solidarietà, e tutti coloro che aprono le loro mani per aiutare il prossimo bisognoso nelle proprie città, nel proprio Paese o in altre regioni del mondo”. (FP)

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