11/12/2008, 00.00
VATICANO - PACE 2009
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Papa: solidarietà globale per combattere la povertà e costruire la pace

Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, Benedetto XVI esamina le “implicazioni morali” della povertà. Il falso rapporto povertà-natalità. Le spese militari tolgono aiuti allo sviluppo. Una finanza appiattita sul breve e brevissimo termine diviene pericolosa per tutti. La responsabilità dei ricchi: è stolto “costruire una casa dorata, ma con attorno il deserto o il degrado”. Il link al Messaggio integrale.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Serve un’anima all’aiuto per lo sviluppo, alla lotta contro la povertà, che resta ad un tempo tra le cause e le conseguenze dei conflitti; serve una gestione della globalizzazione che, se lasciata a se stessa ha dimostrato di non poter risolvere i problemi di chi ha bisogno; serve una finanza che non pensi solo al brevissimo termine; serve, alla fine, di “cambiare gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere, che oggi reggono la società” (n.15). E’ l’invito che Benedetto XVI rivolge nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace, che sarà celebrata il primo gennaio 2009.
 
Intitolato “Combattere la povertà, costruire la pace”, il documento, di 17 pagine, parte dalle costatazioni che, oggi, “combattere la povertà implica un’attenta considerazione del complesso fenomeno della globalizzazione” (n.2) e che non esistono solo povertà materiali, visto che anche i Paesi ricchi conoscono “fenomeni di emarginazione, povertà relazionale, morale e spirituale”. Ci sono dunque “implicazioni morali” della povertà. A cominciare dalla falsa relazione che spesso si pone tra povertà e sviluppo demografico. “In conseguenza di ciò, sono in atto campagne di riduzione delle nascite, condotte a livello internazionale, anche con metodi non rispettosi né della dignità della donna né del diritto dei coniugi a scegliere responsabilmente il numero dei figli e spesso, cosa anche più grave, non rispettosi neppure del diritto alla vita. Lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà, costituisce in realtà l'eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani”. (n.3). A dimostrare l’infondatezza della relazione povertà-demografia, il documento riporta alcune considerazioni: in primo luogo che nel 1981 il 40% della popolazione mondiale era sotto la linea di povertà, oggi la percentuale è quasi dimezzata, ed in secondo luogo che i Paesi che si stanno crescendo nel mondo economico internazionale “hanno conosciuto un rapido sviluppo proprio grazie all'elevato numero dei loro abitanti”. Il Papa non le cita, ma il pensiero va immediatamente a Cina e India. Ciò a dimostrare che “È soprattutto difficile combattere l'AIDS, drammatica causa di povertà, se non si affrontano le problematiche morali con cui la diffusione del virus è collegata”. (n.4). E’ nello stesso ambito che va riflettuto sul fatto che la povertà dei bambini, le vittime più vulnerabili dell’indigenza, è legata alla debolezza della famiglia. “Quando la famiglia si indebolisce i danni ricadono inevitabilmente sui bambini. Ove non è tutelata la dignità della donna e della mamma, a risentirne sono ancora principalmente i figli” (n.5).
 
Rientra ancora nelle implicazioni morali della povertà la “relazione esistente tra disarmo e sviluppo”. Se è evidente che “le ingenti risorse materiali e umane impiegate per le spese militari e per gli armamenti vengono di fatto distolte dai progetti di sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri e bisognosi di aiuto” (n.6), la corsa agli armamenti “provoca sacche di sottosviluppo e di disperazione, trasformandosi così paradossalmente in fattore di instabilità, di tensione e di conflitti”.
 
Ulteriore ambito della lotta allla povertà è rappresentato, sottolinea Benedetto XVI dalla crisi alimentare. Essa “è caratterizzata non tanto da insufficienza di cibo, quanto da difficoltà di accesso ad esso e da fenomeni speculativi e quindi da carenza di un assetto di istituzioni politiche ed economiche in grado di fronteggiare le necessità e le emergenze” (n.7).
 
Se le cause della povertà sono globali, “per governare la globalizzazione occorre però una forte solidarietà globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri, nonché all'interno dei singoli Paesi, anche se ricchi. È necessario un ‘codice etico comune’, le cui norme non abbiano solo un carattere convenzionale, ma siano radicate nella legge naturale inscritta dal Creatore nella coscienza di ogni essere umano (cfr Rm 2,14-15)”. (n.8). La globalizzazione, infatti, “elimina certe barriere, ma ciò non significa che non ne possa costruire di nuove; avvicina i popoli, ma la vicinanza spaziale e temporale non crea di per sé le condizioni per una vera comunione e un'autentica pace. La marginalizzazione dei poveri del pianeta può trovare validi strumenti di riscatto nella globalizzazione solo se ogni uomo si sentirà personalmente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo e dalle violazioni dei diritti umani ad esse connesse” (n.8).
 
Di strettissima attualità le considerazioni che Benedetto XVI fa riguardo ad economia e finanza. Quest’ultima in particolare, è legata alla globalizzazione, grazie allo sviluppo dell'elettronica e alle politiche di liberalizzazione dei flussi di denaro. “Anche la recente crisi dimostra come l'attività finanziaria sia a volte guidata da logiche puramente autoreferenziali e prive della considerazione, a lungo termine, del bene comune. L'appiattimento degli obiettivi degli operatori finanziari globali sul brevissimo termine riduce la capacità della finanza di svolgere la sua funzione di ponte tra il presente e il futuro, a sostegno della creazione di nuove opportunità di produzione e di lavoro nel lungo periodo. Una finanza appiattita sul breve e brevissimo termine diviene pericolosa per tutti, anche per chi riesce a beneficiarne durante le fasi di euforia finanziaria” (n.10).
 
Se il quadro, dunque, delle cause della povertà è globale, la lotta contro di essa “richiede una cooperazione sia sul piano economico che su quello giuridico che permetta alla comunità internazionale e in particolare ai Paesi poveri di individuare ed attuare soluzioni coordinate per affrontare i suddetti problemi realizzando un efficace quadro giuridico per l'economia”. L’esperienza dimostra come “le politiche marcatamente assistenzialiste siano all'origine di molti fallimenti”, “investire nella formazione delle persone e sviluppare in modo integrato una specifica cultura dell'iniziativa sembra attualmente il vero progetto a medio e lungo termine” (n.11).
 
Si tratta dunque di “mettere i poveri al primo posto”: ciò comporta che “si riservi uno spazio adeguato a una corretta logica economica da parte degli attori del mercato internazionale, ad una corretta logica politica da parte degli attori istituzionali e ad una corretta logica partecipativa capace di valorizzare la società civile locale e internazionale” (n.12). Va infatti superata la logica per la quele i problemi dello sviluppo, degli aiuti e della cooperazione internazionale “vengono affrontati talora senza un vero coinvolgimento delle persone, ma come questioni tecniche, che si esauriscono nella predisposizione di strutture, nella messa a punto di accordi tariffari, nello stanziamento di anonimi finanziamenti. La lotta alla povertà ha invece bisogno di uomini e donne che vivano in profondità la fraternità e siano capaci di accompagnare persone, famiglie e comunità in percorsi di autentico sviluppo umano (n.13)”.
 
In conclusione “nell'attuale mondo globale è sempre più evidente che si costruisce la pace solo se si assicura a tutti la possibilità di una crescita ragionevole: le distorsioni di sistemi ingiusti, infatti, prima o poi, presentano il conto a tutti. Solo la stoltezza può quindi indurre a costruire una casa dorata, ma con attorno il deserto o il degrado. La globalizzazione da sola è incapace di costruire la pace e, in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti. Essa rivela piuttosto un bisogno: quello di essere orientata verso un obiettivo di profonda solidarietà che miri al bene di ognuno e di tutti. In questo senso, la globalizzazione va vista come un'occasione propizia per realizzare qualcosa di importante nella lotta alla povertà e per mettere a disposizione della giustizia e della pace risorse finora impensabili”. (FP)
 
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