13/09/2016, 10.52
VATICANO
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Papa: vincere la cultura dell’indifferenza e costruire una vera cultura dell’incontro

“Non solo vedere: guardare. Non solo sentire: ascoltare. Non solo incrociarsi: fermarsi. Non solo dire ‘peccato, povera gente’, ma lasciarsi prendere dalla compassione. E poi avvicinarsi, toccare e dire nella lingua che ad ognuno viene in quel momento, la lingua del cuore: ‘Non piangere’, e dare almeno una goccia di vita”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Vincere la cultura dell’indifferenza e costruire una vera cultura dell’incontro “fecondo”, “che restituisca ad ogni persona la propria dignità di figlio di Dio”. E’ l’invito rivolto oggi papa Francesco durante la messa celebrata stamattina a Casa santa Marta, commentando il brano del Vangelo (Luca 7,11-17) che “ci annuncia: un incontro; un incontro fra un uomo e una donna, fra un figlio unico vivo e un figlio unico morto; fra una folla felice, perché aveva incontrato Gesù e lo seguiva, e un gruppo di gente, piangendo, accompagnava quella donna, che usciva da una porta della città; incontro fra quella porta di uscita e la porta di entrata. L’ovile. Un incontro che ci fa riflettere sul modo di trovarci fra noi”.

La Parola di Dio, ha evidenziato il Papa, ci fa oggi riflettere su un incontro. Spesso le persone si “incrociano fra loro, ma non si incontrano”. Ognuno “pensa a sé, vede ma non guarda, sente ma non ascolta”. Nel Vangelo, invece, leggiamo che il Signore fu preso “da grande compassione”. Questa compassione “non è lo stesso che noi facciamo quando andiamo sulla strada, per esempio, e vediamo una cosa triste: ‘Peccato!’” Gesù non va oltre, viene preso da compassione. Si avvicina alla donna, la incontra davvero e poi fa il miracolo. Di qui vediamo non solo la tenerezza ma pure “la fecondità di un incontro”. “Ogni incontro – ha sottolineato – è fecondo. Ogni incontro restituisce le persone e le cose al suo posto”.

“Noi siamo abituati ad una cultura dell’indifferenza e dobbiamo lavorare e chiedere la grazia di fare una cultura dell’incontro, di questo incontro fecondo, di questo incontro che restituisca ad ogni persona la propria dignità di figlio di Dio, la dignità di vivente. Noi siamo abituati a questa indifferenza, quando vediamo le calamità di questo mondo o le piccole cose: ‘Ma, peccato, povera gente, quanto soffrono’, e andare avanti. L’incontro. E se io non guardo – non è sufficiente vedere, no: guardare - se io non mi fermo, se io non guardo, se io non tocco, se io non parlo, non posso fare un incontro e non posso aiutare a fare una cultura dell’incontro”.

Nel passo del Vangelo, la gente “è presa dal timore e glorificava Dio, perché aveva fatto l’incontro fra Dio e il suo popolo”. A me, ha detto il Papa, “piace vedere anche qui l’incontro di tutti i giorni fra Gesù e la sua sposa”, la Chiesa, che attende il Suo ritorno.  “Questo è il messaggio di oggi: l’incontro di Gesù con il suo popolo”, tutti siamo “bisognosi della Parola di Gesù”.  “A tavola, in famiglia, quante volte si mangia, si guarda la tv o si scrivono messaggi al telefonino. Ognuno è indifferente a quell’incontro. Anche proprio nel nocciolo della società, che è la famiglia, non c’è l’incontro. Che questo ci aiuti a lavorare per questa cultura dell’incontro, così semplicemente come l’ha fatto Gesù. Non solo vedere: guardare. Non solo sentire: ascoltare. Non solo incrociarsi: fermarsi. Non solo dire ‘peccato, povera gente’, ma lasciarsi prendere dalla compassione. E poi avvicinarsi, toccare e dire nella lingua che ad ognuno viene in quel momento, la lingua del cuore: ‘Non piangere’, e dare almeno una goccia di vita”.

 

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