19/11/2008, 00.00
VATICANO
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Papa: è vero che ci si salva per fede, ma se non la si contrapppone a carità e amore

Benedetto XVI all’udienza generale affrontando il tema della giustificazione ricorda le “controversie” dell’epoca della Riforma. La libertà dei cristiani non è libertinismo, non è liberazione dal fare il bene.
Città del Vaticano (AsiaNews) – L’affermazione che si è giusiticati per la sola fede “è vera se non la si contrapppone alla carità e all’amore”. Il fondamento della divisione teologica tra protestanti e cattolici è stato evocato oggi dal Papa che, proseguendo nell’illustrazione della figura e del pensiero di San Paolo, oggi ha parlato proprio della “giustificazione” alle circa 20mila persone presenti in piazza San Pietro per l’udienza generale.
 
In una mattinata soleggiata, ma fredda - che ha spinto ad una modifica dell’auto scoperta usata dal Papa, alla quale è stato messo un grande parabrezza, che copre anche la parte superiore – Benedetto XVI ha affrontato “un tema centrale delle controversie del secolo della Riforma”, la “questione della giustificazione, cioè come diventa giusto un uomo agli occhi di Dio”.
 
Paolo “era un uomo irreprensibile secondo i criteri della osservanza delle prescrizioni mosaiche”, ma  “l’illuminazione di Damasco gli cambiò l’esistenza”. Il passato gli sembrò “spazzatura”: c’era una giustizia fondata sulla legge ed una basata sulla fede in Cristo. ”. E Paolo decise di “scommettere tutta la sua vita su Cristo”.
 
“Il rapporto tra Paolo e il Risorto è talmente profondo che Cristo non era più solo la sua vita, ma il suo vivere, al punto che perfino il morire diventava un guadagno”. “Non che Paolo disprezzasse la vita, ma il suo scopo era raggiungere Cristo”,  “il Redentore era l’inizio ed il fine della sua esistenza”, “come in una gara, la corsa era verso il suo Signore”, era “correre per raggiungere colui dal quale era stato conquistato”.
 
Siamo di fronte a  “due percorsi alternativi:; uno costruito sulle opere della legge, l’altro fondato sulla fede in Cristo”, “l’alternativa tra i due diventa motivo dominante”: “l’uomo non è giustificato per le opere della legge, ma soltanto per la sua fede in Gesù Cristo. Paolo scriveva che “per le opere della legge non verrà mai giustificato nessuno”: “tutti abbiamo peccato, ma siamo giustificati gratuitamente per la sua grazia”, “per la fede indipendentemente dalle opere della legge”.
 
“Lutero – ha osservato il Papa - ha tradotto questo, affermando che si è giustificati per la sola fede”.
 
Ma “cos’è questa legge per la quale siamo giustificati?”. Già nella comunità di Corinto si pensava che fosse la legge morale e “la libertà cristiana sarebbe la liberazione dall’etica”. Questo è “sbagliato, la libertà cristiana non è libertinismo, non è liberazione dal fare il bene”. Cosa significa allora “la legge dalla quale siamo liberati e non salva”. “Per Paolo è la torah nella sua totalità, cioe i cinque libri di Mosé”, che “implicano nella interpretazione farisaica, quella studiata da Paolo, un complesso di comportamenti, dal nucleo etico fino alle prescrizioni rituali, che determinavano sostanzialmente l'identità dell'uomo giusto, e comprendevano la circoncisione, l’ossservanza cibo puro, del sabato e cosi via”. “Sono comportamenti che compaiono già nei dibattiti tra Gesù e i suoi contemporanei”.
 
Il fatto è che allora era dominante la cultura ellenistica, “universale, apparentemente tollerante”, che “formava una pressione forte all’uniformità e minacciava l’identità di Israele”, “una perdita di identità anche della fede”. Contro questa minaccia “era necessario creare un muro di difesa e questo muro di opposizione che proteggeva la preziosa eredità dela fede erano proprio queste osservanze”. “Paolo ha visto minacciata questa identità dalla libertà dei cristiani e per questo li perseguitava”. Ma, nel momento dell’incontro ha capito che “con Cristo il Dio di Israele, l’unico vero Dio diventa il Dio di tutti i popoli”, “il muro tra Israele e i pagani non è piu necessario, è Cristo che ci protegge contro il politeismo e tutte le sue deviazioni, è Cristo che ci garantisce la nostra vera identita nella diversita delle culture”. “E’ lui che ci fa giusti. Essere giusto vuol semplicemente dire essere con Cristo, essere in Cristo”. “Altre osservanze non sono più necessarie, basta Lui solo”.
 
Perciò l’affermazione che si è giusiticati per la sola fede “è vera se non la si contrapppone alla carità e all’amore”. "Attaccarsi a Cristo diventa necessariamente anche conformarsi a Cristo” ed “è l’amore, è entrare nel suo amore”. Paolo “parla della fede che opera per mezzo della carità”. Nella comunione con Cristo che crea la carità, tutta la fede è realizzata”. “Unico criterio è l’amore”, come testimoniano le parole sul “mi hai dato da mangiare quando avevo fame..”, “così si decide la giustizia nella carità, nell’amore”. “Non c’è contraddizione, la carità è realizzazione della fede”. “Uniti a Gesù siamo giusti e in nessun altro modo lo siamo”.
 
“Possiamo solo – ha concluso - chiedere di credere”, “credere diventa vita, trasformazione della nostra vita e così trasformati possiamo essere veramente giusti agli occhi di Dio”.
 
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