08/04/2015, 00.00
THAILANDIA
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Pasqua in Thailandia: Come le foglie, Cristo risorto dona nuova linfa alla missione

di p. Valerio Sala
P. Valerio Sala, missionario del Pime, racconta la missione nel nord del Paese. Nella notte della veglia il sacerdote ha amministrato 60 battesimi, per la maggior parte a giovani adulti e adolescenti. La sfida del crescente materialismo e l’abbandono scolastico. La scelta “controcorrente” di due giovani tribali che decidono di sposarsi.

Mae Suay (AsiaNews) - La Pasqua in Thailandia cade sempre nella stagione calda, che segue quella fredda e precede la stagione delle piogge. Se la Pasqua è segno di rinascita, qui in Thailandia - o almeno al nord dove sono io - è interessante vedere come la natura abbia un corso tutto suo che agli occhi di noi mortali potrebbe sembrare strano, ma che invece, nella logica di Dio, ha un senso di vita e rinnovamento. Le foglie cadono dagli alberi, un evento non così “ovvio” in un Paese tropicale! Ad esempio al Sud della Thailandia gli alberi sono sempre verdi! Vedere che gli alberi si spogliano nella stagione in cui, di logica, dovrebbe rinascere tutto fa un po’ effetto. Ma la cosa strana è che gli alberi non restano più di una settimana senza foglie. Quelle gialle non sono ancora tutte cadute, che già i germogli rimpiazzano le foglie morte… Come in un ciclo continuo o, come si canta nella  “sequenza” pasquale, “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello”. 

Penso che la nostra vita di cristiani sia un po’ così: un continuo “duello “ tra le nostre morti e rinascite quotidiane; o meglio, un ciclo continuo di avvenimenti non casuali, ma dettati da una legge che sta al di sopra di noi, la legge di Dio che noi chiamiamo Amore. Se perdiamo di vista questa semplice considerazione, che è il fondamento della nostra vita cristiana, allora è facile cadere nella “ripetitività” di una vita piatta e senza senso… Dico questo perché nella mia missione sono circondato da due tipologie di persone: la prima è composta dagli “anziani”, che nella loro saggezza e semplicità vedono tutto come opera di un grande disegno divino. La maggior parte di loro viene dalle religioni animiste e tradizionali e sa bene che la natura è un qualcosa su cui l’uomo non ha potere assoluto, perché dominata dagli “spiriti”. Per loro è facile vedere negli avvenimenti la presenza divina.

Parte del nostro ministero è infatti legato alla benedizione di semi, campi, croci da porre nei luoghi di lavoro e nei campi stessi, etc… cose che il mondo “globalizzato” ha rigettato come se tutto fosse il frutto di superstizione e bigottismo. Invece, vedere la presenza di Dio in ciò che si fa e ci circonda aiuta a vivere in una dimensione “sacra” di cui spesso dimentichiamo persino l’esistenza. 

L’altra tipologia di persone sono i giovani. Io lavoro prevalentemente con i tribali di etnia “Akhà” i quali, scendendo dai villaggi e frequentando la scuola assieme ai thailandesi, vedono quello che fanno i loro coetanei thai e li imitano… Purtroppo solo in negativo. La mancanza di ideali e di progetti personali circa il futuro, fa tutto il resto. Qui al nord della Thailandia siamo appena entrati nella seconda generazione di “simpatizzanti” del cristianesimo e già la maggior parte non ne vuole sapere… Che fatica portare i figli dei nostri cattolici a Messa e alla catechesi al centro! E quando vado al villaggio a dire la Messa, fanno di tutto per non esserci. Cosa fare? Può la vita di un giovane essere diretta e motivata solo dall’esempio di calciatori, cantanti, telenovelas e cellulari? Può un giovane buttare il suo futuro nella spazzatura per un cellulare? Come non interpretare questi comportamenti come delle piccole “morti” o sconfitte?

Sconfitte che ogni ragazzo e ragazza porta sulle proprie spalle con indifferenza, senza pensare che la mancanza di ideali può portare solo a ripiegarsi su se stessi fino al punto di non far fruttare il tempo speso per lo studio, col rischio di restare al villaggio o venire sfruttati a Bangkok per un lavoro sottopagato. Come i quattro ragazzi di seconda media che quest’anno, senza nemmeno finire la scuola, hanno abbandonato gli studi col silente consenso dei genitori. E qual è stato il loro primo atto? Comprare birra e sigarette, postando le foto su Facebook… Questa è la libertà che bramano. Ma ragazzi di seconda media possono veramente pensare di avere il mondo in mano? E i genitori?

In mezzo a tutto questo, però, vi sono alberi che “creano” nuove foglie. Quest’anno ben 47 ragazzi, tra i 15 e i 19 anni, hanno chiesto di ricevere il Battesimo. Alla fine ne sono stati ammessi solo 14, ma questo rappresenta già un bel numero. Una giovane coppia di un villaggio dei monti ha deciso, dopo anni di convivenza, di ricevere il sacramento del matrimonio. Essi sanno bene che la parola “fedeltà” non fa parte del vocabolario della loro etnia, ma già il fatto di andare “controcorrente” dove spesso vige la legge del “branco”, è un forte segno di rinascita e speranza per il futuro.

Più di 45 ragazzi provenienti dai nostri villaggi hanno chiesto di poter entrare negli ostelli della missione. Questo è un segnale che le famiglie cattoliche, che sempre più hanno possibilità economiche tali per poter essere autosufficienti, vedono nel nostro modello educativo validità e serietà. Sanno bene che mandare i loro figli da noi vuol dire farli crescere da cristiani, insegnar loro a essere parte attiva e propositiva nella società. Ma non sempre i figli sono dello stesso parere! Come poi non pensare a tutta la rete di solidarietà che scatta nei villaggi, quando si tratta di persone malate o che hanno bisogno di periodi di disintossicazione dalla droga? Semi di Vangelo che agiscono sulla vita sociale che stanno lentamente cambiando la mentalità della gente, anche se ci vorrà molto tempo. 

La Pasqua: nella Veglia del Sabato Santo ho avuto la gioia di amministrare ben 60 battesimi, la maggior parte giovani adulti e adolescenti. Tanti semi gettati nei vari villaggi, con la speranza che possano moltiplicarsi. Tra loro sei catechisti. Voi penserete: sono catechisti e non erano battezzati?! Eh si, qui succede anche questo, ma questa è una “storia” che vi racconterò un’altra volta! Ecco quindi che la vita alla missione di Mae Suay procede in questo modo: anche noi, come le foglie degli alberi, cadiamo ma siamo sempre pronti a rinascere perché Gesù è al centro della nostra vita.

Quest’anno poi è un anno particolare: il prossimo mese di maggio celebreremo i 25 anni di fondazione della missione. Lo scorso mese di luglio siamo entrati nella fase preparatoria, soprattutto quella necessaria preparazione spirituale che possa aiutare a cogliere in tutto quello che è stato fatto la presenza del Signore. Nelle prossime settimane finirò il giro dei 29 villaggi. A tutti sto proponendo lo stesso brano di Vangelo e la stessa predica per poter camminare insieme su tre linee comuni: essere in grado di indicare Gesù Cristo a chi non lo conosce e tra di noi; essere suoi testimoni; cercarlo sempre senza stancarci, sull’esempio di Giovanni Battista che ha fatto della sua vita un continuo diminuire per esaltare il Cristo. Andare al villaggio è farsi partecipe delle morti e delle rinascite della gente, anche se spesso è difficile capire certe situazioni…

Vi chiedo quindi una preghiera particolare, perché la missione di Mae Suay possa continuare a cercare il Signore, ad indicarlo e a testimoniarlo nonostante i nostril limiti e debolezze. E vi chiedo una  preghiera anche per me: sono stato nominato parroco della missione e con molta trepidazione ho accettato… Sarò in grado di farlo? Il giorno che ho dato la risposta al mio superiore per poi riferirla al vescovo, mi sono trovato davanti al cartellone della mia ordinazione sacerdotale, dove noi preti Pime del 2008 abbiamo scelto la frase di Dio detta a Mosè : “Ora va, io ti mando”.

Come poter dubitare di fronte al “mandato” di Dio?

Buona Pasqua a Tutti

* P. Valerio Sala è un missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), originario della provincia di Milano, in Thailandia da sei anni.

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