24/03/2016, 11.31
PAKISTAN - EUROPA
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Paul Bhatti: Diplomazia e intelligence contro il terrore. O l’Europa sarà il nuovo Pakistan

Il leader cattolico pakistano sorpreso e scioccato dagli attacchi a Bruxelles. Egli descrive la capitale belga come una “città militarizzata”. Ma l’apparato di sicurezza “non ha saputo sventare la minaccia”. Lo Stato islamico ha generato “terrore in tutto il mondo”. All’Europa servono politici e diplomatici preparati ad affrontare la minaccia. Necessario risolvere la questione immigrazione. 

Bruxelles (AsiaNews) - Se l’Europa non prenderà misure efficaci contro il terrorismo, corre il pericolo di “diventare un nuovo Pakistan”, una realtà in cui la situazione “sarà ancora più grave” e la violenza “più sanguinaria”. Nel Paese asiatico la popolazione “convive e, in qualche modo, ha fatto il callo agli attacchi”, mentre l’Occidente e la sua gente “non è preparato per questo”. È quanto afferma ad AsiaNews Paul Bhatti ex ministro federale per l'Armonia nazionale e leader di All Pakistan Minorities Alliance (Apma), in prima fila nella lotta contro l’estremismo e la barbarie fondamentalista in Pakistan.

Il leader cattolico, fratello dell’ex ministro Shahbaz massacrato dai fondamentalisti islamici il 2 marzo 2011, si dice “scioccato” dagli attacchi del 22 marzo a Bruxelles, nel cuore del continente e della sua Unione politica. “Con tutte le risorse militari e di intelligence - afferma - non mi capacito di come non siano riusciti a bloccarli”. L’Europa attraversa una grave “crisi economica e identitaria” e se si aggiunge “anche il pericolo terrorismo, si scatenerà il panico e la gente vivrà nel terrore. Servono risposte urgenti e dai massimi livelli”. 

Paul Bhatti viaggia di frequente a Bruxelles, per incontrare politici e diplomatici, perorando la causa dei cristiani e delle minoranze in Pakistan oltre che una lotta a tutto campo contro estremismi e fanatismi di ogni genere e bandiera. “Ho appreso la notizia dell’attacco da un amico - racconta - che mi ha telefonato per sapere dove fossi e se stessi bene, sapendo che negli ultimi periodi ho trascorso diverso tempo nella capitale belga”. “Ho visto una città sempre più militarizzata - racconta il leader Apma - e un enorme apparato di sicurezza per le strade. Eppure resta il rammarico e lo stupore, perché non sono stati in grado di prevenire questo attacco anche se l’allerta era massima. In passato, a Londra e Madrid, non vi era questa attenzione, ma ora un attentato era nell’aria. Sono deluso per questo fallimento dell’intelligence”.

Egli ricorda l’arresto dei giorni scorsi di Salah Abdeslam, terrorista francese naturalizzato belga e responsabile degli attacchi di Parigi del 13 novembre, e spiega: “Una parte di me era felice per il fermo; tuttavia era triste vedere tutto un apparato statale, dal premier belga al collega francese, incollato alle tv a guardare l’operazione della cattura come fosse un grande spettacolo”.

Lo Stato islamico per Paul Bhatti è una minaccia reale “che ha saputo creare attorno a sé un sistema di finanziamento efficace” [si parla di fondi da Arabia Saudita, Qatar, aiuti anche logistici dalla Turchia] e ha centrato l’obiettivo di “generare terrore in tutto il mondo”. Del resto l’Isis, Boko Haram, i talebani, al Qaeda “sono facce diverse della stessa ideologia”; una deriva fondamentalista sfruttata per prima dalla rete del terrore di Bin Laden che, nata e cresciuta dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan, ha saputo sfruttare un “crescente sentimento anti-americano e anti-occidentale”  in Pakistan, “diffondendosi sempre più”. 

I bombardamenti, gli attacchi dei droni, le vittime civili, i bambini, le donne e gli anziani uccisi hanno generato un desiderio di rivalsa, che il movimento estremista islamico ha saputo raccogliere e alimentare. “Il Pakistan - afferma Bhatti - è il Paese che ha pagato il tributo maggiore in termini di violenze, non solo fra i civili ma anche nella leadership politica e istituzionale. Shabhaz, il governatore del Punjab Salman Taseer, l’ex premier Benazir Bhutto. E poi, la strage alla scuola militare a Peshawar in cui sono morti 140 bambini”. 

In Pakistan come in Europa, fa “piangere il cuore vedere questi morti e feriti”. “Ho pensato alla lotta di mio fratello - afferma Paul Bhatti - la lotta per la giustizia sociale, contro la ‘talebanizzazione’ del Paese, perché uno Stato non può tollerare il lavaggio del cervello ai bambini, violentati nella mente e nello spirito dalla più tenera età”. 

Per contrastare questa deriva fondamentalista, anche e soprattutto in Europa, serve una classe di politici, diplomatici, statisti “preparata e capace di relazionarsi” con chi - governi, enti, elementi dello Stato - gioca una doppia partita “con i gruppi jihadisti: condannandoli da un lato, corteggiandoli dall’altro”. “Purtroppo qui in Occidente - chiosa - manca una vera classe politica e diplomatica che sappia conoscere a fondo questo tipo di cultura”. 

Da ultimo, il leader cattolico invita a non fomentare attacchi contro islam e immigrati. “Non sono d’accordo - afferma - con la chiusura delle frontiere, però va effettuata una verifica seria dei richiedenti asilo. Non bisogna lasciarsi ingannare dal ricatto morale del bambino morto sulla spiaggia, delle vittime fra i minori, che rappresentano certo un dramma. Tante volte i terroristi sfruttano queste vicende per superare confini e frontiere”. E non è vero che i profughi musulmani siano cattivi e i cristiani i buoni, e da accogliere: “Bisogna fare attenzione - conclude - e affrontate la questione da un punto di vista politico, economico e sociale. Contrastando quanti favoriscono immigrazione clandestina e tratta di vite umane, sulla quale hanno costruito imperi economici”. 

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