29/05/2009, 00.00
CINA
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Pechino costretta a rispondere alle memorie di Zhao su Tiananmen

Dura presa di posizione di media semiufficiali, che dichiarano “inoppugnabile” e “incontestabile” la condanna di Zhao, e con lui del massacro di Tiananmen. Ma esperti osservano che le modalità della risposta fanno pensare a contrasti interni nel Partito. Agli arresti domiciliari i principali dissidenti.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il giudizio del Partito comunista cinese (Pcc) su Zhao Ziyang, defunto leader riformista e contrario al massacro di piazza Tiananmen, è “inoppugnabile” e “fondato su dati storici incontestabili”. Pechino affida all’agenzia semiufficiale Hong Kong China News  la sua risposta al libro delle memorie di Zhao (“Prigioniero dello Stato”), dopo settimane di imbarazzato silenzio. Intanto ha messo agli arresti i principali dissidenti democratici, per evitare che intervengano per l’anniversario dei 20 anni dal 4 giugno 1989.

Il duro commento è apparso ieri in tre giornali di Hong Kong vicini al Pcc e nell’edizione di Hong Kong del China Daily (giornale in lingua inglese molto più letto dagli stranieri che dai cinesi) a firma di tale Zhong Zhengping, ritenuto nome di fantasia. A Hong Kong è uscito il libro di Zhao: l’edizione in inglese è andata a ruba e quella in cinese, uscita oggi, in poche ore ha esaurito le 14mila copie della prima tiratura.

L’articolo non parla del massacro di Tiananmen, che Pechino vorrebbe far cadere nell’oblio, ma ripete che non è pensabile alcuna revisione del giudizio su Zhao, allora segretario del Partito criticato perché si è opposto all’intervento dell’esercito e ha così creato “divisione” nel Partito, confinato agli arresti domiciliari sino alla morte nel 2005. Tende a sminuire il ruolo di Zhao nelle riforme e nella modernizzazione della Cina, a favore del leader supercelebrato Deng Xiaoping. Con ciò rifiuta qualsiasi dialogo sul movimento degli studenti del 1989, bollati da Pechino come antirivoluzionari, ma che sempre più voci chiedono di riconsiderare quali sinceri patrioti che chiedevano meno corruzione e più democrazia.

Il giorno prima 27 maggio tale Qi Lin (pure ritenuto uno pseudonimo) sugli stessi giornali ha attaccato i media occidentali, che  “strombazzano" le memorie di Zhao per fare pressioni indebite sul governo cinese, rivedendo il giudizio sulle proteste del 1989 e piegandosi ad adottare una forma di democrazia occidentale.

Il massacro del 4 giugno è argomento tabù per il Pcc ed esperti concordano che l’aver dovuto dare una risposta dimostra come il libro di Zhao abbia toccato un nervo sensibile e causato ampie reazioni interne e dibattito pubblico nel Paese e all’estero.

Le modalità della risposta –affidata a un’agenzia semiufficiale- fanno ritenere ad alcuni analisti che queste affermazioni riflettano la posizione di alcuni leader, ma non dell’intera dirigenza del Pcc.

L’analista Poon Siu-to di Hong Kong osserva al quotidiano South China Morning Post che di solito le posizioni ufficiali del Pcc sono pubblicate sul Quotidiano del Popolo o su Xinhua.

L’esperto storico-politico Paul Lin di Taipei ritiene persino possibile sia in atto uno scontro interno per la revisione del giudizio su Zhao.

Il professor Joseph Cheng Yu-shek dell’Università della Città di Hong Kong commenta che “se una semplice revisione storica causa simile subbuglio, dobbiamo interrogarci sulla legittimità e sulla stabilità del regime”.

Intanto, con l’avvicinarsi del 4 giugno, è massima la sorveglianza sui principali dissidenti cinesi. Bao Tong, ex aiutante di Zhao da 20 anni agli arresti domiciliari e collaboratore nella stesura delle memorie, è stato “allontanato” dalla sua casa di Pechino. Il figlio Bao Pu precisa che “è stato d’accordo a farlo” e a prendersi una “vacanza” sui monti dell’Anhui fino al 7 giugno.

Sono agli arresti domiciliari sotto stretta sorveglianza Qi Zhiyong, che in piazza Tiananmen ha perso una gamba, e Jiang Qisheng, professore di filosofia incarcerato nel 1999 per sovversione per avere cercato di commemorare il 10° anniversario del massacro.

Ieri le Madri di Tiananmen, gruppo di 128 parenti che la notte del 3-4 giugno hanno perso i figli nella piazza, hanno di nuovo chiesto “a chiunque abbia informazioni su quella tragedia” di rivelare il destino dei molti giovani che sono scomparsi ma che si ignora se siano morti o in carcere da allora. Hanno anche chiesto un’indagine ufficiale, un risarcimento per i parenti delle vittime e la punizione dei responsabili.

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