31/03/2007, 00.00
CINA
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Pechino vuole aumentare il controllo sulle minoranze etniche

Annunciato ieri lo stanziamento di fondi per favorire lo sviluppo economico della zone abitate da minoranze etniche, spesso tra le più povere del Paese. Ma anche la creazione di un sistema di specifico controllo sociale delle minoranze, per impedire proteste. Speciale attenzione per gli uighuri dello Xinjiang e per il Tibet.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo destinerà fondi per migliorare le condizioni di vita di 100 milioni di cinesi appartenenti a 55 minoranze etniche. Sono gruppi sociali tra i più poveri della Nazione, il cui malcontento è spesso esploso in gravi proteste di piazza. Ma analisti ritengono che Pechino vuole piuttosto istituire meccanismi di maggior controllo sociale.
 
L’11° Piano quinquennale ha previsto per la prima volta interventi specifici a favore di queste minoranze, distinti da quelli destinati al resto della popolazione. Si vogliono migliorare infrastrutture e ambiente, favorire lo sviluppo dell’economia locale, combattere la povertà, migliorare lo standard di vita e creare “rapporti armoniosi” tra le diverse etnie.
 
Danzhu Angben, vicedirettore della Commissione statale per gli Affari etnici, ha detto ieri durante una conferenza stampa che altri 112 milioni di yuan saranno destinati ogni anno alle 22 piccole minoranze che hanno meno di 100mila unità, per 630mila persone totali. Ha insistito che “in Cina i gruppi etnici godono di status uguale e vivono in armonia. Non ci sono discriminazioni”.
 
La rapida crescita economica non ha impedito il permanere di diffuse zone povere tra la popolazione rurale, spesso impoverita per la mancanza di servizi sociali e il grave inquinamento. Ora Pechino afferma che le proteste sociali, aumentate negli ultimi anni e spesso esplose in veri scontri di piazza tra polizia e migliaia di persone,  siano conseguenza del più lento sviluppo economico di alcune zone. Ma esperti osservano che, se la povertà causa certo malcontento, le proteste sono in genere una reazione alle violazioni dei diritti e che avvengono allo stesso modo in zone dove la popolazione è di etnia han. Così nello Yunnan le proteste delle minoranze etniche sono avvenute contro la costruzione di una diga controversa.
 
Inoltre Pechino da decenni ha favorito la migrazione dell’etnia han (che costituisce il 90% della popolazione) in zone di diversa tradizione culturale ed etnica, come il Tibet e lo Xinjiang, spesso privilegiando gli han nei commerci e nei posti di comando e proibendo persino l’uso della lingua locale. Di fronte alle inevitabili proteste ora il governo, mentre stanzia aiuti economici per queste zone, dice anche che entro il 2010 creerà un apparato di controllo specifico per queste minoranze, per “impedire le attività separatiste e mantenere la stabilità sociale e la sicurezza nazionale”. Intanto per la prima volta Pechino dice che nelle scuole saranno destinati “un maggior numero” di professori bilingue, che parlano sia il mandarino che la lingua locale.
 
La Cina indica sempre il grave pericolo del terrorismo nello Xinjiang, residenza di oltre 8 milioni di islamici uighuri che hanno lingua e tradizioni più affini all’Asia centrale che al resto del Paese. Come pure dice che teme tentativi secessionisti nel Tibet fomentati dal Dalai Lama, in esilio, e punisce persino chi ha una sua fotografia.
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