16/02/2021, 14.28
CINA
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Pechino è la prima a diffondere false informazioni sul Covid-19

Seguono Russia, Iran e Usa. Teorie cospirative amplificate su Twitter e Facebook. Tweet complottisti di diplomatici cinesi condivisi da centinaia di milioni di utenti social. La triangolazione Pechino-Mosca-Teheran. La Cina ha reagito alle accuse di Trump.

Washington (AsiaNews) – La Cina è la prima a diffondere false informazioni sulle origini del Covid-19, seguita da Russia, Iran e Stati Uniti. È la conclusione di un’indagine lunga nove mesi dell’Associated Press, in collaborazione con il Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council. Pubblicata ieri, la ricerca si basa sull’analisi di milioni di post e articoli sul web.

Il dato più evidente è l’uso dei social network da parte del governo cinese per far circolare o amplificare teorie cospirative sulla creazione negli Usa del coronavirus. Da fine 2019 i diplomatici cinesi hanno raddoppiato i profili Facebook e triplicato quelli su Twitter, entrambi fuorilegge nel loro Paese. La teoria più in voga nella blogosfera cinese è quella della diffusione del Covid da parte degli atleti Usa durante i Giochi militari di Wuhan nell’ottobre 2019.

Un ruolo chiave in queste campagne di disinformazione lo ha avuto Zhao Lijian, un portavoce del ministero degli Esteri. L’11 e il 12 marzo egli ha pubblicato 11 tweet che gli utenti web hanno citato 99mila volte nelle successive sei settimane. Gli account che li hanno rilanciati – in 54 lingue – avevano quasi 275 milioni di follower. Gli hashtag usati dal diplomatico cinese nella sua “tempesta Twitter” sono stati visti 314 milioni di volte su Weibo, il popolare social cinese di microblogging.

Il messaggio di Zhao è stato rilanciato dal governativo Global Times e da almeno 30 profili social di diplomatici cinesi. Sostegno è arrivato anche da media russi, il ministero degli Esteri venezuelano e utenti web legati alla famiglia reale saudita. 

Oltre che su Twitter, Facebook e YouTube, la disinformazione cinese è alimentata su Weibo, WeChat e una serie di siti che condividono video come Haokan, Xigua, Baijiahao, Bilibili, IQIYI, Kuaishou e Youku. Sfruttato anche Douyin, la versione cinese di TikTok.

Secondo gli esperti Nato, Pechino ha preso in prestito strategie di disinformazione elaborate dai russi. Per far arrivare il proprio messaggio, il regime cinese ha fatto anche uso di quinte colonne del Cremlino in Europa e Nordamerica che “ripuliscono” le informazioni. Grazie alle loro competenze tecnologiche, i cinesi hanno sfruttato al meglio questa rete di contatti.

La teoria dell’arma biologica sviluppata dagli Usa è stata “gonfiata” anche con l’aiuto dell’Iran. Per giustificare il rifiuto a ricevere aiuti sanitari dall’estero, alcuni leader iraniani – inclusa la guida suprema Ali Khamenei – hanno affermato che il coronavirus è una arma biologica, parte di un complotto ordito da Washington. Con l’aumento dei morti, in aprile Mosca e Teheran hanno abbandonato in larga parte questa narrativa, a differenza di Pechino che ha invece continuato su questa linea.

Con la loro propaganda i cinesi hanno reagito alle prese di posizione dell’ex presidente Usa Donald Trump, che più volte ha accusato il gigante asiatico di aver prodotto il virus in un laboratorio di Wuhan. Attacchi sostenuti nella rete da gruppi complottisti pro-Trump come QAnon. Secondo un’indagine del Pew Research Center, uno statunitense su tre crede che il coronavirus sia stato sviluppato in modo artificiale. Per il team di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità che ha visitato di recente Wuhan, l’ipotesi della creazione del virus in un laboratorio cinese è però “molto improbabile”.

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