04/03/2005, 00.00
CINA
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Pechino: la Corte suprema rivendica il monopolio delle condanne a morte

E' allo studio un progetto di legge che gli esperti giudicano "irragionevole".

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Corte Suprema del popolo vuole proibire ai tribunali regionali e  provinciali di emettere condanne a morte. La manovra rientra nel piano di "ricentralizzazione" del potere giudiziario in un unico organo centrale.

Esperti di legge obbiettano però che la manovra rende "ridondante" tutta la struttura delle corti. Per He Weifang, professore alla facoltà di legge dell'università di Pechino, "centralizzare l'intero potere giudiziario farà esclusivamente andare le cose peggio. E' semplicemente irragionevole". Secondo He per centralizzare il potere di emettere sentenze capitali si dovrebbe assumere molto più personale, senza che vi siano risorse umane adeguate. Il professore ricorda che questo fu  uno dei motivi per i quali lo stesso potere venne decentralizzato nel 1983, nel tentativo di ridurre gli altissimi tassi di criminalità.

La bozza di emendamento sulle sentenze capitali è stata già sottoposta alla Corte dell'Organizzazione legislativa alla fine del 2004. Una fonte anonima della Corte suprema del popolo ha detto: "Se tutto va bene, la corte avrà di nuovo il potere esclusivo di emettere e commutare le sentenze di morte entro l'anno prossimo".

Intanto l'Alta corte del popolo di Pechino, uno degli organismi in discussione, ha emesso ieri 4 sentenze di morte. Le sentenze sono state emesse contro Zhang Entai, 51 anni, e Zhang Shuangli, 38, accusati di necrofilia e di omicidio; Li Honglin, 25 anni, condannato per aver accoltellato a morte la fidanzata; Wang Kai, 25 anni, condannato per aver picchiato a morte un coetaneo dopo un furto.

La Cina da sola esegue il 90% delle pene capitali in tutto il mondo. Nel 2003 vi sono state 5 mila condanne a morte. Esponenti del partito dicono però che le cifre reali sono almeno il doppio.

La pena di morte in Cina è prevista per i crimini definiti "più gravi", che comprendono però anche  la corruzione e numerosi altri reati non violenti. Una volta arrestato, l'imputato non ha pieno diritto all'assistenza legale immediata: ciò avviene, solitamente, al termine degli interrogatori condotti dalla polizia e anche in questo caso tale diritto viene spesso negato o limitato. Spesso durante i primi interrogatori la persona arrestata viene torturata e costretta a "confessare" il reato. La "confessione" può così essere usata in tribunale e determinare la condanna a morte. In violazione degli standard internazionali, la legge cinese non prevede la presunzione di innocenza.

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