02/10/2015, 00.00
CAMBOGIA - VIETNAM

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Phnom Penh nega asilo politico a nove montagnard vietnamiti in fuga dalle persecuzioni

Il gruppo ha viaggiato fino alla capitale in cerca di aiuto, senza essere scoperto. Essi denunciano “persecuzioni a sfondo politico” da parte delle autorità comuniste di Hanoi. Funzionario Onu: "Continua la campagna dei respingimenti da parte del governo cambogiano". Solo 13 richieste di asilo approvate su 200 nel 2015.

Phnom Penh (AsiaNews) - Le autorità cambogiane hanno respinto la richiesta di asilo politico presentata ieri da un gruppo di nove montagnard del Vietnam, che avevano viaggiato - senza essere scoperti - fino a Phnom Penh in cerca di aiuto. Il gruppo è arrivato nella capitale cambogiana lo scorso 30 settembre; scoperti dalle autorità, essi sono stati presi in consegna dai funzionari del ministero degli Interni, che si è rifiutato di registrare i loro nomi. Interpellata da Radio Free Asia (Rfa) Wan-Hea Lee, rappresentante in Cambogia dell’Alto Commissariato Onu per i diritti umani (Unhcr), conferma che “anche a loro, come a tutti gli altri quest’anno, le autorità hanno negato il visto”. 

I nove montagnard hanno viaggiato attraverso la provincia nord-orientale di Ratanakiri, in direzione della capitale Phnom Penh; essi temono il rimpatrio in Vietnam, dove sono vittime di “persecuzioni a sfondo politico”. Anche in queste ultime settimane si sono verificati diversi arresti, e alcuni rilasci, di esponenti della minoranza etnico-religiosa da parte delle autorità di Hanoi. 

Di recente il governo cambogiano ha imposto all’agenzia Onu per i rifugiati un limite massimo di tre mesi entro il quale tutti i richiedenti asilo montagnard cristiani, fuggiti dal Vietnam nei mesi scorsi, dovranno tornare in patria. Phnom Penh si rifiuta infatti di concedere lo status di rifugiati alla minoranza cristiana, originaria degli altipiani centrali del Paese, perseguitata dal governo comunista per ragioni di carattere politico e confessionale. 

Delle oltre 200 persone che hanno attraversato il confine nell’ultimo anno, solo 13 hanno ricevuto dal governo cambogiano lo status di rifugiati; tuttavia, essi non potranno stabilirsi nel Paese ma dovranno cercarsi - con l’aiuto dello Unhcr - una sistemazione in una nazione terza. 

Già nelle scorse settimane Phnom Penh aveva attuato la politica dei rimpatri, con decine di famiglie rimandate oltre-frontiera in Vietnam “manu militari”; attivisti e associazioni pro diritti umani criticano con forza questa decisione, che solleva più di un dubbio in materia di tutele e sicurezza dei rifugiati. Ong internazionali ed esperti hanno più volte denunciato in passato una “sistematica” persecuzione della minoranza cristiana da parte di Hanoi, caratterizzata da “arresti arbitrari, detenzioni, torture e altri trattamenti disumani”. 

Fonti locali riferiscono che i rimpatri dei montagnard hanno un carattere “politico”, perché proprio il mese scorso il governo ha sottoscritto un accordo con l’Australia che apre le porte a due migranti Rohingya finora rinchiusi in un centro di accoglienza temporaneo a Nauru, in Micronesia. 

Nel 2001 e nel 2004 almeno 2mila montagnard - originari delle zone montuose del centro del Vietnam - sono emigrati in Cambogia per sfuggire alle violenze delle autorità di Hanoi; il regime comunista li perseguita e confisca i loro terreni per la fede cristiana, per il sostegno fornito alle truppe statunitensi ai tempi della guerra, e soprattutto per impossessarsi dei loro terreni. La maggior parte di loro ha ottenuto asilo politico, con Washington in prima fila nella concessione di visti. Negli ultimi anni è ripreso l'esodo e sempre più famiglie tentano di attraversare la frontiera, in cerca di riparo nella vicina Cambogia. Con l'aiuto dell'Onu, alcuni hanno fatto richiesta di asilo politico, anche se molti esitano a contattare le autorità di Phnom Penh, nel timore di essere rimpatriati. 

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