21/01/2014, 00.00
CAMBOGIA
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Phnom Penh: 11 attivisti arrestati, parte la "linea dura" contro le proteste

La polizia ha fermato il gruppo mentre cercava di consegnare una petizione ad ambasciate straniere. L’obiettivo è mobilitare l’opinione pubblica sulla vicenda di 23 cambogiani imprigionati a inizio mese durante le proteste antigovernative. L’opposizione assicura che “non fermerà” la propria lotta. Leader Adhoc: in Cambogia deriva “comunista totalitaria”.

Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) - Questa mattina la polizia cambogiana ha arrestato 11 attivisti mentre tentavano di consegnare una petizione ad alcune ambasciate straniere a Phnom Penh; l'obiettivo è mobilitare l'opinione pubblica internazionale per la liberazione di una ventina di manifestanti anti-governativi fermati durante le brutali repressioni di inizio mese volute dalle autorità di governo. Chan Soveth, rappresentante dell'organizzazione pro-diritti umani Adhoc, afferma che gli attivisti fermati stavano cercando di consegnare la petizione a quattro rappresentanze diplomatiche straniere, fra cui Stati Uniti e Francia. E aggiunge che il Paese sta vivendo una deriva di natura "comunista e totalitarista". Sulla situazione in Cambogia sono intervenute nei giorni scorsi anche le Nazioni Unite, manifestando "profondo allarme" per lo "sproporzionato" uso della forza da parte delle autorità di sicurezza.

Le 23 persone di cui si chiede la liberazione sono stare arrestate a inizio gennaio, mentre partecipavano alle manifestazioni di piazza contro il governo del premier Hun Sen che hanno suggellato l'unione fra operai del tessile e opposizione parlamentare. La polizia non ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali e non spiega quale sia la motivazione (e il capo di accusa) che ha portato al fermo odierno degli 11 attivisti. Raggiunto dall'Afp al telefono mentre veniva condotto in carcere, il presidente della Confederazione dei sindacati cambogiani Rong Chhun ha affermato che "non abbiamo commesso alcuna violenza", ma "abbiamo solo esercitato la nostra libertà di espressione".

Intanto l'esecutivo guidato dal Primo Ministro Hun Sen ha proibito manifestazioni pubbliche, proteste di piazza e scioperi nella capitale Phnom Penh. Secca la replica del leader dell'opposizione Sam Rainsy, il cui movimento "non fermerà" la lotta sino a che non otterrà le dimissioni del premier e dell'intero governo.

Nella seconda metà del 2013 decine di migliaia di operai, guidati dai due principali sindacati, hanno indetto a più riprese manifestazioni di protesta contro l'esecutivo. Sindacati di categoria, lavoratori, opposizione premono per un raddoppio del salario minimo: dagli attuali 80 dollari al mese, a 160. Tuttavia, sinora sono riusciti a ottenere un aumento di 15 dollari mensili (il governo ha offerto un massimo di 100), applicato a partire dal mese di aprile 2014. Gli scioperi minacciano di paralizzare l'industria manifatturiera, fra le più fiorenti e vitali con 650mila occupati e un volume di affari multi-miliardario, legato alla produzione di capi di abbigliamento per grandi marche occidentali.

Per la prima volta in quasi 30 anni al potere, il premier Hun Sen deve affrontare un malcontento popolare crescente e diffuso; l'unione di intenti fra opposizione parlamentare e operai del tessile potrebbe costituire una sfida aperta al suo dominio decennale e sinora incontrastato. Esperti di politica cambogiana sottolineano che "se i due movimenti fossero lasciati liberi di unirsi ed emergere, rappresenterebbero una gravissima minaccia per il regime di Hun Sen". Per questo le autorità hanno ritento necessario l'uso della forza per reprimere sul nascere la deriva che aveva assunto il malcontento popolare.

 

 

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