01/09/2011, 00.00
CAMBOGIA
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Phnom Penh: rischia l’arresto il monaco attivista che si batte contro gli espropri

Loun Sovath, 30 anni, ribattezzato il “monaco multimediale”, nel mirino dell’autorità e dei suoi superiori. Cacciato dai monasteri della Cambogia, potrebbe essere incarcerato per la lotta a difesa di poveri e contadini. Alle minacce risponde con un maggiore impegno nel difendere “i nostri diritti”. Proibito a monaci e studenti universitari di incontralo.
Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – Il “monaco multimediale” e attivista per i diritti umani Loun Sovath continuerà la propria battaglia contro gli espropri forzati dei terreni, nonostante il timore concreto di un arresto su ordine delle autorità cambogiane. Egli è già stato bandito da tutti i monasteri del Paese, per la sua lotta favore di poveri e semplici cittadini. Non Nget, patriarca supremo della pagoda di Ounalom a Phnom Penh, ha inoltre minacciato di espulsione altri cinque monaci – insieme a 10 studenti universitari – perché hanno avuto dei “contatti” con Loun Sovath in occasione di una sua visita al monastero, dove ha vissuto a lungo nel recente passato.

Il “monaco multimediale”, 30 anni, è forse il monaco buddista più famoso e attivo della Cambogia: per le sue ripetute denunce di abusi, espropri e trasferimenti forzate, egli è stato messo al bando dai templi – ai religiosi è vietato occuparsi di “politica” o partecipare a manifestazioni di piazza – e ha rischiato più volte l’arresto. Tuttavia, non intende abbandonare la lotta a favore dei più deboli: “Più mi minacciano – ha affermato il venerabile – più mi batterò per i nostri diritti”.

Il soprannome dato a Loun Sovath deriva dal fatto che in passato ha filmato le operazioni di esproprio dei terreni, distribuendo le immagini ai media. In Cambogia ancora oggi la figura del monaco è vista con rispetto, ma è raro vedere venerabili e maestri lottare a fianco della popolazione nella difesa dei diritti. L’attivismo pacifico del “monaco multimediale” ha attirato l’attenzione di gruppi e associazioni umanitarie, il sostegno della popolazione, ma anche gli strali delle autorità che non tollerano contestazioni, soprattutto quando vi sono interessi economici in gioco.

Loun Sovath, entrato in un monastero a 13 anni, ha iniziato il suo impegno da attivista nel 2009, dopo aver assistito a un’esproprio nel proprio villaggio natale; in quel frangente la polizia ha aperto il fuoco contro civili inermi, che manifestavano a difesa delle terre. Per il suo impegno a favore dei diritti umani, egli è diventato un “obiettivo di alto profilo” secondo Phil Robertson, il vice-direttore per l’Asia di Human Rights Watch.

Intanto il Supremo patriarca della pagoda di Ounalom ha minacciato di espellere cinque monaci, perché – assieme a 10 studenti universitari – hanno avuto dei “contatti” con il “monaco multimediale”. Il venerabile Non Nget ha lanciato un vero e proprio ultimatum, perché altri monaci non seguano l’esempio di Loun Sovath. Tuttavia, fonti interne alla pagoda riferiscono dietro anonimato che il Supremo patriarca sarebbe vittima di pressioni politiche; egli avrebbe ricevuto ordini “dall’alto”, in cui gli veniva imposto di “mettere un freno” all’attivismo del suo ex discepolo.
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