24/09/2007, 00.00
CINA
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Politica del figlio unico: “lenta tragedia umanitaria” che mina lo sviluppo della Cina

Un noto demografo prevede che il controllo rigido delle nascite causerà presto l’invecchiamento della popolazione, la crisi della famiglia tradizionale e del sistema di sostegno degli anziani e un grave sbilanciamento tra i sessi. Occorre che il governo “abbandoni subito” questa politica.

Pechino (AsiaNews/C-Fam) – La politica cinese del figlio unico è una “lenta tragedia umanitaria” perché la diminuzione delle nascite “mina in modo diretto le possibilità di sviluppo futuro del Paese”. Il noto demografo Nicholas Eberstadt ha lanciato il duro monito durante il Foro economico mondiale di Dalian, tradizionale incontro di studiosi di fama mondiale.

Questa politica è definita “un tragico errore storico” e il governo potrà evitare la vicina tragedia solo se la abbandona “subito e senza riserve”. Secondo gli studi di Eberstadt, dal 2015 la popolazione attiva (tra 15 e 64 anni) diminuirà ed entro una generazione la forza lavorativa del Paese sarà inferiore all’attuale. Tra il 2005 e il 2030 i giovani tra 15 e 24 anni diminuiranno intorno al 20%, mentre ci sarà un aumento di chi ha più di 50 anni. Per il 2030 si prevede un raddoppio di chi ha oltre 65 anni, fino a 235 milioni.

Oltre all’invecchiamento generale, l’attuale politica crea una rivoluzione della famiglia tradizionale, che il governo vuole strutturare su un modello 4-2-1: 4 nonni, 2 genitori e un solo figlio. Ma la Cina è priva di un adeguato sistema pensionistico e, per cultura e per organizzazione sociale da 2500 anni, i figli provvedono alle esigenze dei genitori anziani. Con il calo delle nascite questo sarà sempre meno possibile, poiché le giovani coppie dovranno pensare ai loro 4 genitori.

Per di più la politica del figlio unico fa privilegiare ai cinesi i figli maschi e crea un grave squilibrio tra i sessi, che già vede nascere 123 neonati maschi ogni 100 femmine. In meno di una generazione – prevede lo studioso – ci sarà un surplus di decine di milioni di giovani rispetto alle donne in età coniugale.

Pechino giustifica questa politica, che nega il diritto fondamentale di scegliere quanti figli avere, con l’esigenza di combattere la povertà e preservare le risorse nazionali. Ma Eberstadt conclude che l’unico modo per affrontare questa crisi è abbandonare questa politica e puntare, piuttosto, all’eliminazione della povertà favorendo una migliore distribuzione dei mezzi e delle ricchezze, così da valorizzare le potenzialità delle risorse umane, invece che ridurre la popolazione in modo coatto.

Esperti osservano che molti demografi cinesi concordano con questa analisi, ma sono “riluttanti” a fare un’aperta critica del governo.

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