07/03/2011, 00.00
CINA
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Polizia ed elicotteri per fermare la “rivoluzione dei gelsomini”. Ma Pechino nega

Decine di migliaia di forze dell’ordine hanno controllato piazze e centri commerciali nel timore di sommosse. Decine di giornalisti sono stati fermati. Il ministro degli esteri nega che vi sia un’emergenza e che i giornalisti siano stati picchiati. La campagna dei media e di Ye Xiaowen contro il tentativo di imitare i Paesi arabi. L’appello per i cristiani protestanti di unirsi alla protesta. Continuano gli arresti di attivisti.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Decine di migliaia di poliziotti, guardie di sicurezza, guardie civili, volontari e perfino elicotteri hanno tenuto sotto alto controllo tutte le piazze centrali del Paese per bloccare sul nascere ogni segno di “rivoluzione dei gelsomini”. Nei giorni scorsi appelli anonimi sul web avevano chiamato a raccolta ieri, per la terza domenica, ogni cinese per esprimere con una “passeggiata” in luoghi designati il loro scontento verso la corruzione e i problemi del governo e della società.
 
In apparenza non si è visto nessuno che si potesse definire un “dimostrante”: le piazze e i centri dello shopping erano pieni come sempre di gente e passanti. Ma la polizia, in uniforme e in borghese, ha stabilito controlli ovunque, temendo soprattutto giornalisti e stranieri e domandando loro il passaporto e proibendo di fare interviste ai passanti. Decine di giornalisti stranieri, per la seconda domenica consecutiva, sono stati fermati a Pechino e Shanghai.
 
Nel giorni scorsi era apparso sul web anche un appello agli studenti universitari perché si unissero alle semplici proteste, definite “quattro passi del gelsomino”. Per questo ieri i quartieri universitari a Pechino e Shanghai e in altre città erano presidiate da agenti e macchine della polizia.
 
A Shenzhen, migliaia di poliziotti e guardie di sicurezza sono rimaste fuori dai McDonald’s di Huaqianbei, il posto designato per la “passeggiata”; altre centinaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa hanno atteso nelle camionette e nei bus. A Guangzhou la polizia filmava i passanti.
 
Pur con lo spiegamento di tutte queste forze, il ministro degli esteri, Yang Jiechi ha negato che ci sia tensione in Cina. In una conferenza stampa tenuta oggi al margine dell’Assemblea nazionale del popolo, egli ha dichiarato ai giornalisti che “non ho notato alcun segno di tensione [in Cina]”. Egli ha anche negato che giornalisti stranieri siano stati picchiati dalla polizia. La scorsa domenica, il 27 febbraio, un giornalista di Bloomberg è stato preso a pugni e calci da agenti in borghese nella zona di Wangfujing. “Non vi è stato alcun poliziotto che abbia picchiato giornalisti stranieri”, ha detto Yang.
 
Nonostante le rassicurazioni del ministro degli esteri, i giornali del Partito continuano ad accusare “
“gruppi di persone che con secondi motivi in patria e all’estero complottano contro la crescita della Cina e tentato di azzoppare lo sviluppo della nazione, incitando alla rivolta”.
 
Alla vigilia dell’apertura dell’Anp, anche Ye Xiaowen, segretario del partito all’Istituto centrale del socialismo, ha criticato gli stranieri che cercano di “creare il caos e tentano di sovvertire il governo cinese”. Ye ha affermato che il tentativo di imitare in Cina la “rivoluzione dei gelsomini” nei Paesi arabi è “una battuta spiritosa”, ma è necessario che le autorità non diminuiscano la vigilanza.
 
Ye Xiaowen è stato per 14 anni direttore dell’Ufficio affari religiosi. Nei giorni scorsi, su Facebook , un appello ha invitato i cristiani protestanti a unirsi ai “quattro passi dei gelsomini” , almeno con la preghiera da tenersi alle due del pomeriggio di ogni domenica.
 
Per fermare possibili “rivoluzioni dei gelsomini” continuano intanto gli arresti di dissidenti e attivisti. Il 4 marzo scorso è scomparso Yao Lifa, attivista per i diritti umani dell’Hubei; nell’Anhui la polizia ha sequestrato i computer di Wang Yixiang e lo ha posto sotto stretta sorveglianza; nel Sichuan è stata interrogata Wang Xiaoyan, moglie dell’attivista Chen Wei, arrestato lo scorso 21 febbraio per “incitamento alla sovversione contro lo Stato”.
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