29/07/2019, 08.02
ISLAM-TUNISIA-ALGERIA
Invia ad un amico

Predicatori islamisti ‘demoniaci’: niente preghiera sulla salma di Essebsi

di Kamel Abderrahmani

In Tunisia, laici e islamisti piangono e fanno lutto per la morte del loro presidente. Ma in Algeria e in Turchia si lanciano fatwa per proibire la sua sepoltura in cimitero musulmano. Per gli islamisti fondamentalisti Essebsi è “colpevole” di aver privilegiato una costituzione laica contro la Sharia. Suo è il progetto di legge per la parità dei diritti di uomini e donne nell’eredità.

Algeri (AsiaNews) - La morte del presidente tunisino Béji Caïd Essebsi lo scorso 25 luglio, sta scatenando nel mondo islamico una forte discussione sulla sua eredità. Primo presidente eletto a suffragio universale nel 2014, dopo la “primavera araba”, Essebsi ha cercato di riconciliare islam e modernità, spingendo verso riforme sociali rispettose della libertà di coscienza e della dignità personale. Per il primo presidente dopo la cacciata di Zine el-Abidine Ben Ali, il suo Paese ha dichiarato sette giorni di lutto. Messaggi di cordoglio sono giunti in Tunisia da tutto il mondo. E nel suo Paese, lo stesso Rached Ghannouchi, capo del partito islamista Ennahdha, dapprima suo avversario e poi suo alleato, ha definito Essebsi “un dizionario di saggezza”. In Algeria e in Turchia, invece, il mondo fondamentalista cerca una rivincita.

 

Un proverbio francese dice: “Cacciate via ciò che è naturale ed esso ritornerà al galoppo”. Che significa: non ci si può sbarazzare il modo totale dalle proprie tendenze naturali, né tentare di dissimularle. Questo proverbio calza a pennello sui residui del Fis (Fronte islamico di salvezza) per i quali la morte del presidente tunisino Béji Caïd Essebsi è una insperata occasione per cercare di farsi ascoltare in Algeria, dopo il rifiuto della società algerina verso questa ideologia estremista e integrista avvenuta durante le manifestazioni che hanno scosso il Paese. Queste manifestazioni hanno rimesso a posto (un posto molto piccolo) gli islamisti integristi, sebbene questi si auguravano di occupare con ampiezza il terreno e guidare il movimento di contestazione.

Considero l’islamismo un’ideologia fascista, pericolosa per il futuro del nostro Paese e per quella di tutti i Paesi dove essa fiorisce. I suoi adepti hanno scelto questo momento di incertezza e instabilità politica, sociale ed economica per riprendere le loro vecchie abitudini e i famosi discorsi takfiristi [accusatori di apostasia - ndr] di scomunica che sono costati all’Algeria un decennio nero e più di 200mila morti.

Alla morte del presidente tunisino, militanti islamisti e i loro animatori ufficiali delle pagine Facebook hanno chiesto di non seppellire in un cimitero musulmano il defunto capo di Stato tunisino, col pretesto che Caïd Essebsi era un laico e che durante il suo governo ha combattuto la legge di Allah. Ciò significa che egli ha sostenuto la legge civile più che “la legge del cielo”. Per essere precisi: per essi, un laico non può essere musulmano!

Fra i primi predicatori a diffondere il veleno contro Essebsi vi è l’estremista Abdelfattah Hamadache (foto 1). Questi non ha esitato un istante a emettere una fatwa che dichiara “illecita” la sepoltura del capo di Stato tunisino in un cimitero musulmano, proibendo così ogni preghiera sulle sue spoglie perché per lui Essebsi era un nemico dell’islam.

Hamadache ha sentenziato la sua posizione lo stesso giorno dell’annuncio della morte del presidente tunisino, citando il fatto che Essebsi difendeva il principio di uno Stato civile “rifiutando ogni riferimento alla Sharia”.

Non è la prima volta che questo energumeno edita una fatwa contorta e violenta contro militanti della laicità e della democrazia. Del resto, gli è tuttora proibito parlare alla televisione algerina, dopo il suo famoso appello nel 2014 ad assassinare lo scrittore Kamel Daoud.

Un altro predicatore islamista, Wajdi Ghanim (foto 2), vicino all’organizzazione terrorista dei Fratelli musulmani, un fervente difensore del Califfato come modello di governo, dalla sua terra d’esilio in Turchia si è felicitato per la morte di Essebsi. Egli la vede come una punizione divina inflitta a un miscredente, che aveva rigettato il Corano e tenuto la Costituzione. Senza un brandello di umanità, egli ha dichiarato che “è strettamente proibito [haram] pregare per la sua salma, né in moschea, né in cimitero, né raccogliersi attorno alla salma di un empio e un apostata che, come Dio ha promesso, andrà all’inferno”. Quasi che Dio gli appartenesse e fosse sua proprietà privata! È triste vedere che nemmeno la morte sfugge al loro odio!

Ma al di là delle loro ideologie, i frutti tunisini della rivoluzione culturale di Bourguiba, sanno come onorare la memoria dei loro morti e lo hanno mostrato ancora una volta, piangendo uniti, laici e islamisti, la memoria del loro defunto presidente.

Per chiarezza, Caïd Essebsi ha fatto molto sul versante della libertà individuale. Il suo dare il via a una legge sull’uguaglianza dell’eredità fra uomini e donne, come pure il suo continuare il progetto di Bourghiba per la laicizzazione dello Stato tunisino, segnerà per molto tempo la memoria collettiva dei tunisini e delle tunisine. Essi ricorderanno la sua opera, mentre Abdelfattah Hamadache et Wajdi Ghanim finiranno per essere gettati nell’immondezzaio della storia, condannati all’oblio a causa dei loro discorsi di odio, le loro pretese di essere illuminati e le loro idee oscurantiste.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Essebsi è il nuovo presidente della Tunisia. I sospetti dei legami col "vecchio regime"
23/12/2014
Essebsi si autoelegge presidente, ma i dati ufficiali arrivano stasera
22/12/2014
Il partito islamista Ennahda rifiuta la sharia nella legislazione. Il commento di p. Samir
27/03/2012
Tunisi, la legge contro la violenza alle donne, il frutto buono della primavera araba
04/08/2017 12:36
Nunzio a Jakarta: "L'islam moderato rifiuta laicismo e fondamentalismo"
07/10/2004


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”