10/10/2007, 00.00
MYANMAR
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Preghiere in aula, così "protestano" gli studenti birmani

Nelle scuole superiori a Yangon e Mandalay gli studenti sfidano il divieto degli insegnanti e recitano la preghiera che i monaci buddisti intonavano durante i cortei: “pace e giustizia” per tutti. Continuano gli arresti, mentre muore sotto interrogatorio Win Shwe, tra i leader dell’opposizione arrestato a fine settembre.
Yangon (AsiaNews) – Cellulari, telefoni e internet ancora sotto controllo, militari nelle città, arresti indiscriminati per le strade e nei monasteri. La repressione del movimento pacifico che chiede la fine della dittatura continua in Myanmar, mentre la popolazione non cede e porta avanti con piccoli gesti il suo dissenso. Da Yangon e Mandalay fonti di AsiaNews fanno sapere che dopo la chiusura delle università, due settimane fa, le scuole superiori sono diventate uno dei luoghi dove si esprime la contestazione al regime. Qui gli studenti, nonostante il divieto degli insegnanti, ogni mattina recitano la preghiera che i monaci buddisti intonavano durante i cortei di fine settembre, repressi nel sangue dalla giunta. La preghiera chiede “pace per il Paese, giustizia e che tutti siano liberi da tortura e violenze”.
 
Continua anche la campagna di diffamazione dei monaci orchestrata dal governo. Sui quotidiani ufficiali e alla tv si parla di materiale pornografico e preservativi trovati nelle incursioni notturne dei militari all’interno dei monasteri. “Ma nessuno – raccontano dei cittadini a Mandalay – ormai crede più ai media di Stato”.
 
Secondo Democratic Voice of Burma, le autorità hanno diviso i detenuti in 4 categorie a secondo del livello del loro coinvolgimento nelle proteste anti-governative. Si va dalla categoria A, che comprende organizzatori e leader alla B, coloro che marciavano in prima fila con bandiere in mano., fino alla D, che include coloro che verranno liberati presto. Non si conosce la natura e la sorte dei detenuti C, mentre di quelli delle prime due classi si sa che non verranno scarcerati. Tra i prigionieri – riferisce oggi il quotidiano Jakarta Post - anche 5 generali e più di 400 soldati che hanno rifiutato di sparare sui monaci come ordinato dal capo della giunta Than Shwe.
 
Le condizioni dei detenuti - poco più di 100 secondo stime ufficiali, oltre 6mila secondo attivisti per i diritti umani – sono terribili, raccontano alcuni testimoni. È di poche ore fa la notizia della morte in cella di Win Shwe, 42 anni, esponente della Lega nazionale per la Democrazia, il partito guidato dal Nobel Aung San Suu Kyi. L’uomo - denuncia Assistance Association for Political Prisoners, gruppo di ex prigionieri politici birmani con sede in Thailandia - sarebbe morto durante l'interrogatorio subito dagli uomini della giunta. Shwe era stato arrestato, con altri cinque uomini del suo partito, lo scorso 26 settembre.
 
 

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