14/11/2016, 14.32
CINA - STATI UNITI
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Primo colloquio (telefonico) fra Trump e Xi. Sullo sfondo il futuro dell’economia globale

L’era Obama-Xi si conclude fra dubbi e incertezze che pesano su tutta la regione del Pacifico. Il presidente cinese auspica una collaborazione “in molti ambiti”. Trump promette una “cooperazione” che sia di “beneficio reciproco”. Ma pesano le minacce di politiche protezioniste in campagna elettorale. Taiwan, Corea del Nord e mar Cinese gli altri dossier in agenda.

 

Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Relazioni bilaterali, nucleare nord-coreano, vendita di armi a Taiwan e rivendicazioni territoriali nel mar Cinese meridionale. E ancora, rapporti commerciali e annunci - in campagna elettorale - di politiche protezionistiche che hanno provocato irritazione nella leadership cinese. Sono molti i temi al centro delle relazioni fra Pechino e Washington e la vittoria del candidato repubblicano alla Casa Bianca getta un clima di incertezza sul futuro.

La tv ufficiale di Stato cinese CCTV riferisce di una telefonata avvenuta in queste ore fra Xi Jinping e il neo presidente statunitense Donald Trump. Durante il colloquio i due leader hanno concordato di incontrarsi “presto” per discutere di rapporti bilaterali e delle principali questioni dell’agenda internazionale.

Secondo le fonti giornalistiche, nel corso della telefonata il leader cinese ha spiegato al neo presidente Trump che i due Paesi “hanno bisogno di collaborazione e possono cooperare in molti ambiti”. Nessun riferimento diretto, al momento, alla minaccia lanciata in campagna elettorale dal candidato repubblicano di una tassa del 45% sulle importazioni cinesi e sulla definizione di “nemico” riservata da Trump a Pechino.

Nel primo contatto diretto sono prevalse le “buone intenzioni” e la promessa di incontrarsi “al più presto” per discutere di “relazioni bilaterali e di questioni di interesse comune”. Trump avrebbe inoltre aggiunto che “Stati Uniti e Cina possono arrivare a concludere una cooperazione che sia di beneficio reciproco”.

Tuttavia, pesano le incertezze sui passi che vorrà compiere in politica estera il nuovo inquilino della Casa Bianca dopo gli anni di interventismo in Asia di Barack Obama. Il presidente uscente in questi anni ha infatti riservato una attenzione particolare al continente e alle sue principali questioni irrisolte, fra cui il dossier riguardante i conflitti nel mar Cinese meridionale.

Al contempo, non aiutano a delineare i rapporti fra le due superpotenze anche le difficoltà che attraversa Pechino nell’ultimo periodo: dalle riforme interne al rallentamento dell’economia, passando per il rimpasto in seno alla leadership del partito in programma a fine 2017.

Analisti ed esperti attendono le prime decisioni di Trump sull’Asia-Pacifico e se la Cina potrà trarre beneficio da un eventuale disimpegno statunitense nella regione. Del resto negli anni di presidenza Obama si è registrato un cambiamento progressivo nelle relazioni fra le due potenze: dalla promessa di amicizia e collaborazione durante il primo mandato, si è poi assistito negli ultimi quattro anni a una progressiva erosione nei rapporti e a un inasprimento dello scontro. Il momento saliente nei rapporti fra Cina e Washington è la firma sul clima a margine della Conferenza di Parigi nel 2015. Ma, anche in questo caso, vi sono grandi incognite per il futuro per le politiche in tema di energia e ambiente del neo-presidente Trump, non certo nemico dei magnati del petrolio statunitensi.

L’era Obama-Xi si conclude fra grandi dubbi e incertezze che pesano su tutta la regione del Pacifico e in gioco vi sono anche storiche alleanze, in un clima crescente di sfiducia e sospetto reciproco.

Tuttavia, gli osservatori concordano nel ritenere che saranno le scelte economiche a determinare le relazioni fra i due Paesi anche nel futuro prossimo. Se Trump insisterà nel promuovere politiche protezioniste e dazi doganali sulla manifattura cinese, vi potrebbero essere pesanti ripercussioni per l’intera economia mondiale.

Una guerra commerciale che potrebbe causare danni “incalcolabili”, sei si considera che alla Cina - che possiede gran parte del debito estero americano - non mancano le armi per rispondere e rilanciare una controffensiva. Per gli esperti i prossimi mesi serviranno al neo inquilino della Casa Bianca per valutare le relazioni con Pechino e l’impatto delle scelte - protezioniste o meno - non solo per l’economia americana, ma su scala globale.

 

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