14/10/2015, 00.00
SRI LANKA
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Profughi tamil pronti ad azioni massicce, se “Colombo non ci restituisce le nostre terre”

di Melani Manel Perera
Circa 30mila sfollati vivono nei campi profughi nel nord del Paese. Il presidente Sirisena ha promesso più volte di risolvere la questione degli insediamenti. Leader tamil: “Siamo forse cittadini di serie B? Perché dobbiamo stare a guardare l’esercito che occupa le nostre proprietà?”.

Colombo (AsiaNews) – Dopo oltre due mesi dalla pubblicazione del rapporto sulle condizioni di vita degli sfollati tamil nei campi profughi nel nord dello Sri Lanka “ancora non è stato fatto nulla. Abbiamo aspettato con pazienza, ma ora siamo pronti ad azioni massicce, se il presidente non ci restituirà le nostre terre”. È quanto sostengono centinaia di profughi di etnia tamil riuniti a Jaffna (nel nord del Paese) per fare un bilancio delle azioni intraprese a livello locale per risolvere il problema degli Internally Displaced Peoples (IDPs, sfollati interni). I profughi lamentano di essere stati “dimenticati” dalle autorità di Colombo, che ancora non hanno restituito tutte le terre sequestrate dall’esercito regolare durante le ultime fasi della guerra civile. Inoltre denunciano che di recente in Parlamento sono stati presentati dati scorretti, diversi da quelli presentati dalle associazioni che difendono i diritti dei tamil.

L’incontro è avvenuto il 9 ottobre e nasce in seguito alle dichiarazioni di D.M Swaminathan, ministro per il Reinsediamento e la riabilitazione, che in Parlamento ha riferito la presenza di 4mila sfollati. Invece gli attivisti riportano che vi sono 5836 sfollati nei rifugi e almeno 30mila civili abitano nella penisola di Jaffna. Questi numeri sono stati pubblicati all’inizio di settembre dal Nafso (National Fisheries Solidarity Movement), che ha svolto una ricerca nel nord dello Sri Lanka. Il gruppo ha rinvenuto 38 campi profughi in 27 divisioni di villaggio (Grama Seva divisions) e ha scoperto altri cinque nuovi villaggi temporanei. All’incontro di Jaffna il rapporto è stato diffuso anche in lingua tamil.

Rajeshwarie Selvamalar, leader della Poonthalir Women Federation del Nafso, commenta ad AsiaNews: “Non siamo rispettati nel nostro Paese. Siamo cittadini di serie B? Perché dobbiamo soffrire quando le nostre terre sono ancora lì e l’esercito usufruisce e occupa le nostre proprietà?”.

Muththaiah Sivanathaveil, parlando alla folla, ha rivolto un appello al presidente Sirisena [che da poco ha riconsegnato delle terre e ha varato un piano agricolo per permettere ai tamil di ritornare nelle loro proprietà – ndr]: “Diverse volte il presidente ha detto che non ci avrebbe dimenticato. Lo ha ripetuto in eventi nazionali e internazionali. Quindi egli ha la responsabilità di reinsediarci nei nostri luoghi di origine, e non permettere che le nostre terre rimangano nelle mani dei militari”. “Perciò – ha concluso – non c’è più tempo per le parole. Vogliamo i fatti. Vogliamo indietro la nostra terra, niente più di questo. Da 26 anni viviamo nei campi profughi e abbiamo atteso ancora due mesi. Se il presidente non risolverà il problema, faremo un’azione massiccia”.

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