13/11/2006, 00.00
arabia saudita
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Proibito viaggiare all'estero per il gruppo dei "riformisti sauditi"

di Matrook Al-Faleh

Il gruppo, non violento, si era distinto due anni fa per la domanda di riforme costituzionali al governo saudita. Dopo prigionia, isolamento e "perdono" del re, i suoi membri si trovano ancora imbavagliati. Questa coraggiosa denuncia viene da uno di loro, il prof. Matrook al-Faleh. Secondo i "riformisti" solo il rispetto dei diritti umani in Arabia Saudita potrà sconfiggere violenza e terrorismo nel Paese.

Riyadh (AsiaNews) – In una dichiarazione fatta giungere a organizzazioni e associazioni a difesa dei diritti umani, il prof. Matrook Alfaleh, dell'università di Riyadh, denuncia che a tutto il gruppo dei "riformisti sauditi" (e alle loro famiglie) è vietato viaggiare all'estero. Ad essi è pure proibito parlare coi media locali e internazionali. Il gruppo è divenuto famoso 2 anni fa, quando 10 suoi membri sono stati arrestati perché chiedevano una monarchia costituzionale e la possibilità di costituire un gruppo di studio indipendente sui diritti umani. Di seguito pubblichiamo la sua dichiarazione.

 

Sono felice di scrivere questa dichiarazione, per rispondere alle molte domande e richieste da parte di organizzazioni per i diritti umani e associazioni nella regione araba e nel mondo, riguardo alla situazione in cui vivono i "riformisti sauditi" e gli attivisti della società civile, in particolare  il prof. Abdullah Al-Hamid, Ali Al-Domini, prof. Matrook Al-Faleh, Abdel-Rahman Al-Lahim, Mohammed Said Tayeb, Sheikh  Suleiman Al-Rishoodi, Najaib Khunaizi, e altre 3 persone, arrestate per aver chiesto in modo pacifico una riforma costituzionale nell'Arabia Saudita.

Come sapete, i suddetti "riformisti sauditi" sono stati arrestati il 16 marzo 2004. Dopo qualche giorno (da uno a 14), tutti - meno 3 - sono stati liberati dopo aver firmato l'impegno a non richiedere in futuro alcuna riforma e a non avere contatto coi media all'interno e all'estero. I tre che si sono rifiutati di firmare (prof. Abdullah Al-Hamid, Ali Al-Domini,  prof. Matrook Al-Faleh), il 15 maggio 2005  sono stati condannati in modo ingiusto a 7, 9 e 6 anni di prigione rispettivamente. Quaranta giorni dopo, la corte suprema ha confermato – ancora ingiustamente – il verdetto.

Il loro cosiddetto crimine, non punibile in nazioni che rispettano i diritti umani, è che essi, con una iniziativa propria – basandosi su proprie visioni di riforma dall'interno – insieme a centinaia di intellettuali, studiosi, giudici, religiosi, giornalisti, avvocati, imprenditori, ecc… di varie correnti, sètte e regioni, hanno firmato due documenti di riforma con la richiesta di potenziare la società civile e attuare delle riforme politiche così da promuovere uno stato moderno e funzionale che possa offrire e assicurare giustizia, uguaglianza, partecipazione; uno stato con moderni meccanismi di governo per combattere la corruzione e lo spreco di denaro e ricchezze pubbliche, combattendo la mala distribuzione della ricchezza e dei benefici dello sviluppo nella nazione; combattendo la violenza e il crescente radicalismo. Tutto ciò ha bisogno di un governo responsabile reso tale da corpi eletti in rappresentanza del popolo, con una indipendenza giudiziaria, avendo anche garantite leggi e codice di diritti umani, compreso il diritto alla libera espressione e a formare e partecipare ad associazioni civili indipendenti. E tutto questo come proveniente dall'Islam e dalle convenzioni internazionali che il governo saudita ha firmato, giurando di aderirvi.

In breve, per raggiungere questi scopi di riforma e per il benessere, la stabilità e la continuazione dello stato e della società – compresa la famiglia reale -  tutto quanto i "riformisti sauditi" domandano è una limitata "monarchia costituzionale" in Arabia Saudita; all'incirca sul modello di quanto esiste in Bahrein, o in Giordania o anche in Marocco.

Otto mesi dopo gli arresti del marzo 2004, il loro avvocato Abdel-Rahman Al-Lahim, è stato imprigionato e posto in isolamento nella prigione di Alhayer e non è più apparso in corte. Il suo crimine era di non aver voluto interrompere la difesa dei suoi clienti (Abdullah Al-Hamid, Ali Al-Domini, e Matrook Al-Faleh).

L'8 agosto 2005 i tre riformisti e il loro avvocato sono stati liberati con un decreto di perdono reale del re Abdullah.

Dopo il perdono e la liberazione ci aspettavamo che ogni cosa si sarebbe messa a posto, ma abbiamo scoperto ad un certo punto che vi è ancora un divieto sul nostro viaggiare all'estero. Tale divieto, formulato al tempo del nostro arresto (16 marzo 2004), è ancora in atto.

Dal nostro rilascio in poi, abbiamo cercato in modo pacifico e tranquillo, di risolvere il veto sul viaggiare con il Ministero degli interni, inviando 3 lettere firmate da tutti noi : la prima al principe Mohammed Bin Nayif, vice-ministro degli Interni ; la seconda allo stesso principe Nayif, ministro degli Interni ; la terza a Turki Khalid Al-Sudairi, capo della Commissione del governo saudita per i diritti umani. Quest'ultimo, in due separati incontri con alcuni di noi (io ero presente al primo di essi), ha promesso che avrebbe risolto il problema, come un gesto per mettere alla prova la serietà e credibilità della sua persona e della Commissione appena nata e da lui presieduta. Anche l'Associazione saudita per i diritti umani ha promesso di citare il nostro caso – senza fare i nomi – nel suo Rapporto 2005, denunciandolo come una violazione di elementari diritti umani. Ma il Rapporto deve ancora essere pubblicato!

Finora il risultato è solo la sordità e l'ignoranza del Ministero degli interni. Per quanto sappiamo, a tutt'oggi, tutti i cosiddetti "riformisti sauditi" (meno due: il prof. Khalid Oujaimi e il prof. Tawfeeg Gusaier) non hanno la libertà di lasciare il paese. Tale bando non priva solo noi di questo diritto umano, ma si ripercuore come punizione sulle nostre famiglie, dato che esse non possono viaggiare senza di noi.

Tutto ciò mostra in modo chiaro e senza ambiguità che tale gesto del ministero degli Interni, contraddice e viola l'essenza dell'Islam, come pure i protocolli regionali e internazionali sui diritti umani, compreso quello arabo, sottoscritto nel 2004 dal governo saudita; per non parlare poi della credibilità della Commissione governativa sui diritti umani, della cosiddetta Associazione saudita per i diritti umani, fondate o approvate dal governo saudita.

Per concludere questa dichiarazione, è importantissimo sottolineare che i "riformisti sauditi", compreso me stesso, nella nostra richiesta di riforme, prima, durante e dopo l'arresto; oggi e nel futuro, crediamo e aderiamo a un modo civile di trattarci. E cioè: affrontare il tema delle riforme i modi pacifici, con discussioni aperte e dialoghi fra di noi e con il governo. Noi non siamo terroristi, noi rifiutiamo la violenza per giungere alle riforme; crediamo che attraverso riforme politiche, compresa la nascita di associazioni nella società civile, si può cancellare e combattere la violenza e il radicalismo.

Con i migliori saluti sinceri,

Prof. Matrook Al-Faleh

Pol.Sc.Dept. KSU

Riyadh, Arabia Saudita

6 Novembre 2006

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