24/04/2020, 11.40
CINA
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Protestanti in Cina: la Chiesa rischia di diventare invisibile

di Wang Zhicheng

Secondo alcuni ministri, l’emergenza coronavirus sta penalizzando la vita delle comunità dal punto di vista economico, privilegiando il contatto online piuttosto che quello reale, subendo una messa ai margini a causa del grande potere dello Stato. Ma la sete di fede e di preghiera è aumentata.

Pechino (AsiaNews) – “Se l’emergenza coronavirus continua per un anno o due, le chiese più grandi rischiano di scomparire… Penso che in futuro ci porterà una comunità di fede, ma non una chiesa visibile”. È quanto pensa un ministro protestante della Cina orientale, riflettendo sull’impatto che la pandemia di Covid-19 sta avendo sui fedeli e sulle chiese protestanti in Cina.

La riflessione del ministro, denominato Fratel L., è stata pubblicata sul China Christian Daily del 22 aprile scorso, insieme a quella di altri due ministri, Fratel X. e Fratel M., un pastore.

Tutti e tre i ministri sono giovani: L. e M. sono nati negli anni ’80; X. è responsabile di un gruppo giovanile ed è nato negli anni ’90.

Dal 23 gennaio fino ad oggi la quasi totalità delle chiese ha sospeso i raduni dei fedeli. Molte comunità sono ricorse a raduni online, ma non tutte. La situazione ha creato dei problemi che spingono verso una sempre maggiore “invisibilità” delle comunità.

L. cita come primo motivo il problema economico: non avendo più raduni fisici e incontri, non è possibile raccogliere le offerte fra i fedeli. Ma molte comunità – soprattutto quelle più grandi - hanno l’obbligo di pagare affitti per i luoghi di raduno e per gli uffici. Per L., se l’emergenza continua ancora nel prossimo anno, ci saranno “enormi problemi”.

A questo dramma sfuggono le piccole comunità, che hanno spazi e spese ridotti e inoltre – ora che il governo ha tolto l’emergenza - hanno già ripreso i loro raduni. Ma questo vale solo per comunità con al massimo 10 fedeli. Le comunità più numerose non possono ancora riprendere, e se lo fanno i loro vicini vanno nel panico perché li sospettano di diffondere il virus.

La seconda ragione che spinge alla “invisibilità” è data dal proliferare di servizi religiosi online. Secondo X., anche dopo l’emergenza, i fedeli faranno molta fatica a riadattarsi al corso normale: avendo vissuto per molto tempo una fede “online”, preferiranno questo stile più comodo, più facile da seguire, più vicino alla propria sensibilità. Infatti, avendo conosciuto diversi servizi liturgici (anche 10 al giorno) i fedeli hanno trovato il gruppo online che si adatta meglio alle loro esigenze. Questo porterà allo spopolamento di qualche gruppo e al rinfoltimento di altri, ma sempre mantenendo la modalità online. A questo proposito, X. fa notare che in questo periodo, per molte comunità la partecipazione online è stata la metà rispetto a quella dei raduni fisici.

Un terzo elemento di “invisibilità” è dato dal fatto che in questa epidemia, le chiese non hanno potuto impegnarsi nella prevenzione e cura dei malati e la loro testimonianza è stata meno evidente. L., fa notare che nel Medioevo, nelle epidemie le Chiese si mobilitavano e svolgevano un lavoro importante nella società. Ora, “per un morbo come questo di oggi, la prevenzione e il controllo sono affidati al potere dello Stato”.

Tutti e tre i ministri sono d’accordo che l’epidemia ha accresciuto “la sete per la fede e la preghiera”, ma non sono certi che questo si tradurrà in un aumento visibile di fedeli nelle diverse comunità. Forse questo si potrà vedere dopo che l’emergenza sarà passata.

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