30/09/2008, 00.00
ASIA - USA
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Quanto è profondo l’abisso del caos economico, sociale e politico

di Maurizio d'Orlando
La situazione della finanza mondiale era disastrosa già prima della bocciatura del piano di emergenza Usa. Il piano Paulson dei 700 miliardi di dollari ha un valore enorme (432,10% del deficit totale Usa), ma è un’inezia rispetto alla valanga di carta finanziaria in circolazione, che supera del 20% il Pil mondiale.

Milano (AsiaNews) - L’allarme finanziario è altissimo in tutto il mondo. Non molti però sembra abbiano compreso fino a che punto il doppio tuffo all’ingiù della finanza americana sta per immergere tutto il resto del mondo in un abisso di caos economico, sociale e politico. Forse solo le prossime generazioni se ne renderanno conto.

In primo luogo, molti non hanno intuito le dimensioni dello tsunami si è abbattuto su tutti noi. Dopo che il piano Paulson è stato respinto alla Camera Usa dei Rappresentanti, l’indice Dow Jones è sceso “solo” del 7 %. I giornali scrivono - e la gente pensa – che in fondo è vero,  le borse hanno avuto delle perdite, ma non così forti come nel 1929 quando in un sol giorno Wall Street perse il 22%.  Un nuovo ’29 potrebbe capitare, ma non è ancora capitato. I nervi sono ancora saldi, dagli errori di 80 anni fa abbiamo imparato molto: così ci dicono e ci diciamo. Alla fine tutto si aggiusterà, in qualche modo, anche se ci vorrà, forse, un po’ più di tempo rispetto alle solite crisi di borsa. Qualche commentatore spiega che in qualche modo questa crisi avrà anzi un effetto salutare perché correggerà dei comportamenti abnormi.

Debito pubblico come nel 1945

I più informati sanno che il salvataggio di Fannie Mae e Freddie Mac comporta che le loro obbligazioni (5mila-6mila miliardi di dollari) sono ora a pieno titolo parte del debito pubblico americano. La cifra non è ancora chiarissima, ma qualcuno, forse per confondere le acque, scrive 5-6 “trilioni”, un termine che in italiano ed in molte altre lingue non esiste. Ma per chi non lo sapesse, un “trilione” di dollari, più o meno, sono il 7,24% del Prodotto interno lordo (Pil) Usa del 2007, più o meno. I più informati sanno anche che sommando ai 10.600 miliardi di dollari del debito pubblico precedente, i suddetti  5 “trilioni” di Fannie Mae e Freddie Mac ed i 700 miliardi di dollari del piano Paulson si arriva a 16.300  miliardi di dollari. Il debito pubblico americano in pochi giorni passa perciò dal 76,75% del Pil ( 2007) al 118,02%, come nel 1945, l’anno finora con il maggior carico percentuale, a causa delle spese della Seconda guerra mondiale.

Mai nella storia si era vista una crescita così vertiginosa del debito pubblico di un Paese, in così pochi giorni. Eppure, tra coloro che hanno fatto studi di economia politica ed hanno capito le dimensioni degli interventi di questi giorni, molti approvano ed, anzi, elogiano il coraggio dei responsabili delle istituzioni americane. Paulson, Bernanke ed il presidente Bush, ma anche i maggiori esponenti dei due partiti, democratico e repubblicano, con il loro decisionismo e senso del bene comune posto al di sopra dei contrasti di partito, sono degli eroi che con il loro coraggio stanno cercando di salvare l’economia della nazione ed il benessere dei cittadini. Pochi hanno invece preso in considerazione il fatto che, acquisendo (per il 79, 9 %) AIG, grazie ad un prestito di “appena” 85 miliardi di dollari, il governo americano ne ha fatto una compagnia parastatale e che quindi le polizze sono di fatto cauzioni statali. Per conseguenza i rischi assicurati da AIG vanno (o meglio andrebbero) computati come tali al valore nominale quali cauzioni prestate nel passivo del bilancio americano. Anche in questo caso non è ancora chiarissimo quanto sia l’esposizione, forse sono altri 4 - 5 “trilioni”, “trilione” più “trilione” meno, ovviamente. A questo punto è facile perdere il conto anche perché non si è considerato il valore attuale – circa 41mila miliardi – dei deficit futuri previsti per la spesa sanitaria (Medicaid e Medicare) e le pensioni sociali (Social Security), per i quali la legge prevede la copertura a carico del bilancio. Se sommiamo questi ultimi al debito pubblico americano e ad altri impegni di spesa similari – circa 2 mila miliardi di dollari –. arriviamo, senza contare AIG, a 59.300 miliardi di dollari, e cioè 200.060 dollari pro capite di debito pubblico, inclusi vecchi, malati e bambini: il 429,37 % del Pil.

Il piano Paulson, “socialismo per i ricchi”

A fronte di queste cifre, il piano Paulson è di “solo” 700 miliardi di dollari. Eppure i deputati americani in prima lettura lo hanno respinto: 2361,59 dollari a carico di ogni residente negli Usa ha fatto talmente infuriare gli americani che hanno intasato con fax e messaggi di posta elettronica gli eletti della propria circoscrizione elettorale. Molte e colorite sono state le definizioni: da una parte il piano è stato bollato come “socialismo per ricchi”, “statalismo di ritorno”, “salvataggio di speculatori senza scrupoli”, “contante per spazzatura” (cash for trash); dall’altra la sua bocciatura viene descritta come “miopia” di persone ignoranti delle leggi economiche, come “populismo” di chi ha cavalcato la semplicistica indignazione popolare con il rischio di trascinare nel baratro le economie reali.

Quello che spesso non si considera è che al 31 dicembre 2007 il valore nominale di tutti i contratti derivati secondo la Banca per i Regolamenti Internazionali era di 596.004 miliardi di dollari, che ad oggi, sulla base delle dinamiche di crescita esponenziale degli ultimi anni, tale valore presumibilmente non sarà inferiore ai 700 mila miliardi di dollari. I 700 miliardi di dollari del piano Paulson sono un’enormità rispetto ad altre voci di spesa del bilancio americano, un’enormità (il 432,10%) rispetto al totale del deficit del bilancio federale americano del 2007 (“appena” 162 miliardi di dollari, 1,2 % del Pil Usa). Eppure i 700 miliardi di dollari del piano Paulson sono, allo stesso tempo, un’inezia rispetto alla valanga di carta finanziaria in circolazione. Solo i famigerati CDS (credit default swap, assicurazioni sulle insolvenze di credito) alla fine dello scorso anno erano 57.894 miliardi di dollari, circa il 120 % di tutto il Pil mondiale, secondo i dati della Banca Mondiale, 82,7 volte il valore del piano respinto dal parlamento americano. Per chi in Asia fosse tentato di vedere con sussiego la potenza imperiale americana in difficoltà ricordiamo che investitori giapponesi e cinesi detenevano nel 2007 il 47 % del debito pubblico americano posseduto all’estero.

La valanga di liquidità cartacea è più alta della montagna d’acqua di uno tsunami. Come il maremoto del 26 dicembre 2004 , anche gli avvenimenti di questi giorni travolgeranno molti e porteranno distruzione. Questo è quanto desiderava chi ha fomentato o anche solo evitato di lanciare l’allarme per l’imminente catastrofe finanziaria.

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