07/09/2017, 12.11
MYANMAR
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Rakhine, Yangon: ‘Mosca e Pechino per bloccare la risoluzione Onu’

Negoziazioni in corso con i due membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Il consulente per la sicurezza nazionale Thaung Tun: “La questione non andrà avanti”. Il governo respinge le accuse di pulizia etnica e denuncia “disinformazione”. I militanti Rohingya hanno dato alle fiamme 59 villaggi. Più di 26mila tribali in fuga dal Rakhine.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Il governo del Myanmar dichiara l’esistenza di negoziati con Cina e Russia, per assicurarsi il blocco di qualsiasi censura del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla crisi in corso nello Stato di Rakhine. Gli operatori umanitari dell’Onu affermano che le violenze rischiano di causare l’esodo di 300mila musulmani Rohingya verso il confinante Bangladesh. La società birmana si oppone alla “disinformazione” della comunità internazionale ed i gruppi etnici denunciano le aggressioni subite per mano dei militanti armati Rohingya.

In una rara lettera al Consiglio di sicurezza dell'Onu, lo scorso 5 settembre il segretario generale Antonio Guterres ha espresso preoccupazione per una possibile “catastrofe umanitaria” nel nord del Myanmar. Egli ha affermato che la presunta pulizia etnica condotta dall’esercito birmano costituisce un pericolo per la stabilità dell’intera regione.

Il governo del Myanmar ha respinto più volte le accuse e ribadisce che le sue forze di sicurezza stanno combattendo una legittima campagna contro i “terroristi bengali”, responsabili di una serie di attacchi contro polizia ed esercito dall'ottobre scorso. Nelle sue prime dichiarazioni ufficiali dal 25 agosto, inizio dell’ultimo conflitto armato, Aung San Suu Kyi ha affermato ieri che la “disinformazione” con cui media e governi internazionali trattano il caso Rohingya “è calcolata per creare problemi tra le diverse comunità, con l'obiettivo di promuovere l'interesse dei terroristi”.

In una conferenza stampa tenuta ieri a Naypyidaw, il consulente per la sicurezza nazionale Thaung Tun ha comunicato che il Myanmar conta su Cina e Russia, entrambi membri permanenti del Consiglio di sicurezza, per bloccare una risoluzione dell'Onu sulla crisi. “Stiamo negoziando con alcuni Paesi amici – ha detto il funzionario – per farla arrivare al Consiglio di sicurezza. La Cina è nostra amica e abbiamo una simile relazione amichevole con la Russia, quindi non sarà possibile che la questione vada avanti”.

Secondo le stime più recenti emesse dagli operatori umanitari delle Nazioni Unite in Bangladesh, 146mila Rohingya hanno raggiunto il Paese dal 25 agosto, ma il numero totale di profughi potrebbe arrivare a 300mila. Ad affermarlo è Dipayan Bhattacharyya, portavoce del World Food Program (Wfp - Programma alimentare mondiale) del Bangladesh.

Anche gli altri gruppi etnici cercano di fuggire dai combattimenti nella regione nord-occidentale di Rakhine. Autorità ed esponenti delle comunità locali riferiscono che negli ultimi giorni circa 4mila tribali hanno raggiunto Sittwe, capitale dello Stato. Il Comitato informativo del governo del Myanmar dichiara che, tra il 25 agosto ed il 4 settembre, più di 26mila persone hanno abbandonato le aree rurali di Rakhine alla volta di Sittwe, Maungdaw, Buthedaung e altre città. Sono 59 i villaggi dati alle fiamme nello stesso periodo dai militanti armati dell’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa).

Citando fonti locali, Rfa riporta che a Sittwe singoli donatori forniscono cibo ed assistenza sanitaria nei 21 monasteri buddisti della città, dove hanno trovato rifugio gli sfollati.  Tra essi vi sono centinaia di famiglie indù, i cui villaggi sono stati distrutti dai combattenti islamici. Maung Hla, profugo indù proveniente da un sobborgo di Maungdaw, racconta: “Circa 40 terroristi sono entrati nel nostro villaggio, assalendo gli abitanti. Hanno picchiato anche mia moglie, che ora si trova all'ospedale di Sittwe. Inoltre, quella notte i terroristi hanno ucciso mio genero”.

L’uomo dichiara che almeno 20 degli aggressori avevano il volto coperto e indossavano camicie mimetiche, mentre altri erano chiaramente identificabili come persone locali. “Anche la famiglia di mio nipote e alcuni miei parenti sono fuggiti a Maungdaw dal villaggio di Myinlhe, ma lungo la strada  terroristi hanno aperto il fuoco contro di loro. Uno è all'ospedale ed è ancora vivo, gli altri sono tutti morti”. “Questi terroristi musulmani hanno dato fuoco ai villaggi. Ho 65 anni e non abbiamo mai avuto problemi con i musulmani in passato. Non so perché ci hanno fatto questo”, conclude il rifugiato.

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