19/11/2008, 00.00
PALESTINA -ISRAELE
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Resta chiusa la frontiera di Gaza. A rischio anche gli aiuti umanitari

Dopo il parziale allentamento del blocco e l’ingresso di alcuni carichi di medicinali e generi alimentari, Israele torna a chiudere i valichi verso la Striscia. La comunità internazionale preme su Tel Aviv per evitare l’acuirsi della crisi umanitaria, ma continuano i lanci di razzi da parte di Hamas.
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - “I varchi restano chiusi per il continuo lancio di razzi verso Israele” La dichiarazione rilasciata il 18 novembre dal portavoce del ministero della difesa di Tel Aviv, Peter Lerner, conferma il blocco della Striscia. Sancito nel giugno 2007, l’isolamento di Gaza è proseguito sino ad oggi con concessioni provvisorie che hanno permesso l’accesso ai territori a fini umanitari. Nei giorni scorsi Israele aveva concesso l’ingresso ai carichi di aiuti e di combustibile, ma il perdurare dei lanci di qassam hanno spinto il ministro della difesa Ehud Barak a chiudere di nuovo le frontiere complicando così l’invio di aiuti.
 
Nel frattempo Tel Aviv ha annunciato il 19 novembre di voler sostituire il responsabile dell’esercito per la Striscia Moshe Tamir con Eyal Eisenberg, che ha già diretto le operazioni nella zona per due anni.
 
Due giorni fa, Israele ha consentito l’accesso di 33 camion con generi di prima necessità e medicinali. Le agenzie umanitarie lamentano la fine delle scorte nella Striscia e l’invio degli aiuti è considerato molto inferiore rispetto alle necessità della popolazione.
 
Dal 4 novembre, giorno della ripresa degli scontri aperti tra l’esercito israeliano e le forze di Hamas, era stato interdetto l’ingresso nella Striscia ai mezzi delle agenzie umanitarie. Solo domenica 16 alcuni convogli con gli aiuti hanno ripreso a transitare, tra questi i mezzi dell’Unrwa, l’agenzia Onu che assiste circa 750mila rifugiati nell’area di Gaza.
 
La mancanza di elettricità nella Striscia è l’altro problema lamentato dagli abitanti e dalle organizzazioni umanitarie. La situazione non migliora nonostante Israele abbia aumentato i rifornimenti di carburante destinato alla principale centrale di Gaza che costringe a periodici blackout buona parte del milione e mezzo di palestinesi che vivono nei territori.
 
Il 18 novembre tank israeliani hanno oltrepassato il confine seguiti da jeep militari e bulldozer. L’incursione di 400 metri entro il territorio della striscia è stata accolta dal lancio di missili da parte delle forze di Hamas cui i mezzi israeliani non hanno risposto. I militari di Tel Aviv definiscono lo penetrazione sul limite orientale della città di Rafah, vicino al confine con l’Egitto, come “un’operazione di routine per scoprire dispositivi esplosivi”. Gli scontri tra le due parti sono riprese nelle ultime due settimane, dopo cinque mesi di relativa pace a seguito della tregua siglata con Hamas il 19 giugno. Stando alle dichiarazioni dell’esercito di Tel Aviv, dalla riapertura delle ostilità sono stati uccisi 17 militanti palestinesi mentre  su Israele sono stati lanciati più di 140 razzi e colpi di mortaio contro gli insediamenti posti al confine con la Striscia.
 
La comunità internazionale disapprova la scelta di Tel Aviv. Il segretario dell’Onu ha chiamato il primo ministro israeliano Ehud Olmert per scongiurare l’inasprimento delle condizioni in cui vivono gli abitanti della Striscia. Come riportato da un comunicato del Palazzo di vetro, Ban Ki Moon “ha fortemente sollecitato il primo ministro a facilitare una maggiore libertà di movimento degli aiuti umanitari urgenti e l’ingresso del personale Onu a Gaza”.   
 
Gli analisti leggono l’attuale situazione come il tentativo di entrambe le parti di preparare il terreno per la ridiscussione della tregua che scade il prossimo mese. Sia Hamas sia Israele intendono giungere al tavolo dei negoziati in posizioni di forza che gli permettano di ottenere migliori condizioni nel rinnovo della tregua.
 
Da parte di Hamas si registrano posizioni contrastanti sugli scontri in corso. Il portavoce del ministero degli interni di Hamas, Ihab al-Ghussein, accusa Israele di aver sovvertito la tregua che considera ormai rotta. Di tutt’altro avviso Mahmoud Zahar, altro leader del movimento palestinese, che vuole mantenere l’accordo a condizione che vengano riaperti i valichi per Gaza.
 
Anche in Israele il giudizio sulla situazione è controverso. Il Jerusalem post ha definito le dichiarazioni contrastanti dei leader politici come una “Babele”. Davanti alla nuova ondata di lanci di razzi Qassam, il quotidiano israeliano ha commentato le posizioni espresse scrivendo: “Non servono per confondere il nemico, sono piuttosto la triste indicazione del nostro grado di confusione. Niente è più scoraggiante per i cittadini d’Israele che vedere tale discordia quando il paese è sotto attacco”.
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