02/12/2011, 00.00
INDIA
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Rev. Khanna: Dopo la liberazione, non ho paura di tornare alla mia Chiesa

di Nirmala Carvalho
In un’intervista ad AsiaNews, il pastore anglicano della All Saints Church dice di essere stato “vittima di una cospirazione”, ma di non provare “alcun rancore”. Il rev. Khanna è stato in prigione per dieci giorni per aver battezzato sette musulmani.
Srinagar (AsiaNews) – “Sono stato vittima di una grave cospirazione, ma non ho paura di tornare a servire la mia Chiesa e la comunità”. Lo racconta ad AsiaNews Chander Mani Khanna, il pastore anglicano della All Saints Church del Kashmir arrestato per aver battezzato sette musulmani, poco dopo essere stato rilasciato nella notte del 1mo dicembre scorso. Il pastore ha passato dieci giorni in custodia nella stazione di polizia di Kothi Bagh (Srinagar), in base agli art. 153A (persone che promuovono disarmonia, inimicizia o odio sulla base di religione, razza, residenza, lingua o casta) e 295A (persone che urtano i sentimenti religiosi di qualunque classe sociale, con atti deliberati e maliziosi). Il suo arresto è avvenuto per la denuncia del Gran muftì del Kashmir, che lo aveva convocato davanti a un tribunale islamico dopo aver visto un video del battesimo su YouTube. Di seguito, l’intervista rilasciata ad AsiaNews dal rev. Khanna.

Rev. Khanna, com’è andato il suo processo?

Sono stato vittima di una cospirazione, nessun avvocato di Srinagar voleva prendere il mio caso, la stessa Associazione legale del Kashmir ha fatto di tutto per boicottarmi minacciando i suoi membri (cfr. AsiaNews, 30/11/2011, “Kashmir, rilasciato il pastore anglicano che ha battezzato sette musulmani”). Per due volte, il giudice ha dovuto rinviare l’udienza per stabilire la mia cauzione. Alla fine, mi hanno rilasciato solo a patto di non lasciare lo Stato. Al momento della liberazione, fuori dalla prigione ci sono state proteste, e per tornare a casa ho dovuto cambiare due auto per non essere seguito.

Ci racconti degli eventi che hanno portato al suo arresto

Nel Kashmir noi cristiani siamo una comunità molto piccola, appena 200-250 persone contro una maggioranza di musulmani, che tuttavia serviamo attraverso le nostre scuole e il nostro apostolato. Non siamo mai andati in giro a fare proselitismo, non abbiamo mai invitato le persone a convertirsi al cristianesimo. Questi sette giovani sono venuti nella nostra Chiesa per quasi sei mesi, volevano ascoltare con attenzione la Parola di Dio, e con grande rispetto sedevano tra la comunità durante i servizi. Dopo qualche mese, mi hanno confidato il desiderio di ricevere la comunione e diventare cristiani. Così, hanno iniziato a seguire un percorso di catechesi, al termine del quale hanno ricevuto il battesimo dinanzi a tutta la comunità. Queste sette persone hanno voluto battezzarsi in modo libero.

Si è pentito di aver celebrato quel battesimo?

Assolutamente no. I battesimi sono stati celebrati alla luce del sole, dinanzi a tutta la comunità. Non avevo secondi fini, questioni di soldi o altro. Sono un ministro ordinato della Church of North India (anglicana, ndr) e un cittadino indiano che vive in un Paese laico. Come ministro della Chiesa, abbiamo la nostra missione evangelica. Le Scritture dicono di andare e proclamare la Parola di Dio e il battesimo. Questo è il comandamento dato alla Chiesa, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Qui in Kashmir siamo una comunità molto piccola, eppure sembra di vivere in uno Stato islamico. Un tribunale coranico mi ha convocato e io sono andato senza problemi perché volevo spiegare loro che non avevo fatto nulla di illegale e incostituzionale.

Reverendo, cosa vorrebbe dire ai musulmani del Kashmir e di quei posti dove i cristiani sono una minoranza?

Voglio dire loro che siamo tutti figli di nostro padre Abramo, che vogliamo vivere insieme in modo pacifico, e lavorare per migliorare la reciproca comprensione. Sono molte le cose che loro non comprendono della preghiera. È urgente che i leader spirituali e gli intellettuali siedano insieme e aprano un dialogo, per il bene comune di tutte le persone. Dare alle comunità più valori spirituali, per aiutarle a capire e vivere insieme. Il messaggio di Cristo è diffondere l’amore, non l’odio: per questo noi vogliamo esprimere l’amore di Cristo nelle nostre vite, attraverso il nostro apostolato.

È disposto a tornare alla sua Chiesa, nonostante le minacce?

Certo. È imperativo che avvenga una riconciliazione tra le due comunità, perché ci si possa comprendere e aiutare l’un l’altro. Sia l’islam che il cristianesimo sono religioni di pace. Io non porto rancore verso nessuno, la mia preghiera è che Dio possa rivelare loro la verità. Non alcun potere se non quello della Buona Novella del Vangelo, che dono in modo libero così come l’ho ricevuta, e non posso che avvicinare le persone all’amore di Dio.

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