13/02/2004, 00.00
corea del nord - cina
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Rifugiati nord-coreani si convertono al Cristianesimo

Pyongyang (AsiaNews/Agenzie) – Gruppi cristiani, chiesa sotterranea cinese e missionari stranieri rischiano la vita per offrire appoggio e assistenza ai profughi nord-coreani che fuggono in Cina per scampare alla fame e agli stenti. Questa eroica testimonianza cristiana spesso spinge i profughi a convertirsi, anche se rende più pericolosa la loro condizione già difficile.

Si stima che sono circa 400 mila i nord-coreani che si sono rifugiati in Cina negli ultimi anni, attraversando il confine nord-orientale, in cerca di cibo e lavoro. Ma da quando il governo cinese ha deciso di aiutare Pyongyang a rimpatriare i profughi, essi sono costretti a vivere in clandestinità, in attesa di riuscire a raggiungere un'altra destinazione. Il rimpatrio significherebbe per loro carcere, torture, interrogatori estenuanti, deportazioni, lavoro forzato. In Corea del Nord la detenzione è talmente dura per i maltrattamenti e la carenza di cibo che un grande numero di prigionieri non riesce a sopravvivere. Per i rifugiati che si sono convertiti, spesso dopo l'incontro con missionari e volontari cristiani che li hanno aiutati, i rischi sono ancora maggiori. Se vengono scovati e rimpatriati, la loro punizione è ancora più brutale e può addirittura arrivare alla morte.

Per aiutare i profughi, gruppi cristiani e missionari danno loro gli aiuti economici di cui hanno bisogno. Spesso li mettono in contatto con le sedi diplomatiche presenti sul territorio cinese, in modo da poter fuggire all'estero, spesso in Corea del Sud. Molte famiglie di cristiani cinesi e coreani che vivono in Cina adottano giovani nord-coreani, che spesso si convertono al Cristianesimo.

Negli ultimi anni, Pechino e Pyongyang hanno messo in atto misure repressive per dare la caccia ai rifugiati e a quelli che li assistono. Le perquisizioni nelle case sono aumentate e una ricompensa in denaro è stata promessa ai cittadini che danno informazioni sui rifugiati nordcoreani. Dopo che nel 2002 molti nord-coreani si sono rifugiati nelle ambasciate e nei consolati a Pechino, le autorità cinesi hanno rafforzato la presenza della polizia nella zona. La Corea del Nord ha aumentato i controlli al confine con la Cina e ha incrementato la ricompensa per quelli che danno informazioni su missionari e persone che fanno proselitismo.

In Corea del Nord, è permesso soltanto il culto del leader Kim Jong-Il e di suo padre Kim Il-Sung. Il governo ha sempre tentato di ostacolare le presenze religiose, in particolare buddisti e cristiani, e ne impone la registrazione in organizzazioni controllate dal Partito. Il regime attua una persecuzione brutale e violenta dei cristiani e di quanti si dedicano all'attività missionaria. Da quando si è instaurato il regime comunista nel 1953, sono scomparsi circa 300 mila cristiani. Attualmente sono circa 100 mila quelli che nei campi di lavoro sono sottoposti a fame, torture e perfino alla morte. A Pyongyang sono state costruite due chiese protestanti e una cattolica, ma priva di sacerdote. (MR)

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