17/06/2019, 13.18
ISLAM-FRANCIA
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Rimpatrio di jihadisti dall’Iraq: Un ‘cavallo di Troia’ per Parigi

di Kamel Abderrahmani

Baghdad vuole impiccare undici francesi ed un cittadino tunisino. Il loro destino accende il dibattito. Parigi conferma di aver preso provvedimenti per evitare la sentenza. Avvocati francesi firmano un manifesto contro l’esecuzione. Giovane musulmano: “Quanti hanno bruciato i propri passaporti, sono degni di essere o ‘diventare ancora una volta’ francesi?”.

Parigi (AsiaNews) – Aprendo al rimpatrio dei jihadisti e delle loro famiglie, la Francia “non ha capito nulla del suo passato e di quanto successo in Iraq e Siria, o fa finta di non comprendere niente degli attentati subiti” al Charlie Hebdo, al Bataclan, a Nizza. Lo afferma Kamel Abderrahmani, intervenendo sull’ultimo dibattito che scuote l’opinione pubblica francese. In una serie di processi iniziati il 26 maggio e terminati il 3 giugno scorso, l’Iraq ha condannato a morte per impiccagione undici francesi ed un cittadino tunisino residente in Francia (foto 2). Gli imputati sono colpevoli di appartenere allo Stato Islamico (Is). Le sentenze emesse dai tribunali di Baghdad mettono alla prova la posizione della Francia: Parigi è combattuta tra il rispetto della sovranità irachena e l'opposizione alla pena di morte. Pubblichiamo la riflessione del giovane studioso musulmano. (Traduzione a cura di AsiaNews).

In Francia, si è levato un altro dibattito sul possibile ritorno di jihadisti francesi sul suolo nazionale. A mio parere, questa è una discussione che non dovrebbe aver luogo, visto ciò che questo Paese ha sofferto per mano di terroristi islamici. Essa mostra chiaramente che o lo Stato francese non ha capito nulla del suo passato e di quanto successo in Iraq e in Siria, o fa finta di non comprendere niente degli attacchi di Charlie Hebdo, del Bataclan, di Nizza...

Le autorità francesi avevano negato il rimpatrio a questi terroristi, affinché alla fine i curdi potessero consegnarli allo Stato iracheno. Tuttavia, dopo la condanna a morte emessa nei loro confronti da Baghdad, Parigi conferma di aver preso provvedimenti per evitare questa sentenza! È come se il governo francese si aspettasse che fossero accolti come eroi dagli iracheni o che i francesi scendessero in piazza per chiederne il ritorno in Francia!

Avvocati francesi, tra cui il presidente onorario della Lega per i diritti umani, Henri Leclerc, si sono spinti a firmare un manifesto che afferma: “L'esecuzione di queste sentenze o persino la loro dichiarazione [...] significherebbe rispondere alla barbarie con una pena che vietiamo in modo categorico”; un “rischio storico che, qualora si realizzasse, lascerebbe una macchia indelebile sul mandato di Emmanuel Macron, rendendo così possibile un assassinio legale ora bandito dalla maggior parte dei Paesi del pianeta, ad eccezione di Arabia Saudita, Iraq, Cina, degli Stati Uniti”.

In effetti, potrebbero esser poste domande legittime. Quanti hanno bruciato i propri passaporti, sono degni di essere o “diventare ancora una volta” francesi? Se no, perché la Francia non segue l’esempio dei Paesi Bassi, che hanno privato della nazionalità olandese i terroristi unitisi allo Stato malvagio in Iraq e in Siria? Non hanno forse scelto volontariamente di negare lo Stato di diritto che è la Francia e di sputare sulla sua democrazia? Cosa si aspettano da un Paese e da un popolo che sono pronti ad uccidere e distruggere? Secondo me, questi avvocati dovrebbero difendere innocenti, intellettuali e pensatori che Paesi come l'Arabia Saudita condannano a morte, non terroristi solo perché sono francesi! L’esser francesi non dà diritto di far tutto ciò che si vuole!

Penso che la vita di questi terroristi, siano essi francesi o altri, non sia così importante di fronte ai massacri perpetrati, alle torture, alla schiavitù di uomini e donne – tra cui gli yazidi –, l'indottrinamento di bambini ecc. Tale barbarie che nessuna nazione tollera è commessa in Medio Oriente ed è lì che costoro meritano di essere giudicati. Gli occidentali dovevano dare agli iracheni l'opportunità di rendere giustizia a quanti sono sopravvissuti a Daesh.

Inoltre, riguardo ai bambini nati da genitori che si sono uniti a Daesh, la domanda che mi pongo è: in una scuola della Repubblica, un bambino che ha subito il lavaggio del cervello, in grado di maneggiare armi al punto da saperle smontare e rimontare ad occhi bendati, indottrinato fino a respirare solo odio per i “miscredenti”, cosa potrebbe farsene dei suoi compagni di classe, che conoscono solo il nome delle armi? C'è forse la possibilità di de-radicalizzarlo e mettere a nudo gli errori e le atrocità commessi dai suoi genitori? La Francia non deve commettere passi falsi su questo tema, perché essi avrebbero un impatto diretto sull'intera Europa. In altre parole, se non li de-radicalizziamo in profondità, questi bambini saranno un futuro cavallo di Troia; perché quando facciamo delle scelte di questa natura, dobbiamo accettarne le conseguenze.

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