13/11/2017, 10.51
RUSSIA
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Rivoluzione d’Ottobre: la memoria dei martiri e il destino del mausoleo di Lenin

di Vladimir Rozanskij

Metropolita Ilarion: La Chiesa ortodossa russa ha canonizzato oltre 2mila martiri del comunismo. “Erano semplici fedeli, monaci e monache, sacerdoti e vescovi, quasi tutti fucilati dalla polizia sovietica”. Si attende la beatificazione dei martiri cattolici, primo fra tutti Konstantin Budkiewicz, fucilato la notte di Pasqua del 1923. La sepoltura di Lenin divide gli animi.

Mosca (AsiaNews) - In questi giorni di rievocazioni degli eventi rivoluzionari del 1917, una dimensione fondamentale della memoria riguarda non solo gli eventi e le strutture del potere, ma le persone, quelle che hanno provocato e subito le grandi trasformazioni della società e dei rapporti, e soprattutto quelle che hanno testimoniato la forza della fede con il proprio sacrificio. Sono i nuovi martiri: alcuni venerati, moltissimi sconosciuti che oggi illuminano il presente della Chiesa e del popolo russo.

Intervenendo nei giorni scorsi al programma “La Chiesa e il mondo” dell’emittente Russia 24, il metropolita Ilarion (Alfeev) ha ricordato che la Chiesa ortodossa russa ha canonizzato oltre 2000 persone che hanno dato la vita per la propria fede dopo la rivoluzione del 1917. “La Chiesa ha dato il suo giudizio sulla rivoluzione, canonizzando i martiri e i confessori nel sinodo del 2000. Allora sono stati proclamati circa 1000 santi, che ora sono già più di 2000. Erano semplici fedeli, monaci e monache, sacerdoti e vescovi, quasi tutti fucilati dalla polizia sovietica”, ha ricordato il metropolita.

Anche la Chiesa Cattolica riconosce i propri martiri del comunismo sovietico, ed è attiva una commissione per la loro causa di beatificazione; nonostante la difficoltà di raccogliere e pubblicare la necessaria documentazione, dovuta anche alla chiusura degli archivi negli ultimi anni, molti materiali offrono esempi luminosi di fedeltà e abnegazione di sacerdoti, vescovi e laici, a partire dal prelato Konstantin Budkiewicz, primo martire cattolico della rivoluzione. Egli venne fucilato nella notte di Pasqua del 1923 nei sotterranei della Lubianka, il palazzo della Čeka, per affermare la vittoria dell’uomo su Dio. Insieme a un gruppo di altri 15 servi di Dio Martiri di Russia, egli attende la proclamazione ufficiale del suo martirio.

Secondo Ilarion, i russi non devono dimenticare le vittime di quegli anni, e la lezione che hanno consegnato alle generazioni successive: “Si tratta degli avvenimenti più tragici della nostra storia, che oggi vengono valutati secondo diversi punti di vista, sia per gli stessi eventi rivoluzionari, sia per quanto riguarda le vicende successive. La Chiesa ha indicato con chiarezza chi erano le vittime, e chi i carnefici. Se il potere degli uomini si rivolge coscientemente e dimostrativamente contro Dio, significa che questo potere non viene da Dio e gli uomini che lo servono non compiono la volontà di Dio, ma la volontà di qualcun altro”, ha aggiunto il capo del Dipartimento per i rapporti esterni del Patriarcato.

I problemi dello sviluppo economico e sociale, quindi, si devono risolvere con cambiamenti progressivi, e non con le rivoluzioni: “Penso che tutti i problemi si possano affrontare con percorsi evolutivi. Oggi molti discutono sui vantaggi e gli svantaggi della rivoluzione, ma proviamo a pensare anche al nostro presente: se cominciamo a far vacillare le autorità preposte, lasciando entrare persone che con i soldi arrivati dall’estero lo faranno crollare, cercheranno di impadronirsi del potere promettendo di rendere tutti felici e poi reprimendo tutti come hanno fatto i bolscevichi, è proprio di questo che abbiamo bisogno?”

Il prelato ha ricordato che prima della rivoluzione, la Russia si era già incamminata sulla via delle riforme e aveva un grande potenziale di sviluppo, tanto che molte misure tanto celebrate, prese poi dal governo di Lenin, come l’elettrificazione del Paese, erano state progettate prima dei cambiamenti. “Le riforme si realizzano con i tempi necessari, anche superando le diversità di vedute e la contrapposizione degli schieramenti”, ha concluso Ilarion.

Seppellire Lenin

Oltre ai martiri ortodossi e ai tanti perseguitati per la loro fede, per la giustizia e la libertà di espressione, c’è un defunto la cui memoria continua a pesare sulle coscienze dei russi, ed è proprio quello del leader e profeta della rivoluzione, Vladimir Lenin. Gli anniversari di questi giorni hanno riproposto per l’ennesima volta il dibattito sulla conservazione del suo mausoleo sulla Piazza Rossa o sulla sua definitiva sepoltura, ogni volta dividendo l’opinione pubblica e le posizioni degli stessi politici. La Chiesa russa ha espresso più volte la sua opinione circa la necessità di seppellire cristianamente il corpo di Lenin, invece di continuare a esporlo in forma pagana, ma in questi giorni ha proposto di rimandare la questione con una moratoria di cinque-dieci anni, per evitare di eccitare di nuovo gli animi delle persone e provocare nuove divisioni.

In questo senso si è espresso uno dei portavoce del Patriarcato e consigliere del presidente della Duma, Aleksandr Shipkov, durante un intervento alla Biblioteca di letteratura straniera a Mosca. Secondo lui “il fatto che il corpo insepolto giaccia nel centro stesso dello Stato russo, è una situazione inaccettabile da tutti punti di vista, né umano, né cristiano e neppure politico… chi riuscirà finalmente a seppellire Lenin, entrerà nella storia”. Tuttavia, in una fase in cui si distruggono i monumenti da parte di fazioni contrapposte, in Russia come in Ucraina, per esprimere i propri sentimenti sul periodo sovietico, secondo Shipkov è più opportuno fermarsi finché non si placheranno gli animi. “Che cosa è più importante per noi”, ha concluso il rappresentante del Patriarcato, “cercare il consenso tra i popoli e le nazioni, salvando noi e i nostri figli da ulteriori spargimenti di sangue, o stabilire la data della sepoltura di Lenin?”.

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