05/09/2016, 12.25
VATICANO
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Santa Teresa di Calcutta, una “matita che ha scritto poemi straordinari”

Il card. Pietro Parolin celebra la messa di ringraziamento per la canonizzazione della Madre: “Ha visto nei bambini ancora non nati i ‘più poveri fra i poveri’, perché dipendono in tutto dagli altri. Ha difeso coraggiosamente la vita nascente, con quella franchezza di parola e linearità d’azione che è il segnale più luminoso della presenza dei Profeti e dei Santi, i quali non si inginocchiano a nessuno tranne che all’Onnipotente”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Madre Teresa di Calcutta “amava definirsi ‘una matita nelle mani del Signore’. Ma quali poemi di carità, di compassione, di conforto e di gioia ha saputo scrivere quella piccola matita! Poemi di amore e di tenerezza per i più poveri dei poveri, ai quali ha consacrato la sua esistenza!”. Lo ha detto questa mattina il Segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, nel corso della messa di ringraziamento per la canonizzazione della fondatrice delle Missionarie della Carità.

Davanti a una numerosa folla, nell’anniversario della morte della Madre, il presule ha sottolineato come la nuova santa “abbia aperto gli occhi sulla sofferenza. L’ha abbracciata con uno sguardo di compassione, tutto il suo essere è stato interpellato e scosso da questo incontro, che le ha – in un certo senso – trafitto il cuore, sull’esempio di Gesù, che si è commosso per la sofferenza della creatura umana, incapace di risollevarsi da sola”.

Ella, icona di questo Giubileo straordinario della Misericordia, non aveva un segreto: “Non aveva un segreto perché l’abbiamo appena proclamato a voce alta nel Vangelo: ‘In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Madre Teresa ha scoperto nei poveri il volto di Cristo ‘che si è fatto povero per noi per arricchirci con la sua povertà’ ed ha risposto al suo amore senza misura con un amore senza misura per i poveri”.

Il card. Parolin ha voluto poi ricordare come la Madre avesse capito che “una delle forme più lancinanti di povertà consiste nel sapersi non amati, non desiderati, disprezzati. Una specie di povertà presente anche nei Paesi e nelle famiglie meno povere, anche nelle persone appartenenti a categorie che dispongono di mezzi e possibilità, ma che sperimentano il vuoto interiore di aver smarrito il significato e la direzione della vita o sono violentemente colpiti dalla desolazione dei legami spezzati, dalla durezza della solitudine, dalla sensazione di essere dimenticati da tutti o di non servire a nessuno. Ciò l’ha portata ad identificare i bambini non ancora nati e minacciati nella loro esistenza come ‘i più poveri tra i poveri’. Ciascuno di loro infatti dipende, più di qualsiasi altro essere umano, dall’amore e dalle cure della madre e dalla protezione della società”.

Di conseguenza “difese coraggiosamente la vita nascente, con quella franchezza di parola e linearità d’azione che è il segnale più luminoso della presenza dei Profeti e dei Santi, i quali non si inginocchiano a nessuno tranne che all’Onnipotente, sono interiormente liberi perché interiormente forti e non si inchinano di fronte alle mode o agli idoli del momento, ma si specchiano nella coscienza illuminata dal sole del Vangelo”.

Ricordando le parole pronunciate dopo l’assegnazione del Nobel – “voglio che mi diate non il vostro superfluo, ma fino a che vi faccia male” – il Segretario di Stato le definisce “come una soglia, varcata la quale, entriamo nell’abisso che avvolse la vita della Santa, in quelle altezze e in quelle profondità che sono difficili da esplorare perché ripercorrono da vicino le sofferenze di Cristo, il suo incondizionato dono d’amore e le ferite profondissime che dovette subire. È l’insondabile densità della Croce, di questo ‘far male’ del bene fatto per amore di Dio, a causa dell’attrito che esso provoca nei confronti di tutti coloro che vi resistono, in ragione dei limiti delle creature, del loro peccato e della morte che ne è il salario”.

Quando Madre Teresa passò da questa terra al Cielo, il 5 settembre 1997, “per alcuni lunghi minuti Calcutta rimase completamente senza luce. Lei su questa terra era un segno trasparente che indicava il Cielo. Nel giorno della sua morte il Cielo volle offrire un sigillo alla sua vita e comunicarci che una nuova luce si era accesa sopra di noi. Ora, dopo il riconoscimento “ufficiale” della sua santità, questa luce brilla ancora più vivida. Che questa luce, che è la luce intramontabile del Vangelo, continui ad illuminare il nostro pellegrinaggio terreno e i sentieri di questo nostro difficile mondo! Santa Teresa di Calcutta, prega per noi!".

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