11/12/2009, 00.00
VATICANO - ISRAELE
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Secondo lo Yedioth Aharonoth, i dialoghi Santa Sede-Israele sono in crisi

di Arieh Cohen
Il giornale più diffuso in Israele cita il capo delegazione Daniel Ayalon e parla di fallimento in vista. Eppure il comunicato congiunto esalta la “mutua comprensione”. Secondo esperti: un trucchetto del governo israeliano per tenere buoni i fondamentalisti israeliani anti-cristiani. Preoccupa la possibilità di confisca di Capharnaum e della basilica dell’Annunciazione a Nazareth.

 Tel Aviv (AsiaNews) –La riunione Plenaria, della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele, tenuta in Vaticano ieri 10 dicembre, sarebbe fallita e vi sarebbe “crisi” nelle trattative. Lo afferma l’edizione web dello Yedioth Aharonoth , il quotidiano più diffuso in Israele.

 Il sito cita il presidente della delegazione israeliana, il vice ministro degli Esteri, Daniel Ayalon, che avrebbe dichiarato: “É assolutamente possibile parlare di una certa crisi. É vero che abbiamo deciso di non arrivare alla rottura, e di metterci d’accordo di non essere d’accordo, per il momento. Comunque, dopo la riunione la sensazione è che siamo tornati indietro e che, in effetti, tutte le conclusioni alle quali erano giunte le équipes di lavoro prima della riunione sono state annullate.” Secondo la stessa notizia giornalistica le cause della crisi nei negoziati sarebbero l’aspettativa della Chiesa di recuperare il Cenacolo al Monte Sion e le obiezioni della Chiesa alla confisca delle sue proprietà, specialmente quelle vicine al Mare di Galilea e nella zona di Nazaret. Il vice-ministro, si riferisce, avrebbe detto al giornalista che le proprietà ecclesiastiche devono invece essere confiscate perché “sono richieste per infrastrutture pubbliche, come strade e marciapiedi”.

Fonti della Chiesa in Israele spiegano ad AsiaNews che si tratta, in verità, dei Luoghi Santi che commemorano la vita e il ministero di Gesù, quali Capharnaum sul Mar di Galilea e il santuario dell’Annunciazione a Nazaret. La Chiesa vuole salvaguardarli proprio  perché non siano confiscati  e fatti diventare “strade e marciapiedi”.

Fonti informate delle trattative, raggiunte da AsiaNews, erano palesemente colte di sorpresa dall’articolo e non hanno voluto commentare oltre a suggerire di fidarsi piuttosto del Comunicato congiunto che parla positivamente di “lavoro compiuto” e di “lavoro ancora da compiere”, che mette in risalto il “clima di cordialità e di mutua comprensione” e che evidenzia la determinazione condivisa di continuare le trattative, fissando persino i prossimi appuntamenti.

Osservatori della scena politica in Israele suggeriscono che questo tipo di dichiarazione è probabilmente destinato “al consumo interno in Israele”. Essi fanno notare che alla vigilia della riunione, come anche in occasioni precedenti, c’erano state proteste ad alta voce da parte di ambienti fondamentalisti anticristiani contro l’atteso Accordo con la Chiesa cattolica. “Dare l’impressione che le trattative non siano riuscite – essi dicono - potrebbe essere un modo per zittire tali ambienti e permettere al governo di continuare a fare ulteriori progressi nei negoziati in modo discreto, senza pressioni ostili del genere”.

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