28/08/2008, 00.00
COREA DEL SUD
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Seoul, 200mila monaci buddisti in piazza contro l’amministrazione Lee

di Theresa Kim Hwa-young
I monaci denunciano episodi di discriminazione e di violazione della libertà religiosa da parte di funzionari e alte cariche dello Stato. Essi chiedono scuse ufficiali da parte del presidente coreano e una parità di trattamento, denunciando un clima “inospitale” nei loro confronti.

Seoul (AsiaNews) – Scuse ufficiali per non aver garantito la pari dignità fra le religioni, duri provvedimento contro quanti hanno esercitato discriminazioni di tipo confessionale, in particolare verso leader buddisti, e l’immunità per i manifestanti che nelle scorse settimane hanno organizzato delle fiaccolate contro la ripresa delle importazioni di carni bovine americane. Sono le ragioni che hanno spinto oltre 200mila monaci a riversarsi nelle strade di Seoul, ieri pomeriggio, per una massiccia campagna di protesta contro il presidente Lee Myung-bak e la sua amministrazione.

La dimostrazione ha preso il via alle due di ieri pomeriggio, mercoledì 27 agosto, dalla piazza centrale di Seoul e ha registrato l’adesione di alcuni preti cattolici ed esponenti dell’opposizione, che hanno voluto testimoniare la loro solidarietà ai vari ordini buddisti presenti; Jogye, Cheontae, Taego e Gwaneum. I manifestanti hanno raggiunto il tempio di Jogye passando per Sejong Road.

Yu In-chon, ministro della cultura, dello sport e del turismo ha ribadito che verranno introdotte regole che “vietino ai funzionari pubblici di perpetrare discriminazioni” per motivi di “fede”, ma i monaci buddisti sottolineano che i provvedimenti “non sono sufficienti” e definiscono “inospitale” il trattamento che essi ricevono dai governanti.

Nel giugno sorso una mappa elettronica della capitale elaborata dal governo non includeva i templi buddisti: in seguito alle feroci polemiche divampate, i funzionari si sono scusati dicendo che si è trattato di un “errore” e hanno provveduto ad aggiornare le piantine. A gettare benzina sul fuoco vi è anche la pubblicazione di una foto che ritraeva il capo delle forze di sicurezza che presenziava ad un evento benefico organizzato da una associazione cristiana.

Ai monaci buddisti sono già pervenute le “scuse” di diversi membri del governo fra i quali il primo ministro Ha Seung-soo, ma essi chiedono con forza che si pronunci anche il presidente Lee, l’uomo forte del Paese, di fede cristiana protestante. La Corea del Sud è uno dei Paesi più tolleranti e garantisti in tema di libertà religiosa in Asia: sia al governo che alla presidenza si sono sempre alternati cattolici, protestanti e buddisti. Secondo fonti ufficiali che risalgono al 2005 i buddisti sono il 22,8& della popolazione, i protestanti il 18,3% e il cattolici l’11%.

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