23/06/2009, 00.00
COREA DEL SUD
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Seoul, i medici staccano la spina alla donna in coma. Primo caso di “eutanasia passiva”

Questa mattina i dottori hanno rimosso il respiratore artificiale e l’alimentatore. Kim, 77 anni, era in coma dal febbraio 2008 in seguito a un intervento di endoscopia malriuscito. I familiari hanno intentato una causa verso l’ospedale che ha eseguito l’operazione. La Chiesa cattolica giudica la decisione un segno del “degrado della vita umana”.
Seoul (AsiaNews/Agenzie) – Lo Yonsei Severance Hospital di Seoul ha staccato il respiratore artificiale che teneva in vita una donna di 77 anni, conosciuta con il nome di Kim, entrata in coma nel febbraio del 2008 in seguito a un’emorragia causata da intervento di endoscopia malriuscito. È il primo caso di “morte dolce” in Corea del Sud. I medici hanno eseguito una sentenza emessa il 21 maggio scorso dalla Corte Suprema, a seguito di una lunga battaglia legale fra i parenti della donna e la clinica.
 
Alle 10.24 di questa mattina (ora locale) il professor Park Moo-seok ha rimosso l’alimentatore e il respiratore artificiale che tenevano in vita la paziente; la donna (nella foto pubblicata dall’agenzia sud-coreana Yonhap News) è stata trasferita dall’unità di terapia intensiva in un reparto di medicina generale ed è assistita dai parenti più stretti. Dopo la dichiarazione di morte, che avverrà nel volgere di qualche ora, Kim verrà sottoposta ad autopsia. I familiari hanno anche avviato una causa civile nei confronti dell’ospedale che ha eseguito l’operazione.
 
Il primo caso di “eutanasia passiva” in Corea del Sud è frutto di una vertenza durata oltre un anno. Nella sentenza emessa dai giudici si spiega che Kim è “entrata in uno stadio irrevocabile” dal quale è “impossibile” prevedere una “ripresa”, aggiungendo che “la morte sarebbe imminente senza l’aiuto di un respiratore”. Un prolungamento della terapia potrebbe “ledere la dignità del paziente” ed essere contraria “alle sue volontà”.
 
La vicenda ha suscitato forti polemiche nel Paese. La Chiesa cattolica si è subito schierata a difesa della vita, sottolineando che la decisione della Corte è un segno del “degrado della vita umana” che viene considerata “alla stregua di un oggetto”. Lee Hoi-chang, 74ene politico cattolico sud-coreano, ha parlato di “ambiguità” nella decisione dei giudici, ribadendo che “la condizione di malato terminale non significa il decesso” e “morire con dignità” significa solo “mettere fine alla vita umana” o, in altri termini, “eutanasia”.
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