04/03/2008, 00.00
COREA
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Seoul annuncia maggiore attività per i diritti umani al Nord, che chiude le frontiere

L’inviato sudcoreano al Consiglio per i diritti umani dell’Onu sottolinea: mai più politica ad occhi chiusi nei confronti di Pyongyang. Il regime risponde chiudendo l’accesso agli operatori umanitari di Seoul.
Seoul (AsiaNews) – Il governo sudcoreano “sarà più attivo dei suoi predecessori per quanto riguarda la questione dei diritti umani nel Nord della penisola” e non permetterà più “una politica estera fatta con gli occhi chiusi”. Lo ha affermato ieri il vice ministro degli Esteri di Seoul al Consiglio per i diritti umani dell’Onu riunito a Ginevra. Subito dopo queste dichiarazioni, Pyongyang ha ordinato la chiusura delle frontiere per gli operatori umanitari sudcoreani.
 
Nel corso della riunione del Consiglio, Park In-kook – inviato dal neo presidente conservatore Lee Myung-bak – ha detto: “Siamo contrari alla politica adottata dai precedenti governi sudcoreani [quello di Roh Moo-hyun e quello di Kim Dae-jung, entrambi liberali e fautori della “sunshine policy” ndr]. Vogliamo che la comunità internazionale sappia che non siamo più disposti a cedere sui diritti umani in Corea del Nord”.
 
Il riferimento è alle 5 votazioni dell’Onu sulla questione, che Seoul ha sempre boicottato rimanendo in silenzio o votando a sfavore. Grazie a questo atteggiamento, denuncia Park, “abbiamo inviato a Pyongyang prigionieri politici, aiuti umanitari e operatori sanitari senza ottenere nulla in cambio. Ora, il presidente Lee vuole dire alla Corea del Nord quello che si deve dire, affrontando ogni questione dal punto di vista dei valori umani internazionali”.
 
Pyongyang ha risposto alle dichiarazioni chiudendo le frontiere agli operatori umanitari sudcoreani. Un comunicato dell’Ufficio del turismo del regime stalinista ha infatti imposto al ministero dell’Unificazione di Seoul “l’interruzione immediata di ogni visita alle regioni del monte Kumgang e di Kaesong”, le zone demilitarizzate dove le due nazioni si incontrano per motivi assistenziali o industriali. Inoltre, un editoriale apparso sul Chosun Shinbo – quotidiano dei nordcoreani residenti all’estero, edito dal Partito dei lavoratori di Pyongyang – ha bollato la politica di Lee Myung-bak come “non realistica” e “fuori dal tempo”. Secondo alcuni analisti, questi attacchi sono però “un sintomo del nervosismo del regime, che sa di essere dipendente dalla benevolenza di Seoul e di Pechino”.
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