09/09/2011, 00.00
COREA
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Seoul compra missili ad alta precisione per sfidare Pyongyang

Dopo le provocazioni militari degli ultimi due anni, il governo del Sud ha deciso di acquistare (da Israele) una batteria missilistica ad alta precisione. E la vuole dispiegare al confine con il Nord. Un analista spiega: “Alla guerra vera e propria non si arriverà mai. La Cina ha perso la voglia di combattere per Pyongyang”.
Seoul (AsiaNews) - La Corea del Sud è pronta per acquistare da Israele una batteria composta da 50 missili ad alta precisione, gli unici in grado di difendere le isole dagli attacchi del regime nordcoreano. Questi saranno dispiegati su due isole sotto il controllo di Seoul al confine con la Corea del Nord: usando tecnologia Gps, sono in grado di fermare l’artiglieria pesante.

Seoul sembra dunque aver deciso per la linea dura, almeno dal punto di vista militare, nei confronti di Pyongyang che – negli ultimi due anni – ha attaccato due volte bersagli del Sud. Il primo, la corvetta Cheonan, è stata affondata provocando la morte di 46 marinai; il secondo, l’isola di Yeonpyeong, è stato bombardato a novembre. Nell’attacco sono morti 2 civili e 2 militari.

L’opinione pubblica del Sud ha duramente criticato il governo per aver risposto in maniera troppo blanda alle provocazioni del Nord, che deve puntare sull’esercito per mantenere al potere la dinastia dei Kim. L’acquisto dei missili è dunque un segnale anche interno, che dimostra la volontà di rispondere al fuoco in caso di attacco.

Tuttavia, spiega il professor Andrei Lankov – docente di Studi coreani all’Università di Seoul – “la questione è quasi del tutto in mano alla Cina. Pyongyang, lasciata sola, non ha proprio i mezzi per affrontare un conflitto serio. Certo ha le armi, e ovviamente la bomba atomica: ma sa che lanciandola potrebbe ferire sé stessa o il gigante cinese e ha paura. Pechino, da parte sua, non vuole combattere per un regime che non le serve più”.

Secondo il docente, “la Cina ha indicato molto chiaramente la strada che la Corea del Nord deve seguire: parziale liberalizzazione del mercato e apertura ai capitali stranieri, sulla falsariga delle aperture di Deng Xiaoping. Ma i Kim temono che, seguendo questa strada, verranno scalzati dal potere e preferiscono le provocazioni militari alternate a segnali di apertura. Fino a qualche anno fa Pechino approvava la strategia: ora non ha la voglia, o i soldi, per fare una guerra al posto loro”.
 
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