08/03/2007, 00.00
LIBANO
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Sfeir: serve una “soluzione libanese” ad una crisi che dura da troppo tempo

Dai vescovi maroniti la “costatazione” che “rimangono lontani” i punti di vista di Damasco e Beirut. Sarebbe una dimostrazione di incapacità nazionale se il tribunale internazionale dovesse essere imposto dalle Nazioni Unite.

Beirut (AsiaNews) - La ricerca di una “soluzione libanese” alla crisi politica che da mesi attanaglia il Paese e la “costatazione” che “rimangono lontani” i punti di vista di Damasco e Beirut sono i punti centrali del comunicato diffuso dai vescovi maroniti al termine della loro riunione mensile, tenutasi ieri a Bkerke sotto la presidenza del patriarca Nasrallah Sfeir. Nel documento i vescovi affermano anche che sarebbe una dimostrazione di incapacità nazionale se il tribunale internazionale sull’assassinio dell’ex premier Rafic Hariri dovesse essere imposto dalle Nazioni Unite.

 “E’ durata troppo – sostiene il documento, letto da mons. Youssef Tawk – la situazione attuale che vede proseguire i contrasti fra opposizione e maggioranza, fra crisi di governo, scioperi, manifestazioni ed un sit-in che va avanti da più di tre mesi”. Tutto ciò “ha causato considerevoli perdite umane e materiali, spingendo numerosi cervelli libanesi a prendere la strada dell’emigrazione, vicina o lontana, e provoca un gran numero di licenziamenti di lavoratori”. “E’ durata troppo e senza che si sia trovata una soluzione accettabile – ribadiscono i vescovi - la polemica sulla formazione di un nuovo governo nel quale maggioranza e opposizione si dividano le responsabilità. Ciò prova che ogni parte è bloccata sulle sue posizioni e non è un buon segno”.

Ieri sera, sul fronte della ricerca di una soluzione che ponga fine alla crisi politica, l’ambasciatore saudita Abdel Aziz Khoja - che è fortemente impegnato in un’opera di mediazione e ieri ha separatamente incontrato il presidente del Parlamento, Nabih Berri, e il primo ministro Fouad Siniora - ha espresso la speranza che possa aver luogo “presto” un incontro tra Berri – che è anche capo del movimento sciita Amal, all’opposizione – e il leader della maggioranza Saad Hariri.

L’esame della situazione condotto dai vescovi tocca poi i rapporti con la Siria. I presuli notano che la proposta “avanzata da alcune parti per il dispiegamento di osservatori internazionali per controllare la frontiera siro-libanese è stata accolta con un rifiuto e la minaccia di chiudere le frontiere”.

L’idea di un monitoraggio internazionale sulla frontiera era stata avanzata, da ultimo, dal viceministro degli Esteri tedesco, August Hanning. Ma il ministro degli Esteri siriano Walid Moallem, ha definito l’idea “un segno che l’Occidente vuole lo stato di guerra” tra i due Paesi e che di fronte allo schieramento di osservatori dell’Onu, Damasco avrebbe risposto con la chiusura delle frontiere.

Ultimo tema toccato dai vescovi è quello della formazione del tribunale internazionale che dovrebbe giudicar i responsabili dell’assassinio dell’ex premier Rafic Hariri. “Ricorrere al capitolo VII della Carta dell’Onu [che prevede misure coercitive in caso di minaccia alla pace] per la creazione di un tribunale internazionale dimostrerebbe che la nostra piccola nazione è divisa e incapace di gestire da sola i suoi interessi. Ciò rappresenterebbe un colpo capace di paralizzare il Paese ancor più di quanto lo è”.

A conferma di quanto sia grave la preoccupazione del patriarca Sfeir per la situazione del Paese, il presidente dell'Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici in Libano ha convocato i membri dell'assemblea ad una riunione straordinaria che avrà luogo a Bkerke lunedì 12 e martedì 13 marzo.

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