17/01/2015, 00.00
INDIA
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Sikh, il loro turbante è una "minaccia" per il basket: proibito

L'International Basketball Federation (Fiba) ha vietato l'uso di copricapi voluminosi per questioni di "sicurezza". La norma colpisce i giocatori di basket sikh provenienti dal Punjab, i migliori dell'India. Tre campioni hanno accettato di tagliarsi i capelli per non usare più il turbante: "Io sono l'unica fonte di reddito per la mia famiglia, ma è stato straziante. È stato come perdere una parte di me".

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) - Negli ultimi anni, il Punjab è lo Stato che ha sfornato più talenti nel mondo del basket indiano. Eppure, il Paese rischia di perdere i suoi giocatori migliori e di non essere più competitivo, anche a livello internazionale. Complice di questa "disfatta" è l'International Basketball Federation (Fiba), che nel giugno 2014 ha vietato l'uso di qualsiasi tipo di copricapo che possa rappresentare una "minaccia" per gli altri giocatori. Una norma che colpisce in modo diretto gli sportivi sikh, la cui religione impone loro di coprire i capelli (mai tagliati) con un turbante, e il Punjab, dove essi rappresentano la comunità di maggioranza (60%).

Secondo l'art. 4.4.2 della Fiba, i giocatori di pallacanestro possono indossare copricapi non più larghi di cinque centimetri (come delle fasce, ndr), per tenere i capelli lontani dal viso e asciugare il sudore. Da quando è stata promulgata, la norma ha spinto molti giovani sikh del Punjab a rinunciare a giocare a basket. Come se non bastasse, tre grandi campioni indiani di pallacanestro hanno deciso di tagliarsi i loro capelli, per poter partecipare all'Asia Cup che si è tenuta lo scorso settembre.

Un passo, racconta Amjyot Singh, che è stato "straziante. Non capiscono che per me non è solo un copricapo. È parte del mio corpo. Per giustificare la norma, mi hanno detto che qualcuno potrebbe nascondere un'arma pericolosa dentro il turbante. Ma questo non ha alcun senso. Gli indiani hanno sempre giocato indossando il patka e non è mai accaduto nulla". Il patka è la versione ridotta del turbante, usata in genere dai bambini e dagli sportivi, perché più comoda.

Amritpal Singh, compagno di squadra e sikh come Amjyot, spiega: "Vengo da una famiglia povera di allevatori di Amritsar e sono l'unica fonte di reddito. Ho visto l'impotenza di mio padre quando gli ho detto che avrei dovuto tagliarmi i capelli. Era sconvolto, ma non ha avuto altra scelta che darmi il permesso".

I sikh che passano il khanḍe-kī-pahul, il "battesimo" (non obbligatorio), devono possedere le cinque "k", i "segni fisici della fede": kesh, capelli lunghi, mai tagliati e raccolti in un patka o in un turbante; kara, un braccialetto di ferro o d'acciaio; kirpan, pugnale cerimoniale; kangha, il pettine; kacha (mutande o sottovesti di tipo allungato, simbolo dell'autocontrollo e della castità).

Per i sikh le cinque "k" sono più che semplici simboli, perché fanno parte dell'essenza stessa della loro fede. Per questo i giocatori di basket (o gli aspiranti tali) di tale religione vivono la regola imposta dalla Fipa come una scelta di vita. "Le persone - sottolinea ancora Amjyot - ci conoscono per la pallacanestro. Questo sport ci dà lavoro e porta il cibo sulle nostre tavole. È tutto per noi. Ma perderà tanti talenti dal Punjab, se non rivedranno questa norma. Ormai l'ho fatto, ma se mio figlio un domani mi chiederà di giocare a basket, non glielo lascerò fare".

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