16/01/2020, 11.00
INDIA
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Sinodo siro-malabarese: le conversioni forzate con il ‘love jihad’ danneggiano la pace sociale

di Nirmala Carvalho

I vescovi citano rapporti ufficiali della polizia, secondo cui diversi cristiani convertiti si sono uniti all’Isis. La polizia deve “trattare la questione come un problema di ordine pubblico e non religioso”.

Mumbai (AsiaNews) – La pratica delle conversioni forzate con il “love jihad” è una “realtà in Kerala e mette in pericolo la pace sociale e l’armonia religiosa”: lo afferma il Sinodo della Chiesa siro-malabarese [uno dei tre riti della Chiesa cattolica indiana, ndr] in una dichiarazione ufficiale diffusa ieri. I vescovi esprimono preoccupazione ed esortano i fedeli a essere attenti. “Queste pratiche – aggiungono – rappresentano una seria minaccia al tessuto laico dello Stato”.

Da una settimana i vescovi sono riuniti a Kakkanad, periferia di Kochi, in occasione della Plenaria. Per la prima volta un organismo della Chiesa indiana lancia l’allarme sull’aumento dei casi di ragazze cristiane convertite all’islam e “usate per attività di terrorismo”.

Con “love jihad” e “Romeo jihad” si intende la teoria, sostenuta in particolare da attivisti della destra nazionalista, secondo cui organizzazioni musulmane seducono ragazze di differente religione con false dichiarazioni d’amore. L’obiettivo sarebbe quello di convertirle all’islam o radicalizzarle.

I vescovi citano i rapporti della polizia, secondo cui la metà di 21 indiani del Kerala che si sono uniti allo Stato islamico negli anni scorsi sono dei cristiani convertiti. Secondo il Sinodo, presieduto dal card. George Alencherry, arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, “è grave il fatto che i dati ufficiali non riportano [l’esistenza] di molte persone convertite e usate in azioni terroristiche. Queste statistiche mostrano che il ‘love jihad’ non è immaginario”.

I vescovi sottolineano che la pratica di convertire le ragazze cristiane “non ha nulla a che vedere con l’amicizia tra le religioni”. Da ultimo, esortano “il governo a trattare la questione come un problema di ordine pubblico e non religioso”.

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