10/10/2021, 12.51
VATICANO
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Sinodo: Papa, non sia una ‘convention’ ecclesiale, ma un cammino fatto di ascolto e condivisione

“In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Fare Sinodo significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme”, è “metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti”. Celebrando messa solenne, stamattina in san Pietro, papa Francesco ha aperto la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Presenti circa 3mila persone, fra cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. 

Il Sinodo, ammonisce Francesco, “non sia una ‘convention’ ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, perché non sia un parlamento, ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito”.

Prendendo spunto dall’episodio del Vangelo di oggi, del “giovane ricco” (Mt 19,20-22) il Papa ha indicato in tre verbi, “incontrare, ascoltare, discernere”, il cammino. “In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci”.

Per prima cosa, Gesù, nell’incontro, “non è distaccato, non si mostra infastidito o disturbato, anzi, si ferma con lui. È disponibile all’incontro. Niente lo lascia indifferente, tutto lo appassiona. Incontrare i volti, incrociare gli sguardi, condividere la storia di ciascuno: ecco la vicinanza di Gesù. Egli sa che un incontro può cambiare la vita”. “Anche noi, che iniziamo questo cammino – ha sottolineato - siamo chiamati a diventare esperti nell’arte dell’incontro. Non nell’organizzare eventi o nel fare una riflessione teorica sui problemi, ma anzitutto nel prenderci un tempo per incontrare il Signore e favorire l’incontro tra di noi. Un tempo per dare spazio alla preghiera, all’adorazione – questa preghiera che noi trascuriamo tanto: adorare, dare spazio all’adorazione –, a quello che lo Spirito vuole dire alla Chiesa; per rivolgersi al volto e alla parola dell’altro, incontrarci a tu per tu, lasciarci toccare dalle domande delle sorelle e dei fratelli, aiutarci affinché la diversità di carismi, vocazioni e ministeri ci arricchisca. Ogni incontro – lo sappiamo – richiede apertura, coraggio, disponibilità a lasciarsi interpellare dal volto e dalla storia dell’altro. Mentre talvolta preferiamo ripararci in rapporti formali o indossare maschere di circostanza – lo spirito clericale e di corte: sono più monsieur l’abbé che padre –, l’incontro ci cambia e spesso ci suggerisce vie nuove che non pensavamo di percorrere”.

In secondo luoho, l’ascolto. “Tante volte è proprio così che Dio ci indica le strade da seguire, facendoci uscire dalle nostre abitudini stanche”. “Chiediamoci, con sincerità, in questo itinerario sinodale: come stiamo con l’ascolto? Come va ‘l’udito’ del nostro cuore? Permettiamo alle persone di esprimersi, di camminare nella fede anche se hanno percorsi di vita difficili, di contribuire alla vita della comunità senza essere ostacolate, rifiutate o giudicate? Fare Sinodo è porsi sulla stessa via del Verbo fatto uomo: è seguire le sue tracce, ascoltando la sua Parola insieme alle parole degli altri. È scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente, per suggerire percorsi e linguaggi nuovi. È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici, tutti, tutti i battezzati – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter, no.”

E quindi, discernere. “L’incontro e l’ascolto reciproco non sono qualcosa di fine a sé stesso, che lascia le cose come stanno. Al contrario, quando entriamo in dialogo, ci mettiamo in discussione, in cammino, e alla fine non siamo gli stessi di prima, siamo cambiati”. “La Parola ci apre al discernimento e lo illumina. Essa orienta il Sinodo perché non sia una ‘convention’ ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, perché non sia un parlamento, ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito. In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci”.

Del “giovane ricco”, il Papa ha parlato anche all’Angelus, sottolineando l’aspetto “commerciale” della domanda che egli pone a Gesù: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?» “Notiamo – ha detto Francesco - i verbi che utilizza: dover fare – per avere. Ecco la sua religiosità: un dovere, un fare per avere; ‘faccio qualcosa per ottenere quel che mi serve’. Ma questo è un rapporto commerciale con Dio, un do ut des. La fede, invece, non è un rito freddo e meccanico, un ‘devo-faccio-ottengo’. È questione di libertà e di amore”. Gesù, infatti, gli mostra il “vero volto” di Dio, che è amore e accoglienza.

Quando, infine, Gesù gli dice “vendi tutto e seguimi” ci sono il dono e la gratuità. “Una fede senza dono e gratuità è incompleta è una fede debole, ammalata.  Potremmo paragonarla a un cibo ricco e nutriente a cui però manca sapore, o a una partita ben giocata ma senza gol”. “Oggi possiamo domandarci: ‘A che punto sta la mia fede? La vivo come una cosa meccanica, come un rapporto di dovere o di interesse con Dio? Mi ricordo di alimentarla lasciandomi guardare e amare da Gesù? E, attirato da Lui, corrispondo con la gratuità?”.

Dopo la recita della preghiera mariana, Francesco nella Giornata mondiale della salute mentale, ha ricordato “i fratelli e le sorelle affetti da disturbi mentali e anche le vittime, spesso giovani, di suicidio. Preghiamo per loro e per le loro famiglie, affinché non vengano lasciati soli né discriminati, ma accolti e sostenuti”.

Foto: Vatican News

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