07/10/2008, 00.00
VATICANO
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Sinodo: fa ancora discutere l’intervento del rabbino capo di Haifa

I giornali israeliani sottolineano la sua presenza davanti ai vescovi di tutto il mondo e sottolineano le sue parole su Ahmadinejad e Pio XII. Apprezzamento espresso oggi dai Padri per la sua relazione sul ruolo delle Scritture nella vita del popolo ebraico.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Presente il Papa, il Sinodo dei vescovi è impegnato nel primo giorno di dibattito, incentrato sulla relazione svolta ieri dal relatore, il cardinale Marc Oullet, ma ancora oggi l’attenzione è centrata sull’intervento di Shear-Yishuv Cohen, rabbino capo di Haifa, il primo ebreo ed anche il primo non cristiano ad intervenire davanti ad un Sinodo cattolico (nella foto). Intervento apprezzato dai “Padri”, che oggi stanno discutendo anche del problema dell’“alfabetizzazione” della Bibbia, visto che in tante parti del mondo ancora non è possibile conoscerla. E’ un campo nel quale si ritiene necessario utilizzare anche i nuovi mezzi di comunicazione. Altro tema molto affrontato dai Padri, quello dell’omelia, della quale ieri la relazione aveva lamentato che spesso è scarsamente efficace.
 
E’ interamente dedicata all’intervento del rabbino capo di Haifa, invece, l’attenzione dei giornali israeliani, con particolare attenzione alle sue parole su Pio XII e Ahmadinejad. Yedioth Ahronoth sottolinea il fatto che egli è il primo ebreo a rivolgersi al Sinodo, ma anche l’affermazione che se avesse saputo della coincidenza di date con la celebrazione del cinquantesimo della morte di Papa Pacelli non sarebbe intervenuto. Il Jerusalem Post ha anche commenti sia favorevoli che sfavorevoli alla sue presenza. A favore si esprime il rabbino David Rosen, direttore degli affari interreligiosi dell’American Jewish Committee, mentre il rabbino capo di Roma, Riccardo di Segni, lamenta la mancata consultazione di Cohen con la comunità romana che vive “delicati rapporti” con la Chiesa cattolica.
 
Il rabbino aveva svolto una relazione sul posto delle Sacre scritture nella tradizione ebraica. Esse “sono al centro, anche in senso fisico, dei riti ebraici e nella vita stessa delle persone. Sin da piccoli i bambini vengono introdotti allo studio delle Sacre Scritture, che spesso vengono anche imparate a memoria”. Cohen aveva posto la sua presenza in Vaticano “nella scia di quanto iniziato da Giovanni XXXIII, che ha raggiunto il suo vertice nella vita e nell'opera di Giovanni Paolo II”. A conclusione del suo intervento, però, aveva fatto riferimento, senza nominarlo, al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ed alle sue minacce contro gli ebrei. “Non posso concludere il mio intervento - aveva detto - senza esprimere profondo trauma per le terribili e viziate parole del presidente di un certo Stato del Medio Oriente, nel suo discorso del mese scorso alla assemblea generale delle Nazioni Unite”. Il rabbino aveva anche chiesto l'aiuto dei “leader religiosi, e speriamo dell'intero mondo libero, per proteggere, difendere e salvare Israele”. Subito dopo, a braccio, aveva aggiunto: “ciò che è accaduto una volta non deve accadere mai più; il mio essere qui con voi mi fa sentire che possiamo aspettarci il vostro aiuto e che l'autorevolezza del vostro messaggio sarà ascoltata da tutte le persone influenti nel mondo”.
 
Nulla invece il rabbino ha detto ai Padri a proposito di Pio XII. E’ fuori dal Sinodo, parlando con i giornalisti che si era espresso contro l’idea di beatificare papa Pacelli. “Crediamo che non dovrebbe essere beatificato, o preso come modello per non aver levato la sua voce, anche se ha cercato segretamente di aiutarci; resta il fatto che non ha parlato, forse perché aveva paura o per altri motivi suoi, e questo noi non possiamo dimenticarlo”. “Egli può aver aiutato in segreto molte vittime e molti rifugiati, ma la domanda è ‘se avesse alzato la sua voce avrebbe aiutato o no?’”.
 
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