10/06/2009, 00.00
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Speciale di AsiaNews sul papa in Terra Santa mentre rullano tamburi di guerra

di Bernardo Cervellera
Il numero di 42 pagine riporta la cronaca giorno per giorno del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Giordania, Israele, Palestina. È il viaggio più importante, ma anche il più incompreso. Le critiche tendono a distruggere la speranza che la pace sia possibile, preparando la guerra. Ma il messaggio del papa. su pace e convivenza è il più realista.

Roma (AsiaNews) – È in distribuzione in questi giorni il numero cartaceo del mensile AsiaNews (in italiano) dedicato in massima parte al pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa (8-15 maggio). Il numero di giugno-luglio della rivista può essere definito un numero speciale perché abbiamo aggiunto 10 pagine in più alla tradizionale confezione di 32 pagine. E questo perché volevamo che il lettore non perdesse nemmeno una parola di quanto il pontefice è andato dicendo in Giordania, Israele, Palestina a musulmani, cristiani, ebrei. E abbiamo aggiunto anche la parola di esperti e commentatori per comprendere il messaggio di Benedetto XVI.

Pensiamo che tutti apprezzeranno questo sforzo perché, a nostro parere, quel viaggio ha un valore eccezionale.

È stata eccezionale anzitutto la stessa figura del papa, che senza toni predicatori o di chiusura, si è proposto come amico e fratello dei popoli del Medio oriente, con semplicità e precisione, senza nascondere per nulla la sua identità di pastore della Chiesa cattolica, insegnando a tutto il mondo cosa vuol dire convivere fra persone di etnia e religione diversa.

È stato eccezionale anche il suo rapporto con la Chiesa e i cristiani del Medio oriente venuti ad ascoltarlo: fra di loro le Chiese più colpite dalla persecuzione (come quella irakena o la palestinese), le minoranze più esigue, che soffrono di una guerra che dura da oltre 60 anni e di una situazione economica sempre più disastrosa. Il papa ha chiesto loro di rimanere in Terra Santa, di guardare alla loro presenza in Medio oriente come una missione e non come una sfortuna, come una forza catalizzatrice per la convivenza di cristiani, musulmani ed ebrei, come una forza culturale che disinnesca il fondamentalismo guerriero.

Ma questo papa e questo viaggio non sono stati capiti. Anzitutto da noi cattolici. Diverse personalità vaticane e leader cristiani di Terra Santa avevano consigliato al pontefice di rimandare il viaggio per considerazioni e difficoltà politiche. Eppure Benedetto XVI ha continuato ad insistere che quel viaggio lui lo voleva fare come pellegrino di pace. E quando ha fatto i primi passi, si è trovato in mezzo al tiro incrociato delle critiche.

Da tempo è in atto una vera e propria campagna di denigrazione contro la persona e il messaggio di Benedetto XVI, che nei giorni del suo viaggio si è accresciuta fino ad accusarlo di cose false, di “aver detto troppo”, di “non aver detto nulla”, di non aver detto o fatto “a sufficienza”. Di primo acchito è stato evidente che queste accuse – da parte ebraica e musulmana, israeliana e palestinese - sembravano preparate da tempo, come una concertata alleanza per annegare nel fango delle critiche una voce di speranza dal Medio oriente.

E qui risiede un altro aspetto eccezionale di questo viaggio. Perché il papa, nel suo pellegrinaggio di pace, ha osato dire che la pace in Medio oriente è possibile da ora e che israeliani e palestinesi possono convivere insieme, che l’islam può essere corretto nella voglia di violenza e ritornare agli splendori culturali di un tempo.

È proprio questo realismo del papa che le critiche vogliono affossare. Dire che la pace è possibile, significa tagliare le gambe a tutti coloro che in questo periodo si preparano ad affilare i coltelli. In Israele il governo Netanyahu tende sempre di più a spingere verso una soluzione militare contro i progetti nucleari dell’Iran; a Teheran, anche per fini elettorali, si sfida in modi sempre più aperti la comunità internazionale; in Libano l’incerto risultato delle elezioni (e la paventata vittoria degli Hezbollah) rischia di aprire un altro fronte di guerra con Israele. Nelle prossime settimane in tutto Israele verranno distribuite maschere anti-gas e intanto si fanno esercitazioni per fronteggiare possibili attacchi da Libano, Siria e Iran.

Il papa indifeso e sguarnito, sotto la pioggia di critiche che non lo hanno fermato, ha mostrato ancora una volta che la guerra non è una fatalità, ma è voluta dagli uomini per motivi meschini. E soprattutto ha detto che la pace è dono di Dio, da richiedere ogni giorno, ed è anche frutto della responsabilità dell’uomo.

 

Chi volesse ricevere il numero speciale, è pregato di inviare richiesta, suo indirizzo e offerta libera ad AsiaNews, via Guerrazzi, 11 – 00152 Roma RM, oppure via e-mail a: asianews@asianews.it.

 

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