25/06/2012, 00.00
EGITTO
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Speranze e timori della comunità internazionale sul neo presidente egiziano Morsi

Il capo di Stato ha iniziato le consultazioni per la formazione del governo. Washington “continuerà” il processo di “transizione”. Israele chiede il rispetto degli accordi di pace. Dalla Palestina richieste di sostegno all’insegna del “vincolo di sangue”. Gli auguri dei Paesi arabi e del Golfo; il silenzio dell’Arabi Saudita.

Il Cairo (AsiaNews/Agenzie) - Il neo presidente egiziano Mohammed Morsi, leader del partito Giustizia e Libertà (Fratelli musulmani), ha iniziato oggi le consultazioni per la formazione del nuovo governo, dopo mesi di instabilità politica. Il primo capo di Stato eletto dal popolo - ha battuto lo sfidante Ahmed Shafiq, vicino ai militari ed ex premier sotto il regime di Mubarak, con il 51,3% delle preferenze - ha promesso di essere "presidente di tutti gli egiziani". Il giuramento ufficiale dovrebbe avvenire il prossimo 30 giugno. Nel primo intervento alla nazione, diffuso ieri poco dopo l'ufficializzazione del voto, egli ha ricordato che "senza il sangue dei martiri" non sarebbe mai stato eletto e conferma che "la rivoluzione continua". Morsi si è rivolto direttamente "al grande popolo d'Egitto" chiamato a "rafforzare l'unità nazionale" e ha più volte precisato l'intenzione di rappresentare "tutti" i cittadini, comprese le minoranze religiose primi fra tutti i cristiani copti. "In quanto egiziani, musulmani e cristiani, siamo predicatori e fondatori di civiltà - ha aggiunto - e, a Dio piacendo, continueremo a esserlo in futuro".

Intanto la comunità internazionale saluta il neo presidente egiziano, rivolgendogli auguri di rito per l'incarico che si appresta a ricoprire. Tuttavia, oltre le formalità di facciata e la prassi della diplomazia emergono differenze, timori, rinnovate speranze e inviti al mantenimento della "stabilità" e della pace nella regione. Da Washington ai Paesi del Golfo, in molti attendono di scoprire le prime mosse del Cairo, le scelte del capo di Stato espressione del movimento islamista e la lotta di potere che si gioca dietro le quinte fra esercito e Fratelli musulmani.

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha telefonato a Morsi per congratularsi, sottolineando inoltre che Washington "continuerà a sostenere la transizione dell'Egitto verso la democrazia" e "sarà al fianco del popolo" perché venga esaudita la promessa contenuta nella rivoluzione iniziata lo scorso anno. Obama ha aggiunto il proposito di collaborare all'insegna del rispetto reciproco, per promuovere "i molti interessi comuni" che legano l'America e l'Egitto. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è congratulato col neo presidente per l'elezione, dicendosi sicuro che il Paese lavorerà per "realizzare le aspirazioni del suo popolo", che chiede "democrazia, diritti umani, prosperità e stabilità".

L'Egitto è stata la prima nazione araba a firmare un trattato di pace con Israele; l'elezione di un esponente dei Fratelli musulmani, da sempre contrari, getta più di un ombra sul futuro della Regione anche se la leadership ha voluto rassicurare l'Occidente circa il rispetto degli accordi presi. In una nota il premier Benjamin Netanyahu afferma di rispettare "i risultati" e conferma il proposito di "continuare la cooperazione col governo egiziano sulle basi degli accordi di pace". Il primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh, con base nella Striscia di Gaza, si aspetta dall'Egitto il ruolo di "guida" nella "causa palestinese" perché il popolo possa "conquistare la libertà". Il presidente dell'Autorità della Palestina Mahmoud Abbas si augura "il successo" di Morsi nel suo lavoro al "servizio" del popolo egiziano e auspica piena collaborazione fra il Cairo e Ramallah per il benessere dei due popoli uniti da "vincoli di sangue".

L'elezione di Morsi viene guardata con attenzione nel mondo musulmano, fra i Paesi del Golfo e in tutta l'area del Medio oriente. L'Iran saluta il voto e afferma che "la sua vittoria è parte di un 'Risveglio islamico' nel Medio oriente". Teheran rende omaggio ai "martiri" della rivoluzione egiziana e auspica il "continuo successo" del suo popolo sottolineandone la "vibrante presenza nel mondo politico e sociale". In Iraq si parla di "un passo in avanti fondamentale nella giusta direzione", nel proposito di "rafforzare la democrazia in Egitto". Per la Turchia l'elezione di Morsi "riflette il volere del popolo", ma ora egli dovrà affrontare "sfide importanti".

Dai Paesi del Golfo emergono reazioni improntate, in grande maggioranza, alla cautela. Il governo degli Emirati Arabi Uniti rispetta "la scelta del popolo egiziano, in un contesto di cammino democratico". Il Bahrain auspica la creazione di "un'atmosfera di libertà e democrazia", mentre il governo della Giordania si aspetta che il nuovo presidente egiziano possa portare "stabilità". Dal Qatar, insieme agli auguri di rito, arrivano apprezzamenti "per il ruolo del Consiglio supremo delle Forze armate e dei giudici" che hanno saputo mantenere un "approccio democratico" e rendere "un successo" le recenti elezioni.

In un vortice di auguri - sinceri o di circostanza, più o meno interessati - si distingue il silenzio del governo del principale produttore di petrolio al mondo. Non sono giunte, sinora, prese di posizione ufficiali dell'Arabia Saudita, le cui relazioni con i Fratelli musulmani sono da sempre ridotte ai minimi termini. Per gli esperti Riyadh sarà costretta a intrattenere rapporti col nuovo presidente egiziano, anche se il movimento islamista che lo sostiene è inviso al regno saudita, accusato di tradire la purezza dell'islam.

Mohammed Morsi, 60 anni, ha studiato ingegneria negli Stati Uniti. Per la sua appartenenza al movimento islamista egli ha trascorso diversi anni in carcere durante i primi anni del governo Mubarak. Dopo la caduta del regime, Morsi ha collaborato a fondare il partito Giustizia e Libertà, espressione politica del movimento islamista vincitore delle elezioni parlamentari, annullate di recente, con oltre il 50% dei voti. Egli ha sostituito nella corsa alla presidenza egiziana Kairat al-Shater, archittetto della campagna elettorale dei Fratelli musulmani a cui è stato impedito di candidarsi perché ex detenuto.

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