26/04/2006, 00.00
SRI LANKA
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Sri Lanka, raid governativi contro i ribelli Tamil. Le preoccupazioni della Chiesa

Dopo l'attentato suicida di ieri a Colombo, il governo attacca basi delle Tigri tamil a Trincomalee. Vescovo locale: la città è paralizzata dal coprifuoco, ma non temiamo una guerra civile. Attivista per la pace: comunità internazionale rimanga a fianco del Paese e condanni le violenze da entrambe le parti, le vittime sono sempre gli innocenti.

Colombo (AsiaNews) – La situazione in Sri Lanka è di "emergenza", ma il rischio di una nuova guerra civile "non sembra realistico" per alcuni esponenti della società civile. Oggi Trincomalee, nel nordest del Paese, è una città "paralizzata". Continuano i raid aerei delle forze governative contro le basi dell'Esercito di liberazione dell'Eelam Tamil (Ltte). Questo è ritenuto responsabile dell'attacco suicida di ieri al quartier generale dell'esercito a Colombo, che ha provocato la morte di 8 persone e il ferimento di altre 27, tra cui il comandante delle forze armate dello Sri Lanka, generale Sarath Fonseka, probabile obiettivo dell'attentato. Per il momento non vi sono rivendicazioni ufficiali.

"L'area più colpita dai raid – racconta ad AsiaNews il vescovo di Trincomalee e Batticaloa, mons. Kingsley Swampillai – è Mutuur, zona periferica controllata dai ribelli". "Si sentono spari – continua – ma il coprifuoco in vigore da ieri non ci permette di uscire: la città è paralizzata".

A poche ore dall'esplosione nella capitale il governo ha dato il via a una rappresaglia contro le postazioni delle Tigri a Trincomalee. I raid aerei sono continuati anche oggi, dopo una sospensione nella notte. Al momento non si hanno notizie ufficiali di vittime, ma secondo il sito internet dei ribelli tamil sarebbero morti almeno 12 civili.

"Se gli attacchi continueranno – ha dichiarato oggi il capo del segretariato di pace dell'Ltte, Pulevedan, - saremo obbligati a intraprendere delle azioni armate difensive". Il governo dello Sri Lanka sostiene che gli attacchi nei pressi del porto di Trincomalee sono limitate azioni di risposta ad attacchi alle proprie forze.

Le speranze di pace

L'attentato di ieri è avvenuto mentre il mediatore norvegese cerca di convincere i ribelli tamil a riprendere i colloqui di pace iniziati a febbraio in Svizzera, ma sospesi a tempo indeterminato. Le Tigri lottano per l'autonomia della minoranza tamil nel nord e nell'est. Più di 60 mila persone sono morte durante 20 anni di conflitto. Nel 2002 si è raggiunto un fragile cessate-il-fuoco. Da allora non vi erano state altre azioni militari ufficiali fino a quella di ieri.

Il presidente Mahinda Rajapakse ha dichiarato che il Paese non si piegherà alle bombe, ha prospettato il dialogo come soluzione alle violenze e ha invitato la popolazione alla calma. Mons. Swampillai ritiene che le parole del capo di Stato siano un segno positivo: "Il governo non vuole adottare la forza come mezzo per ottenere la pace: ci ha provato per 20 anni e ha fallito, per questo vedo irrealistica la possibilità di una guerra civile".

Jehan Perera, direttore per le comunicazioni del National Peace Council, Ong con sede a Colombo, è d'accordo, ma aggiunge: "Le dichiarazioni del presidente hanno un doppio significato: servono ad arginare il pericolo di violenze interetniche tra singalesi e tamil, che potrebbero decidere di farsi giustizia da soli (come è successo il 12 aprile proprio a Trincomalee dopo un'esplosone, ndr); ma anche a conquistare consensi in seno alla comunità internazionale. Rajapakse può sfruttare il momento, perché l'attacco di ieri è un'azione gravissima".

Secondo Perera, però, la comunità internazionale deve "rimanere a fianco dello Sri Lanka e condannare le violenze da entrambe le parti"; quindi non solo l'attacco di ieri, ma anche i raid governativi. "Sono episodi che compromettono la fiducia reciproca e senza fiducia non si può arrivare al tavolo dei negoziati".

Mons. Swampillai conclude: "Siamo in una situazione d'emergenza, ma abbiamo fiducia. Nelle chiese della mia diocesi preghiamo ogni giorno perché i negoziati riprendano, la gente vuole la pace".

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