30/08/2013, 00.00
MALAYSIA – ASEAN – CINA
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Sul Mar Cinese meridionale si spacca il fronte dell'Asean

Il ministro della difesa malaysiano "non è preoccupato" per i pattugliamenti delle navi cinesi. Dietro la convergenza fra Malaysia e Cina possibili accordi economico-commerciali, fra cui lo sfruttamento di petrolio e gas naturali nell’area. Analisti spiegano che Pechino intende dividere l’Asean. E si apre un nuovo fronte di scontro con Manila.

Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) - Kuala Lumpur si smarca dagli altri Paesi Asean - soprattutto Vietnam e Filippine - e nega timori o preoccupazioni per la presenza di imbarcazioni battenti bandiera di Pechino nel mar Cinese meridionale. Si apre così un'altra frattura dentro l'Associazione che riunisce 10 nazioni del Sud-est Asiatico, dopo il flop del summit 2012 in Cambogia dovuto alle pressioni della Cina sul governo di Phnom Penh. Esperti di politica internazionale confermano le "divisioni" nell'area Asia-Pacifico, a causa dei diversi "interessi" di ciascun attore.  Hanoi e Manila, seppur in modo diverso, considerano le dispute con la Cina un "grave problema di sicurezza nazionale", mentre la Malaysia e il Brunei preferiscono "smorzare le tensioni". Mentre il progetto di creare un mercato unico interno entro il 2015 si fa sempre più improbabile.

Intervenendo a margine del vertice allargato dei ministri della Difesa Asean (con Stati Uniti, Giappone Cina e Corea del Sud), il rappresentante malaysiano Hishammuddin Hussein non è affatto preoccupato per i pattugliamenti di navi cinesi nelle aree al centro della controversia. Nel marzo scorso imbarcazioni di Pechino hanno visitato le James Shoal, al largo della Malaysia, dove giganti petroliferi di Kuala Lumpur e olandesi conducono operazioni di estrazione di gas e petrolio.

Tuttavia ciò non sarebbe elemento di disturbo per il governo malaysiano, che ribatte - in modo implicito - agli altri Paesi Asean coinvolti nella controversia: "Solo perché avete nemici, non vuol dire che i vostri nemici siano i miei nemici". Il ministro ha aggiunto che "possono pure venire tutti i giorni a pattugliare, se le loro intenzioni non sono quelle di muovere guerra".

Per il ministro cinese degli Esteri Wang Yi la situazione nelle acque contese è "stabile"; dopo aver incontrato la controparte thai a Pechino, il politico aggiunge che "non vi sono problemi concreti di libertà di navigazione nel mar Cinese meridionale, né essa rappresenterà un problema in futuro".

Dietro questa convergenza di vedute fra Pechino e Kuala Lumpur vi sarebbero progetti di stretta collaborazione fra i governi dei due Paesi, incentrati in particolare sullo sfruttamento di petrolio e gas naturali nell'area. E alle cancellerie Asean che non vedono di buon occhio una cooperazione con la Cina, il ministro malaysiano replica: "se contestano tanto per il gusto di contestare, è un controsenso". Secondo gli esperti di China National Offshore Oil Corp il mar Cinese meridionale racchiude risorse almeno cinque volte superiori a quelle finora scoperte.

Di recente la Cina ha dato il via libera a colloqui che dovrebbero portare alla creazione di un Codice di condotta, in programma dal prossimo mese di settembre, anche se è difficile ipotizzare soluzioni a breve termine. Il fronte Asean è propenso a intavolare trattative su più fronti, mentre Pechino ha da sempre privilegiato l'opzione del faccia a faccia, dove può far prevalere la propria potenza economico-politico-militare rispetto al singolo Paese. E se da un lato Pechino si fa sempre più aggressiva, dall'altro appare evidente che l'Asean non riesce a parlare con un'unica voce. Lao Monghay, analista indipendente, spiega che "la strategia della Cina è dividere l'Asean" come è riuscita a fare già "lo scorso anno durante il summit in Cambogia". E "non ha fretta di chiudere" sui negoziati che dovrebbero portare al fatidico Codice. Mentre si fa sempre più netta la frattura con Manila, dopo le polemiche sulla partecipazione del presidente filippino Benino Aquino alla Fiera commerciale Cina-Asean in programma il mese prossimo. I due governi si rimpallano le responsabilità; quello che è certo è che le Filippine sono "l'ospite d'onore" della rassegna, ma non è gradita al presenza del loro capo di Stato.

Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi nel mar Cinese meridionale. Le isole Spratly e Paracel, quasi disabitate, sono assai ricche di risorse e materie prime. L'egemonia nell'area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino. A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono il Vietnam, le Filippine, la Malaysia, il sultanato del Brunei e Taiwan, con gli Stati Uniti che muovono da dietro le quinte per contrastare l'imperialismo di Pechino in un'area strategica, di passaggio per i due terzi dei commerci marittimi mondiali. 

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