19/10/2018, 11.38
INDONESIA
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Sulawesi, la devastazione non ferma i volontari cattolici (Foto)

di Mathias Hariyadi

Il sisma ha causato frane in almeno 16 località. Sul campo opera una task force che raduna diverse organizzazioni. Il racconto di una spedizione per portare aiuti ai villaggi di Kulawi, circa 85 km a sud di Palu. Nel remoto villaggio di Sangali, raggiunte 30 famiglie cattoliche in disperato bisogno di assistenza.

Jakarta (AsiaNews) – Collegamenti interrotti, strade dissestate e la navigazione di pericolosi fiumi non fermano la missione umanitaria dei volontari cattolici a Central Sulawesi, provincia devastata dai terremoti e dallo tsunami dello scorso 28 settembre.

Prima del disastro, erano necessarie tre ore di viaggio in auto, per coprire i circa 90 km di distanza che separano il centro di Palu, capoluogo provinciale, ai suoi distretti più periferici. L’epicentro dell’emergenza è situato nel territorio della diocesi di Manado (North Sulawesi) che, insieme ai cattolici di altre circoscrizioni, ha messo in atto iniziative e raccolte fondi per sostenere i sopravvissuti.

Al momento, sul campo opera una task force che raduna volontari appartenenti a diverse organizzazioni. Queste sono: la Commissione per lo sviluppo socioeconomico della diocesi di Manado (Pse); Caritas Indonesia (Karina Kwi), insieme alle Caritas delle arcidiocesi di Makassar (South Sulawesi), Semarang (Central Java) e delle diocesi di Bandung (West Java), Tanjung Karang (Lampung); il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs); gruppi di medici provenienti da Manado, Surabaya (East Java) e Jakarta.

Della capitale indonesiana è originario anche Pipit Prahoro, membro dell’Agenzia umanitaria dell’arcidiocesi (Ldd Kaj) e padre di quattro figli. Insieme agli altri volontari cattolici, egli ha preso parte ad una spedizione di due giorni, organizzata per portare aiuti ai villaggi di Kulawi, circa 85 km a sud di Palu. Prahoro racconta ad AsiaNews il difficile viaggio, partito dalla parrocchia del Sacro Cuore di Maria. Situata nel cuore della città, subito dopo il sisma la chiesa è divenuta un centro operativo per i soccorsi coordinati dalla diocesi di Manado.

“Abbiamo lasciato la parrocchia verso metà giornata, a bordo di un convoglio di mezzi 4x4 – afferma il volontario – Sulle pendici del Monte Potong, le strade principali non erano tuttavia accessibili, a causa dei gravi smottamenti”. La situazione è poi peggiorata, quando all’improvviso ha cominciato a piovere a dirotto. Il viaggio di fuoristrada, van e motociclette è ripreso solo sei ore dopo, quando i volontari sono riusciti a sgomberare la via.

“Il sisma ha causato frane in almeno 16 località – prosegue Prahoro – Il nostro viaggio dipendeva dalle attrezzature e dai mezzi pesanti che procedevano in testa al gruppo”. Grazie all’aiuto di alcuni cattolici di Kulawi, che hanno provveduto ad individuare percorsi alternativi, i volontari hanno raggiunto la loro destinazione alle nove di sera.

A Kulawi vivono 11 famiglie cattoliche ma nel remoto villaggio di Sangali, nei pressi di Olu (sotto-distretto di Lindu), ve ne sono almeno 30 in disperato bisogno di assistenza. “Avevamo l’obbligo morale di raggiungere quella località, distante altri 34 km”, dichiara Prahoro. La prima e la terza parte del percorso (17 e 7 km) hanno richiesto l’utilizzo di motociclette, la seconda (20 km) di agili imbarcazioni da fiume, per circa 35 minuti di navigazione.

“Abbiamo trasportato i beni di prima necessità a bordo delle nostre moto –conclude Prahoro – Queste vengono imbarcate e spedite in differenti località del Lago Lindu, così sono pronte all’uso quando i volontari devono raggiungere le aree più remote della regione. Arrivare ad Olu ci ha resi molto felici. Allo stesso tempo, è stato doloroso vedere i nostri fratelli cattolici in condizioni così sfortunate”.

(Photo credit: Pipit Prahoro).

Sulawesi, la devastazione non ferma i volontari cattolici
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