16/09/2009, 00.00
INDIA - SRI LANKA
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Tamil Nadu, preghiera e digiuno per i profughi dello Sri Lanka

di Nirmala Carvalho
Il vescovo di Madurai invita i presuli di Trincomalee e Mannar per conoscere la “reale situazione dopo la guerra”. E annuncia la creazione di un team per l’assistenza sanitaria pronto a partire in aiuto dei profughi. L’inviato Onu atteso a Colombo il 17 settembre: siamo “molto preoccupati per l’andamento del processo di pace”.
Chennai (AsiaNews) - La Chiesa del Tamil Nadu invita i cattolici dello Stato ad un giorno di preghiera e digiuno per i profughi dello Sri Lanka. L’iniziativa è prevista per il 19 settembre ed è stata resa pubblica con una lettera pastorale che i vescovi hanno rivolto a tutti i fedeli lo scorso 13 settembre.
 
Mons. Peter Fernando, arcivescovo di Madurai, afferma ad AsiaNews: “Abbiamo invitato i vescovi di Trincomalee e Mannar perché ci informino della reale situazione dello Sri Lanka dopo la guerra. Vogliamo condividere con loro quanto accade nei campi profughi, conoscere la condizione delle centinaia di migliaia di persone che li abitano, dei bambini, delle donne e degli anziani che stanno soffrendo in condizioni miserabili”.
 
Per la Chiesa del Tamil Nadu, lo Stato indiano che ospita il maggior numero di profughi dello Sri Lanka, gli oltre 260mila rifugiati di guerra ancora rinchiusi nei campi profughi soffrono una “crisi umanitaria che non trova ascolto nei forum internazionali per i diritti umani”.
 
Il vescovo di Madurai chiede “assicurazioni sul reinsediamento dei profughi”, “garanzie sull’assistenza economica loro promessa” e invita le autorità del Tamil Nadu “a fare pressioni presso il governo centrale dell’India perché aiuti i rifugiati”. La Chiesa intanto “sta organizzando un gruppo per l’assistenza sanitaria con medici, infermieri, consulenti e personale paramedico pronto a intervenire in aiuto delle Internally displaced persons (IDPs) nel caso in cui ci venga dato il permesso di entrare nei campi profughi”.
 
Subito dopo la fine del conflitto, annunciato il 19 maggio, il governo di Colombo aveva promesso il ritorno dei profughi nei loro villaggi entro 180 giorni. Alla fine dello stesso mese però, in occasione della visita del segretario generale dell’Onu, il presidente Mahinda Parajapaksa aveva già ridimensionato la promessa garantendo la sistemazione dell’80% degli IDPs entro la fine dell’anno. Adesso appare difficile che anche questo nuovo termine venga rispettato.
 
Lynn Pascoe, sottosegretario delle Nazioni Unite per gli affari politici, afferma oggi che l’Onu “è molto preoccupato per l’andamento del processo di pace”. In vista della sua imminente visita in Sri Lanka, prevista per il 17 e 18 settembre, l’inviato Onu ha annunciato di voler discutere con il governo di Colombo “il ritorno degli IDPs, la riconciliazione politica e la definizione dei meccanismi per individuare la responsabilità per le accuse di violazione dei diritti umani durante il conflitto”.
 
Secondo fonti locali, il governo di Colombo sarebbe intenzionato a mantenere le promesse, ma deve fare i conti con due problemi. Da un lato ci sono i ritardi dell’opera di recupero dei villaggi e di bonifica delle zone teatro di guerra, dall’altro l’ostruzionismo degli ambienti militari, che vedono in ogni profugo un possibile terrorista delle Tigri tamil.
 
“L’esercito ha un’altra agenda rispetto al governo - dice una fonte locale che chiede l’anonimato - e i rifugiati che sono rilasciati dai campi e mandati nei centri di transito spesso vengono rispediti indietro. Succede che i politici propongono e i militari dispongono”.
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